Genoa-Palermo, la Serie B è terreno di sfida tra i modelli Red Bull e City

Lo sceicco Mansour approda in Italia con sobrietà e con un piano d'investimenti di sette anni

Genoa-Palermo
Le proprietà di Genoa e Palermo (collage foto di Genoa CFC Tanopress e Twitter Palermo FC)

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La prossima Serie B, la cui idea di rassegnazione è un pessimo lenitivo contro il disturbo del sonno che seguita a tormentare le notti di più di un genoano, assomiglierà ancor di più a una A2 poiché si appresta ad essere terreno di sfida tra due modelli che stanno tracimando dalle piane rive del calcio tradizionale: Red Bull e City Group. Non inganni la differente denominazione, lo scopo sociale è il medesimo, ossia il lucro gentile, differito nel tempo senza i connotati della precipitosa e brutale immediatezza: il carburante del motore è il business altrimenti le società di calcio sarebbero delle deserte associazioni di mero volontariato. Il terreno di sfida sarà calcato, da un lato, dal Genoa, affiliato ma soltanto de facto a Red Bull attraverso un nuovo gruppo dirigente formatosi prevalentemente sui canoni della scuola austriaca, mentre, dall’altro lato, con autentica sobrietà il Palermo è ufficialmente entrato nella galassia City del ramo anglofono della famiglia araba di Mansour attraverso l’acquisto dell’80% delle quote sociali per tredici milioni di euro.

L’avvento dei gruppi di società ha segnato l’inizio del neo-colonialismo calcistico, secondo stadio dell’evoluzione dell’azienda del pallone, susseguente all’ingresso dei fondi, che dovrebbe estinguere gli ultimi dinosauri del mecenatismo i cui bagordi trentennali, acuiti dagli effetti della contrazione pandemica, hanno portato lo sport più seguito al mondo sull’orlo del precipizio. Ben vengano gli agglomerati a salvare i club vicini alla decozione finanziaria. Genoa e Palermo rappresentano due unicità per l’intero calcio italiano, espressioni da studiare nelle loro peculiarità, come la struttura a catena di Red Bull (il cui flusso principale in Europa è Liefering-Salisburgo-Lipsia) che 777 Partners cerca di imitare attraverso la propria cifra gestionale optando per una dislocazione più eterogenea (Parigi-Liegi-Genova) che inizierà a fruttare soltanto se la platea di società diventerà ecosistema attivo e non già una collezione di proprietà; il City Group, invece, è articolato a raggiera con la società madre a Manchester che influisce e domina sulle altre.

Limitarsi all’adesione ispirativa del modello Red Bull è una buona trovata per non intaccare la libertà d’identità del Genoa, viceversa il club più antico d’Italia avrebbe dovuto cambiare molto di più del Grifone brioso: tuttavia, il circuito spento tra i club del portafoglio della holding americana e l’attuale assenza di sinergie esterne rappresenta un rammarico giacché la condivisione, di idee, di calciatori e di professionisti di vario ordine e grado, è fonte d’arricchimento non soltanto economico. Il Palermo sarà una controllata-controllata, nel senso che nel medio lungo periodo beneficerà dei vantaggi provenienti dal City Group (Mumbai City, New York, Melbourne e Yokohama campioni d’India, MLS, Australia e del Giappone entro cinque-otto anni dall’acquisizione) ma senza elargizioni di denaro a pioggia da parte dello sceicco, avendo invero pianificato un settennato d’investimenti che, come annunciato, inizia dalla salvezza al primo anno in B. 777 Partners, che curiosamente ha affidato lo sviluppo del proprio comparto calcistico a Don Dransfield, ex dirigente di City Group, punta alla promozione immediata e travolgente: è evidente come «Only one year» non sia soltanto un motto ma la filosofia che distingue due modelli pronti a sfidarsi in B.

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