Da buon ambasciatore il Grifone vuole riaprire il dialogo con la vittoria interrotto a Bologna otto giorni fa. Il trattato di pace dei tre punti ha subito un’accelerata decisiva a febbraio grazie alle forze interne del club di calcio più antico d’Italia. Diplomatici come Laxalt e Pandev sono stati fondamentali per dare al Genoa una nuova dimensione. Lo Stato sovrano li premierà una volta acquisito l’obiettivo grosso, la salvezza. L’ambasciata che accoglie i tifosi rossoblù aprirà i suoi battenti circa due ore prima il fischio d’inizio della partita con il Cagliari, nel giorno del Signore. Non si offendano i ministri di culto se tanti fedeli preferiranno il (calcio) profano al sacro.
Il Cagliari ha costruito la propria classifica contro squadre alla sua portata, senza mai un risultato di prestigio durante la stagione. Ha spaventato la Juventus ma ha incassato cinque gol dal Napoli, ha vinto a Bergamo contro l’Atalanta ma perso in casa contro il Pordenone in Coppa Italia. Nemmeno Diego Lopez sa benissimo quale sia la vera dimensione della sua squadra, invischiata tra i gorgheggi della retrocessione. Probabilmente due statistiche spiegano la contraddizione tattica dei sardi: hanno una tra le più vulnerabili difese del campionato (41 gol al passivo) ma insistono con il fuorigioco.
Lopez pretende molto dalla sua linea di difesa, alta per accorciare le distanze con l’attacco, la vera delusione del Cagliari – alla luce degli investimenti – con i soli dodici gol divisi equamente tra Pavoletti e Joao Pedro. Il Cagliari vuole palleggiare nella metà campo avversaria ma corre eccessivamente il rischio di prendere gol in contropiede: se la classifica non migliorerà a breve il tecnico di Montevideo sarà costretto a modificare qualcosa. Il Genoa dovrà speculare sulla profondità concessa dai sardi con giocatori esplosivi e dal cambio di passo come Laxalt e Lapadula: il tempismo delle giocate di Pandev farà la differenza per riaprire il dialogo con la vittoria.
