MONDIALE 1950/Una difficile organizzazione tra rinunce e i problemi del dopoguerra

Inizia con questo articolo una rievocazione di Pianetagenoa1893.net sul Mondiale del 1950 in Brasile, paese che ospita nuovamente la massima competizione calcistica. Una storia che si articolerà su più parti: parleremo dell’organizzazione di quel torneo, della disfatta dell’Italia e della vittoria dell’Uruguay nel “Maracanaço”. Domani pubblicheremo un’intervista a sorpresa per tutti i tifosi genoani. Chi […]


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Inizia con questo articolo una rievocazione di Pianetagenoa1893.net sul Mondiale del 1950 in Brasile, paese che ospita nuovamente la massima competizione calcistica. Una storia che si articolerà su più parti: parleremo dell’organizzazione di quel torneo, della disfatta dell’Italia e della vittoria dell’Uruguay nel “Maracanaço”. Domani pubblicheremo un’intervista a sorpresa per tutti i tifosi genoani. Chi sarà mai il nostro misterioso personaggio? Tutti gli articoli saranno corredati da foto e video d’epoca. Seguiteci in questa nostra passeggiata nella “Taca Jules Rimet” di 64 anni fa.

Nel 1938 si era disputata in Francia l’ultima edizione del Campionato del mondo di calcio, vinto dall’Italia. La grande tragedia della Seconda guerra mondiale aveva bloccato il torneo voluto da Jules Rimet, a cui fu intitolata nel 1946 la coppa messa in palio ogni quattro anni. Dunque niente Mondiali nel 1942 e nel 1946: la Fifa decise di rinviare tutto al 1950. L’Europa subiva ancora le conseguenze del conflitto ed era ancora nella fase della ricostruzione: di conseguenza nessuna delle nazioni del Vecchio continente (ad eccezione della Svezia che non era tra i paesi belligeranti) avanzò la propria candidatura durante una conferenza in Lussemburgo per ospitare il Mondiale. Racconta Gian Paolo Ormezzano nell’inserto de La Stampa “La Storia nel pallone”: “Il Brasile vinse la corsa all’organizzazione su Svezia e Argentina, due nazioni che la guerra aveva “disturbato” relativamente poco”. E Brasile fu.

NUMEROSE RINUNCE

Furono escluse da quell’edizione la Germania e il Giappone per crimini di guerra. L’Italia, nazione anch’essa sconfitta, era detentrice del titolo e fu “sdoganata” da un provvidenziale invito della Svizzera che la invitò in un’amichevole giocata l’11 novembre 1945 per sostituire la Spagna e terminata 4-4. La nostra Nazionale subirà una duplice conseguenza negativa dalla tragedia aerea di Superga del 4 maggio 1949: sparirono i campioni del Grande Torino come Mazzola, Loik, Gabetto, Bacigalupo e ci fu un contraccolpo psicologico per il viaggio in Sudamerica che non fu effettuato con un volo aereo, ma per nave. Non partecipò l’Unione Sovietica col pretesto che il Brasile fosse uno stato fascista.

In totale furono 34 squadre ad iscriversi alla fase delle qualificazioni. Ci fu una raffica di rinunce di numerose nazionali al Campionato del Mondo, dovuta nel caso delle europee ai pesanti costi della trasferta. A cominciare dal girone 7 con squadre sudamericane: si ritirò l’Argentina, a causa di uno sciopero dei calciatori in lotta per motivi economici contro i club. Si qualificarono quindi senza giocare Cile e Bolivia. Nel gruppo 8 salutarono Perù ed Ecuador: Uruguay e Paraguay staccarono il biglietto per il torneo senza colpo ferire.

In Europa, si qualificarono Inghilterra (prima partecipazione dopo lo spocchioso isolamento anteguerra) e Scozia rispettivamente prima e seconda nel Torneo interbritannico, costituente il girone 1. Gli scozzesi rinunciarono (valli a capire) poiché avevano dichiarato che sarebbero andati in Brasile soltanto da vincitori del campionato delle isole britanniche. Nel gruppo 2 ci fu una “moria” di squadre. La Turchia battè nel preliminare 7-0 la Siria: considerato il largo passivo, i siriani diedero forfait e non giocarono la gara di ritorno. Nel turno successivo i turchi avrebbero dovuto affrontare l’Austria che rinunciò. Colpo di scena: anche la Turchia si ritirò. La Fifa offrì il posto al Portogallo, eliminato nel gruppo 6 dalla Spagna: dopo la rinuncia dei lusitani, il posto restò vacante. Nel gruppo 3 la Jugoslavia eliminò Israele e poi la Francia dopo una maratona tre gare: l’ultima fu disputata a Firenze e terminò ai tempi supplementari. Nessun problema per la Svizzera nel girone 4 contro il Lussemburgo battuto 5-2 e 3-2. Gli elvetici andarono in Brasile a causa dell’ennesimo ritiro, stavolta del Belgio. Nel girone 5 la Svezia arrivò prima davanti a Irlanda e Finlandia. Nel girone Nord americano Messico e Stati Uniti ottennero il visto per il Mondiale a spese di Cuba. Dal torneo asiatico si sarebbe dovuta qualificare una squadra: anche qui raffica di ritiri di Birmania, Flippine e Indonesia. L’India, rimasta da sola, si qualificò automaticamente: ma i suoi calciatori giocavano a piedi nudi e la Fifa lo vietò. Di conseguenza anche gli indiani, che avrebbero dovuto giocare nel girone dell’Italia, dissero “no grazie” alla manifestazione.

