Federsupporter: «Anche la Cassazione ribadisce che i calciatori devono pagare il contributo di solidarietà »

  L’art.2 (Disposizioni in materia di entrate ) del Decreto Legge 13 agosto 2011, n.138, “Ulteriori Norme Urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo”, dispone che , a decorrere dal 2011 e fino al 2013, sul reddito complessivo di cui all’art. 8 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi, di importo superiore a […]


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L’art.2 (Disposizioni in materia di entrate ) del Decreto Legge 13 agosto 2011, n.138, “Ulteriori Norme Urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo”, dispone che , a decorrere dal 2011 e fino al 2013, sul reddito complessivo di cui all’art. 8 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi, di importo superiore a € 90.000 lordi annui è dovuto un contributo di solidarietà del 5 % sulla parte eccedente il predetto importo fino a € 150.000, nonché del 10% sulla parte eccedente € 150.000. Ciò premesso, in queste ore è in atto una accesa disputa tra alcuni esponenti di società calcistiche ed alcuni esponenti in rappresentanza dei calciatori, con voci fuori campo e spesso fuori luogo di esponenti politici alla ricerca di un facile e demagogico consenso, sul a chi debba fare carico il suddetto prelievo.

Cercherò, pertanto, di fornire alcune delucidazioni e precisazioni sul tema, attenendomi esclusivamente a valutazioni tecnico-giuridiche, sebbene, sempre sul tema, non possano essere ritenute irrilevanti anche valutazioni sul piano etico-morale. Va detto, innanzitutto, che, al di là del nomen ( contributo di solidarietà) che la disposizione legislativa richiamata attribuisce al prelievo in discorso, è difficile negare, a mio avviso, che esso abbia sostanziale natura impositiva e, al riguardo, non è certo senza significato che il titolo dell’articolo che lo prevede è “ Disposizioni in materia di entrate”.

D’altronde, se, per imposta, deve intendersi un tributo che non ha corrispettivo in un servizio fornito dalla Pubblica Amministrazione e che è correlato al reddito del contribuente, colpendo una manifestazione diretta di capacità contributiva dello stesso, mi pare arduo negare che, nella fattispecie, il prelievo di cui trattasi abbia, come detto, sostanziale natura giuridica di imposta. Si tenga presente che, usualmente,  si parla di “ contributi di solidarietà” in ambito previdenziale ed assistenziale : laddove questo tipo di contribuzione non produce effetti positivi sui trattamenti dei contribuenti incisi, bensì, per l’appunto, con finalità solidaristiche, su quelli dei soggetti non incisi.

Se, quindi, al contributo in esame dovesse riconoscersi la sostanziale natura giuridica di imposta, potrebbero aver ragione quei rappresentanti dei calciatori, i quali sostengono che , ove, siccome recita l’art. 4 del CCNL di tali calciatori, il contratto individuale di lavoro preveda una intesa su una retribuzione al netto, ebbene, in questo caso, il contributo di solidarietà dovrebbe fare carico alla società di calcio datrice di lavoro. Aggiungasi che il tenore letterale dell’espressione “ al netto” lascerebbe intendere che la retribuzione  dovrebbe essere sgravata, non solo dalle imposte, ma anche da contributi di qualsiasi natura ; cioè, da qualsiasi gravame che per legge comunque incida sulla retribuzione medesima.

Ma le cose, a mio parere, non stanno così. Il punto si è, infatti, che nel nostro ordinamento esiste un principio generale di divieto di traslazione delle imposte. Divieto solennemente ribadito dalla Corte di CASSAZIONE, Sez. Unite Civili, che, con sentenza del 26 giugno 1987, n. 5652, ha sancito la nullità di ogni patto, espresso o tacito, e, comunque, di ogni comportamento volto a realizzare la sostituzione di un soggetto ad un altro, ai fini dell’assolvimento dell’obbligo tributario, avendo la nostra Costituzione stabilito il principio della progressività delle imposte che rende personale ed infungibile l’obbligazione relativa ed illecito ex lege ogni patto o comportamento difforme  e nulle eventuali convenzioni in contrario.

Alla luce di tale generale divieto, così come specificato dalle Sezioni Unite Civili della Corte di Cassazione, vi sono pochi dubbi, a mio avviso, che, non solo il contributo di solidarietà in parola debba fare carico al contribuente, cioè, nella fattispecie, al calciatore, ma che, soprattutto, sia radicalmente ed insanabilmente nulla, poiché contra legem,  la norma dell’art. 4 del CCNL dei calciatori che prevede la possibilità di convenire il pagamento delle retribuzioni al netto. Cosa che è affatto diversa dalla possibilità che , in sede di negoziazione del contratto individuale di lavoro, la retribuzione possa essere determinata anche tenuto conto dell’impatto fiscale e contributivo gravante sulla stessa. In questi casi si parla di “ lordizzazione” del compenso; vale a dire che esso è determinato in un importo, pur sempre al lordo, ma che, in considerazione del suddetto impatto, viene opportunamente incrementato. Peraltro, sempre in questi casi, i professionisti più attenti e scrupolosi che assistono il percipiente evitano, in genere, che l’importo “lordizzato” coincida, al netto,  con quello, per l’appunto, negoziato al netto. Ciò per scongiurare ogni possibile dubbio e sospetto  che, nel caso di coincidenza dei due importi,si potrebbe porre in ordine alla liceità, per il divieto generale di traslazione delle imposte, di una pattuizione e, comunque, di un comportamento  che avessero come risultato finale e pratico  proprio quello della predetta traslazione.

Si consideri, infine, che, essendo qualificato per legge il rapporto tra società di calcio e calciatore professionista come di lavoro dipendente, non esistono , almeno che io sappia, norme  di contrattazione collettiva di lavoro che prevedano la corresponsione di retribuzioni al netto.

Avvocato Massimo Rossetti- Responsabile dell’Area Giuridico–Legale di Federsupporter

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