Federsupporter: la “strana” giustizia dei potenti, è giusto solo ciò che piace e fa comodo

Le reazioni di alcuni “ signori” del calcio, in specie di uno, alle decisioni del 22 agosto scorso della Corte di Giustizia Federale confermano ciò che, a mio avviso,  era già parso evidente prima e dopo le decisioni in merito agli stessi fatti assunte dalla Commissione Disciplinare Nazionale della FIGC. Vale a dire la più […]


Accetta i marketing-cookies per visualizzare questo contenuto.

Le reazioni di alcuni “ signori” del calcio, in specie di uno, alle decisioni del 22 agosto scorso della Corte di Giustizia Federale confermano ciò che, a mio avviso,  era già parso evidente prima e dopo le decisioni in merito agli stessi fatti assunte dalla Commissione Disciplinare Nazionale della FIGC.

Vale a dire la più assoluta insofferenza nei confronti dei principi e delle regole di un sistema consapevolmente e pienamente accettato.

La giustizia sportiva, i principi ispiratori e le regole di funzionamento di quest’ultima possono essere certamente e legittimamente criticate, aspirandone al superamento o alla modificazione: ma, se si vuole essere credibili, la critica e l’auspicio vanno – andrebbero- fatti in epoca e in circostanze non sospette e non, come, invece, è avvenuto e sta avvenendo, solo allorchè vi sia stata soccombenza, totale o parziale, nei giudizi o allorchè questi risultino non graditi. 

Un atteggiamento del genere mi fa venire in mente i versi del poeta romano Trilussa  che al gatto di una sua poesia fa dire “quanno magno so’ conservatore“.

In nessun caso, poi, è consentito che critiche, pur aspre,  a decisioni ritenute ingiuste possano trasmodare in denigrazioni, pesanti allusioni a , peraltro, non meglio specificati “ peggiori sospetti”, in asserita “ caccia alle streghe”, in vere e proprie intimidazioni quale “ la misura è colma” : il tutto senza neppure aver ancora preso visione delle motivazioni delle decisioni contestate.

Al riguardo, viene da chiedersi se “ il sistema di giustizia sportiva” che qualcuno dice agire “ con modalità barbare che non trovano cittadinanza in democrazia” sia lo stesso oppure no di quello che ha assolto, in primo e secondo grado, altri tesserati di quella medesima società che, per bocca del suo Presidente, si scaglia così violentemente contro la pretesa “ barbarie”  del suddetto sistema.

Chi scrive si riserva, doverosamente, di esprimere e svolgere commenti meditati sulle decisioni in discorso, allorchè di esse saranno state rese note le motivazioni.

Però, fin d’ora, ritengo opportuno ed utile richiamare alla memoria alcuni punti, soprattutto a beneficio di non pochi” giuristi della domenica” o di giuristi interessati che, in queste ore, si sono “ scandalizzati” e si stanno “ scandalizzando”.

L’illecito sportivo e la violazione dell’obbligo di denunzia di tale illecito sono i “reati” più gravi che l’ordinamento sportivo prevede possano essere commessi da appartenenti a detto ordinamento.

L’art. 16, comma 1, del Codice di Giustizia Sportiva ( CGS) stabilisce che la specie e la misura delle sanzioni devono tenere conto “ della natura e della gravità dei fatti commessi, valutate le circostanze aggravanti e attenuanti” e il successivo art. 19, comma 1, stabilisce, con specifico riferimento alle sanzioni a carico di dirigenti, soci e tesserati delle società, che tali sanzioni devono essere “ commisurate alla natura e alla gravità dei fatti commessi” , nonché, alla lettera f) dello stesso comma, che la squalifica a tempo determinato deve essere ispirata al principio della “ afflittività della sanzione “ .

L’art. 37, comma 4, del CGS stabilisce, inoltre, che “ La Corte di giustizia federale, se valuta diversamente, in fatto o in diritto, le risultanze del procedimento di prima istanza, riforma in tutto o in parte la decisione impugnata, decidendo nuovamente nel merito, con possibilità di aggravare le sanzioni a carico dei reclamanti”.

E’, pertanto, pienamente conforme alla sopra riportata disposizione che la Corte di giustizia federale, valutate diversamente, in fatto o in diritto, le risultanze del procedimento di prima istanza ( si conosceranno poi le motivazioni di tale diversa valutazione), riformando anche, in parte, le decisioni impugnate, abbia potuto escludere la commissione di una violazione, confermando la commissione di un’altra e, a seguito di una diversa valutazione della natura e gravità di quest’ultima e della ritenuta sussistenza di circostanze aggravanti, abbia irrogato una sanzione a carico del reclamante aggravata rispetto alla valutazione di quella specifica violazione fatta dall’Organo di primo grado, per cui, pur essendo state ridotte le violazioni riconosciute da due a una, questa, però, sia stata valutata, da sola, come particolarmente grave, al punto da dare luogo ad una sanzione pari a quella irrogata in prime cure per due violazioni.

D’altronde, ai sensi dell’art. 8, comma 1, del CGS, la violazione da parte di tesserati dell’obbligo di denunzia di un illecito sportivo comporta, come pena minima, la sanzione della squalifica di sei mesi ed il comma 6 dell’art.7 ,che precede, stabilisce che “ove il risultato della gara sia stato alterato o se il vantaggio in classifica è stato conseguito, la sanzione di cui sopra deve essere aggravata”.

Aggiungasi che, sotto il profilo della valutazione della natura e gravità dei fatti commessi, della correlativa commisurazione delle sanzioni e dell’applicazione a queste ultime del principio di afflittività, si deve tenere conto che, tra i principi generali della giustizia sportiva deliberati dal CONI, figura quello della “ decisa opposizione ad ogni forma di illecito sportivo” nel cui ambito non può non rientrare anche l’omessa denunzia dell’illecito da parte di tesserati.

E’ da attendersi, a questo punto, che a quei soggetti dell’ordinamento federale che hanno espresso pubblicamente giudizi e rilievi gravemente lesivi della reputazione di Organi operanti nell’ambito della FIGC, nonchè lesivi del prestigio, della reputazione e della credibilità dell’istituzione federale nel suo complesso o di una sua specifica struttura, si applichi, senza indugio e senza ingiustificate e ingiustificabili “ indulgenze”, quanto previsto dall’art.5 del CGS, con applicazione, nei casi più gravi, come quelli di cui trattasi, anche delle sanzioni previste dalle lettere f (squalifica a tempo determinato), g ( divieto di accedere agli impianti sportivi in cui si svolgono manifestazioni o gare calcistiche anche amichevoli ) e h ( inibizione temporanea a svolgere ogni attività in seno alla FIGC, con eventuale richiesta di estensione in ambito UEFA e FIFA, nonché a ricoprire cariche federali e a rappresentare la società in ambito federale ) ex art. 19, comma 1, del CGS.

Infine, una riflessione ed una raccomandazione per i tifosi, almeno per quelli che alimentano la propria fede e passione sportiva sempre nel rispetto di fondamentali valori e principi etico-morali dello sport.

Non si lascino coinvolgere e strumentalizzare da chi si vuole approfittare della loro sana fede e passione per fini che sono e debbono rimanere estranei ai suddetti valori e principi: valori e principi che non possono essere ignorati nel nome di un male inteso e malsano “ patriottismo sportivo”. 

Avv. Massimo Rossetti, Responsabile dell’Area Giuridico-Legale Federsupporter

Accetta i marketing-cookies per visualizzare questo contenuto.