Nella Serie A dei toni alti fa rumore il silenzio dell’esempio Ballardini

Gestacci, bestemmie e labiali poco signorili dai protagonisti in campo: il problema non sono i tifosi

Ballardini Genoa
Mister Ballardini osservain silenzio l'allenamento (foto di Genoa CFC Tanopress)

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In un’era pre-pandemica, inquadrabile ormai come Avanti Covid, molti accusatori presumevano che il principale problema del calcio fosse strettamente legato al tifo. Una volta chiusi gli stadi, silenziati gli impianti di gioco ed emerso in modo preponderante, inizialmente fastidioso, il reale suono di fondo di una partita tra professionisti, tale presunzione è crollata anche perché ciascuno confonde il rumore dalla bolgia dello stadio con le magiche tonalità acustiche del calcio. Dalla secchezza del pallone calciato dal fuoriclasse (ogni campione emette un suono tutto suo) al fruscìo dell’erba grattata, carteggiata da una ruvida scivolata di un mediano. Negli ultimi tre giorni si sono visti gestacci, udite bestemmie – seguite da altrettanti non luogo a procedere – e carpiti labiali che sposano qualsiavoglia tesi tranne quelle della signorilità o del rispetto reciproco, il famoso fair play professato dai padri britannici.

Panchine che diventano pulpiti, aree tecniche, tribune e luoghi d’assemblea che da recinti di confine divengono confini da recintare, da proteggere con il filo spinato della parola o la pesantezza di un dito alzato. Dallo scontro frontale Ibrahimovic-Lukaku, insensatamente ovattato dalla stampa nazionale con abbondanti aspersioni d’incenso alla tracimante personalità dei due attaccabrighe, è stato un progressivo degenerare di condotte prosciolte tra bulli della scuola, tra rissaioli di quartiere. E le infantili giustificazioni dei diretti interessati esaltano un’innocente pletora di giovani che ormai si nutre soltanto di scintille, senza brillare: excusatio non petita. A fronte della maleducazione e del cattivo esempio, anche a costo di cadere nel paternalismo, non esistono attenuanti ma solo colpe e la percezione di una lacerazione del prestigio. Da istituzioni a destituzioni, il passo è breve.

Così accade che in un mondo privo di autocritica, dove spesso si alza o si consuma a sproposito il tono della voce, fa ancora più rumore il silenzio del mite Ballardini, ritornato nel calcio che conta in punta di piedi e con risultati da protagonista assoluto. Il frutto del lavoro del tecnico del Genoa – diciassette punti in otto gare, marcia da ultima arricchita con lo scalpo eccellente del Napoli, e l’amore incondizionato tributato dal Popolo rossoblù – rende più chiara la misura dell’uomo e dell’allenatore, composto in panchina, misurato nella comunicazione e nel vivere l’emotività della partita (passi l’ormai iconico “pugno” alzato a dispetto di un proprio giocatore, peraltro mostrato simbolicamente per ripristinare la giusta attenzione) ed altresì elegante negli atteggiamenti di campo mantenuti con un sincero profilo basso. Lo stile di Ballardini è l’esatto contrario di quanto visto, o peggio sentito, con gli stadi vuoti.

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