Il pragmatismo di Gasperini sfata anche la “maledizione” di Livorno

La vittoria colta a Livorno è il frutto del pragmatismo di Gasperini. Il tecnico del Genoa, miei cari amici genoani da Boccadasse al Mato Grosso, ha confermato oggi la sua “mutazione genetica”, passando dal gioco spumeggiante di un tempo a uno di tipo utilitaristico. Il tecnico è giocoforza costretto, con la rosa che ha a […]


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La vittoria colta a Livorno è il frutto del pragmatismo di Gasperini. Il tecnico del Genoa, miei cari amici genoani da Boccadasse al Mato Grosso, ha confermato oggi la sua “mutazione genetica”, passando dal gioco spumeggiante di un tempo a uno di tipo utilitaristico. Il tecnico è giocoforza costretto, con la rosa che ha a disposizione: non dispone in alcuni ruoli di giocatori come vorrebbe, ma riesce a trovare soluzioni accettabili. Il risultato è che la squadra non offre spettacolo, soffre di più, ma riesce a portare a casa (fatte le dovute eccezioni) l’obiettivo più importante: raggiungere i 30 punti che significano decimo posto, parte sinistra della classifica, tranquillità e morale. Inoltre, obiettivo non da poco, un vantaggio di un punto sul tanto celebrato e blasonato Milan che, ricordiamo, dovrà venire al Tempio. Di più, il Grifone ha sfatato il terzo tabù: dopo aver battuto l’Inter, aver pareggiato a Firenze, dopo 76 anni ha colto la posta piena in quel dell’Ardenza. Prima di proseguire l’analisi della gara, consentitemi di pensare che anche Pippo Spagnolo dal terzo anello del Ferraris abbia gioito, insieme a tutti gli eroi rossoblu, per questa vittoria sofferta.

Il Genoa oggi ha iniziato bene, colpendo in velocità la difesa avversaria. Al primo affondo di Gilardino, imbeccato alla perfezione da Matuzalem, è seguito il tap in vincente di Antonelli che ha mandato in visibilio i circa mille tifosi presenti all’Armando Picchi. Dopo il gol la squadra si è rintanata nella propria metà campo, riuscendo raramente a colpire in contropiede come nei minuti iniziali. E’ un atteggiamento che ha suscitato perplessità per i pericoli che poteva nascondere. Non solo: Burdisso e Portanova, che non avevano mai giocato assieme, mostravano di non riuscire ad applicare gli automatismi difensivi. Il solo Marchese si batteva con più efficacia contro le folate offensive di Emenghara e Paulinho. Nel secondo tempo il capitano, autore di un cambio di passo e di un salvataggio strepitoso, è riuscito a cambiare molto assieme al compagno. Merito anche della mossa del Gasp di togliere Vrsaljko, incerto rispetto ai mesi scorsi, con Motta e di schierare la difesa a quattro elementi. Forse Burdisso non è efficace nel reparto arretrato schierato a tre: diciamo però che prima di emettere un giudizio definitivo è una situazione da rivedere. Nella ripresa il Genoa si è chiuso nel bunker: complessivamente la squadra ha tirato soltanto sei volte (19 il Livorno), di cui due nello specchio della porta (5 gli avversari) e la pericolosità sotto porta, secondo le statistiche della Lega di A, si è fermata a un modesto 32,9%. La posta piena è stata ottenuta ancora una volta grazie alle parate di Gattoperin. Non solo: contano anche le 28 palle recuperate da Marchese (con 42 passaggi riusciti), 27 da Burdisso e 24 da Matuzalem (51 passaggi riusciti). De Ceglie stavolta è riuscito a svolgere il contenimento degli avversari sulla sua fascia, alternandosi con Antonelli. Quest’ultimo nel finale ha ripiegato e la squadra si è assestata in una sorta di 4-4-2 con cui si è arrivati al fischio finale.

Domenica prossima arriverà al Tempio l’Udinese, in ripresa dopo le vittorie in Coppa Italia contro la Fiorentina e in campionato contro il Chievo: in settimana giocheranno il ritorno della semifinale di coppa contro i viola. Il Grifone dovrà confermare che il gioco pragmatico può portare punti. Anche perché un’eventuale vittoria contribuirebbe ad avvicinarsi alla quota salvezza e a non ridursi per l’ennesima stagione alle ultime giornate per ottenere la permanenza nella massima serie.

Marco Liguori

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