MONDIALE 1950/Traversata in mare, ballerine argentine con allenamento finale: l'allegra spedizione degli azzurri in Brasile

Una spedizione condizionata da una traversata in mare. E’ così passata alla storia la partecipazione della Nazionale italiana al Mondiale del 1950. Gli azzurri, provati da circa 15 giorni di inattività arrivarono in Brasile con le “gambe molli”, senza praticamente allenamento. Ma facciamo un passo indietro e vediamo come fu deciso quello sciagurato viaggio in […]


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Una spedizione condizionata da una traversata in mare. E’ così passata alla storia la partecipazione della Nazionale italiana al Mondiale del 1950. Gli azzurri, provati da circa 15 giorni di inattività arrivarono in Brasile con le “gambe molli”, senza praticamente allenamento.

Ma facciamo un passo indietro e vediamo come fu deciso quello sciagurato viaggio in nave. Dopo l’eliminazione alle Olimpiadi di Londra del 1948, ad opera della Danimarca che stese l’Italia con un devastante 5-3, terminò l’incarico di Vittorio Pozzo, il ct vincitore dei Mondiali nel 1934 e nel 1938. “A Pozzo era stato dato – racconta Gian Paolo Ormezzano in “La Storia nel pallone” de La Stampa – come liquidazione, un appartamento a Torino, tre stanze e cucina”. Fu istituita una Commissione tecnica con Ferruccio Novo e Roberto Copernico, rispettivamente presidente e direttore tecnico del Grande Torino, assieme al giornalista Aldo Bardelli. Quest’ultimo fu il vero commissario tecnico: fu quello che decise di far partire la squadra azzurra in nave invece che in aereo. La decisione fu approvata senza battere ciglio dallo staff tecnico e dall’opinione pubblica: era ancora vivo il ricordo della tragedia di Superga del 4 maggio 1949. Nello schianto dell’aereo sulla collina persero la vita tutti i giocatori del Grande Torino: fu spazzata via una generazione di campioni che costituivano la spina dorsale della Nazionale. Con “il senno del poi” si criticò questa decisione che si rivelò infelice.

IL VIAGGIO SULLA SISES

“C’era una volta un piccolo naviglio…” recita una filastrocca. E su un “piccolo naviglio” si dovette imbarcare la squadra che doveva difendere il titolo conquistato 12 anni prima. I calciatori si radunarono il 4 giugno 1950 a Roma. Un giovane e promettente sottosegretario, Giulio Andreotti, offrì da parte del Governo (presieduto da Alcide De Gasperi) una cena ufficiale: si sentirà ancora parlare al lungo di questo politico molto attento alle vicende pallonare. La comitiva azzurra partì in treno per Napoli, dove fu accolta da tantissimi tifosi entusiasti alla stazione di Mergellina, per poi imbarcarsi sulla Sises, salutata dalle sirene di tutte le navi presenti in porto.

A bordo della motonave dell’Italnavi, varata due anni prima, era praticamente impossibile allenarsi. I giocatori provavano a utilizzare i palloni, ma furono tutti persi in mare. Dunque niente calcio, ma solo ping pong e pallavolo. Solo durante lo scalo a Las Palmas gli azzurri si allenarono e disputarono una partita. Troppo poco per una formazione che avrebbe dovuto pochi giorni dopo difendere il titolo di campione del mondo. Non solo: sembrava più un “gruppo vacanze” che una schiera di giovani e baldi atleti. I giocatori non avrebbero avuto la “benzina” necessaria per poter affrontare in modo appropriato gli avversari.

L’ARRIVO A SANTOS

All’arrivo a Santos gli azzurri furono accolti da tanti emigrati italiani. C’è però la testimonianza del grande giornalista Gianni Brera, ripresa dal sito Storie di Calcio, che non fu tutto rose e fiori: “Lo sbarco a Santos avviene in casco coloniale, neanche ci si apprestasse a risalire il Niger. I facchini negri si rifiutano di scaricare il bagaglio di quei cafoni che si ritengono in colonia”. Brera aggiunge un altro particolare che fa comprendere l’approssimazione e la confusione dello staff per la preparazione atletica. “Il giorno dopo, a San Paolo, Sperone pensa bene di far smaltire ogni ruggine ai suoi pupilli sottoponendoli a una massacrata senza mercé. Sono dunque tutti imbastiti, quei poverini, quando scendono in campo per affrontare la Svezia”.

La Nazionale fu alloggiata in un lussuoso albergo di San Paolo, dove è presente anche un corpo di ballo argentino con ragazze di elevato “tasso tecnico”. Furono organizzati dei veri e propri turni di guardia per evitare le pericolose tentazioni con i giocatori. Un altro grande cronista, Angelo Rovelli della Gazzetta dello Sport, racconta un altro stupefacente particolare. “Ciò che rimane davvero incredibile è la decisione di rimanere in quell’albergo anche alla vigilia della partita con la Svezia, rifiutando l’invito di un ricco italiano, la cui fattoria a Trenembé avrebbe fatto al caso proprio in quel particolare momento”. Gran finale: il 24 giugno, vigilia della gara contro la Svezia, la Nazionale dovette rimanere sveglia a causa della festa di San Giovanni. Insomma, gli azzurri persero il sonno e la fantasia di giocare. Rientreranno in Italia in aereo: invece, era un viaggio da organizzare all’andata.

Marco Liguori

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La foto della formazione italiana è tratta da Wakeupnews.eu

I 22 AZZURRI DELLA SPEDIZIONE DEL 1950

Amadeo Amadei (centravanti, Inter)

Carlo Annovazzi (mediano, Milan)

Ivano Blason (terzino, Triestina)

Giampiero Boniperti (centravanti, Juventus)

Aldo Campatelli (mezzala, Inter)

Gino Cappello (IV) (centravanti, Bologna)

Emilio Caprile (ala, Atalanta)

Riccardo Carapellese (ala, Torino)

Giuseppe Casari (portiere, Atalanta)

Osvaldo Fattori (mezzala, Inter)

Zeffiro Furiassi (terzino, Lazio)

Attilio Giovannini (terzino, Inter)

Benito Lorenzi (centravanti, Inter)

Augusto Magli (mediano, Fiorentina)

Giacomo Mari (mediano, Juventus)

Giuseppe Moro (portiere, Torino)

Ermes Muccinelli (ala, Juventus)

Carlo Parola (centromediano, Juventus)

Egisto Pandolfini (mezzala, Fiorentina)

Leandro Remondini (centromediano, Lazio)

Lucidio Sentimenti (IV) (portiere, Lazio)

Omero Tognon (centromediano, Milan)

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