Dunque al termine delle tormentate qualificazioni partirono per il Brasile soltanto 13 squadre su 16 posti disponibili: la competizione risulterà “zoppa”.

L’ORGANIZZAZIONE DEL TORNEO

L’organizzazione lasciò molto a desiderare. Ad esempio i lavori per la costruzione del Maracanà, fortemente voluto dal presidente brasiliano Getullio Vargas, non erano ancora terminati quando si iniziarono a giocare le partite. Mitic, giocatore della Jugoslavia, uscendo dagli spogliatoi delo stadio andò a sbattere contro una putrella: la squadra slava iniziò la gara in 10 uomini. Quando Mitic entrò in campo, dopo essere stato medicato, perdeva 1-0. Corsi e ricorsi storici: dopo 64 anni, il terreno di gioco del nuovo Maracanà non era ancora pronto a 10 giorni dall’inizio delle gare.

Il 25 giugno a Belo Horizonte accadde un episodio curioso: il fischio d’inizio di Svizzera-Jugoslavia slittò di 20 minuti a causa della mancanza delle bandierine agli angoli del campo. Il Maracanà fu però terminato e diventò la leggenda del calcio mondiale. “Uno stadio da 150.000 posti – racconta Ormezzano – poi portati a 200.000, la meraviglia del mondo del pallone, per costruirlo 10.000 tonnellate di ferro, 1875 di sabbia, 193 di chiodi, 485.000 sacchi di cemento, 3953 metri cubi di pietre, 55.250 metri cubi di legno”.

Il Brasile impose alla Fifa il cambio della formula del torneo: nel 1934 e nel 1938 era composta da 16 partite a eliminazione diretta. Invece, si tornò alla fase iniziale a gironi come nel 1930, seguita da un ulteriore girone finale in cui si qualificarono le vincenti: la prima classificata si sarebbe aggiudicata la Coppa Rimet. In totale, avrebbero dovuto essere 30 partite per ottenere un maggiore incasso al botteghino: all’epoca non esistevano le televisioni, c’erano soltanto le trasmissioni per radio. In realtà, a causa delle rinunce, le gare furono 22.

IL TORNEO

Gruppo 1 (quattro squadre): il Brasile iniziò la sua marcia trionfale, o almeno si illudeva di farla, a suon di gol del suo centravanti Ademir. Vittorie contro Messico (4-0) e Jugoslavia (2-0) inframmezzate da un pareggio 2-2 contro la Svizzera che fu forse un campanello d’allarme (passato sotto traccia) per ciò che accadrà nel girone finale.

Gruppo 2 (quattro squadre): ci fu un incredibile risultato a sorpresa. Dopo l’esordio vittorioso per 2-0 contro il Cile, l’Inghilterra perse 1-0 contro gli Stati Uniti: il gol decisivo fu di Gaetjens. La sconfitta contro la Spagna 1-0 nell’ultima giornata mandò a casa gli inglesi, qualificando le “furie rosse”.

Gruppo 3 (tre squadre): l’Italia perde 3-2 dalla Svezia. Quest’ultima pareggia 2-2 col Paraguay e passa il turno. Platonica vittoria per gli azzurri contro i sudamericani 2-0 e tornano mestamente a casa.

Gruppo 4 (due squadre): l’Uruguay seppellisce di gol (8-0) la malcapitata Bolivia.

Girone finale: il Brasile straccia la Svezia 7-1 con poker di Ademir. L’Uruguay arranca e pareggia 2-2 con la Spagna. Quest’ultima fu schiantata 6-1 dai verdeoro, mentre gli uruguaiani superano 3-2 gli svedesi. I padroni di casa arrivarono il 16 luglio all’ultima gara contro la “Celeste” primi in classifica con 4 punti (all’epoca le vittorie valevano 2 punti): gli uruguaiani erano a 3, la Spagna a 1, la Svezia 0. Bastava dunque per loro un pareggio per vincere la prima coppa. Prima del fischio d’inizio, con le squadre già schierate a centrocampo, prese la parola il generale Angelo Mendes de Morais, prefetto del Distretto Federale, che pronunciò questo discorso: «Voi, brasiliani, che io considero vincitori del Campionato del Mondo. Voi, giocatori, che tra poche ore sarete acclamati da milioni di compatrioti. Voi, che avete rivali in tutto l’emisfero. Voi che superate qualsiasi rivale. Siete voi che io saluto come vincitori». In pratica, un discorso che dava già come trionfatori i padroni di casa: in realtà, come si direbbe oggi, fu una colossale “gufata” alla luce di quanto accadde poco dopo.

Segnò Friaca e sembrava che ormai fosse cosa fatta: il Brasile è campione del mondo. Obdulio Varela, “el jefe” (il capo), centromediano metodista dell’Uruguay prese il pallone con calma, infischiandosene della folla esultante sugli spalti. Aveva detto prima della partita ai compagni: “Ho voglia di vincere”. Pareggiò Schiaffino e Ghiggia infilò il 2-1 finale. Quel giorno fu ricordato come il Maracanazo o in portoghese Maracanaço e gravò come un’onta sul Brasile per tanti anni.

Marco Liguori

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