Ci sono due cose che Alexander Blessin non ha mai perso: il sorriso, piuttosto strano per un tedesco, e la signorilità nel parlare di Genoa. «Sei mesi senza squadra mi hanno fatto pensare a cosa non ha funzionato, volevo dare di più ai bellissimi tifosi del Genoa con i quali fin da subito si è instaurato un ottimo rapporto. Sapevo che la sfida (salvezza, ndr) sarebbe stata difficile: questa piazza merita di stare in Serie A, non sono riuscito ad adattarmi alla B che è un campionato diverso e difficile. Avere allenato il Genoa sarà sempre un motivo d’orgoglio» spiega l’attuale tecnico dell’Union Saint-Gilloise, capolista in Belgio.
Mister Blessin torna sulla sua prima partita in carica, contro l’Udinese: «Ho provato a portare solidità e compattezza provando a trasmettere principi semplici. La squadra era abituata a giocare con una difesa a cinque, non funzionava: siamo passati a quattro. Il direttore mi ha spiegato lo stile da seguire e ho lavorato di conseguenza». Da lì sortiscono sette pareggi consecutivi, un record: «Alcune avremmo meritato di vincerle. È stato bello festeggiare con i tifosi dopo le vittorie: ringrazio ancora la Gradinata Nord per le emozioni che mi ha regalato» spiega l’allenatore, intervistato da Gianlucadimarzio.com.
Sul rapporto con Klopp, che ha recentemente battuto in Europa League, Blessin spiega: «Lo stile di gioco di Jürgen mi piace. Ci conosciamo bene, entrambi siamo di Stoccarda. Nei primi Anni 2000 mi chiamò per diventare il suo attaccante al Mainz. Mi avrebbe richiamato, sono ancora in attesa della seconda telefonata (scherza, ndr). La vittoria contro il Liverpool resterà nella storia dell’Union».
A proposito dell’Union Saint-Gilloise, club belga della stessa proprietà che detiene il Brighton di De Zerbi, Blessin spiega la filosofia scouting: «Cerchiamo profili giovani e di prospettiva. Il sistema funziona così: ogni calciatore che ci interessa viene analizzato da un software e visto sia in video sia dal vivo. Se il ragazzo ci piace, parliamo con lui per conoscere i suoi valori. Alla fine, viene assegnata una valutazione e i calciatori vengono inseriti in una classifica per decidere su chi puntare. Ogni allenatore cresciuto nel gruppo Red Bull, da Rose a Nagelsmann, ha un 60% in comune, sotto l’influenza di Rangnick, mentre il resto è filosofia individuale: c’è chi preferisce puntare sui momenti di transizione, chi lascia più libertà ai giocatori e così via. Al Lipsia, però, i momenti più belli sono stati i primi: eravamo sei allenatori dentro un container in cui ci cambiavamo e facevamo le riunioni, successivamente hanno costruito un centro sportivo magnifico».