L’inutilità dell’allontanamento dell’allenatore

Una sanzione ormai ineffettiva e inefficace, un residuo di un calcio superato


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Come preventivato, Ivan Juric non è stato squalificato dal giudice sportivo Mastrandrea, bensì semplicemente diffidato. Un cartellino giallo che diventerà rosso dopo un altro simile episodio. Il regolamento spiega che “l’uso di un linguaggio o di gestualità osceni, volgari, irrispettosi, come pure di espressioni blasfeme” consente a “l’arbitro [di] espellere (se calciatore) o allontanare dal recinto di gioco il responsabile. La mimica di un tuffatore è così grave da rientrare in questa fattispecie? Assolutamente no.

Il giudice ha applicato correttamente la norma al caso concreto, quello di Juric. La stesso, invece, non è stato fatto dalla squadra arbitrale durante Bologna-Genoa. Il mister rossoblù ha scontato una pena temporale di quarantacinque minuti, prima di essere “assolto” dal giudice sportivo. Qui nasce l’errore. Un allenatore paga in partita l’errore che sarà corretto in un secondo momento. Un circuito vizioso denunciato da Guidolin, nell’inverno 2011, e Mancini, un anno fa. “Solo gli arbitri italiani cacciamo ancora i tecnici” disse l’ex mister di City e Galatasaray.

L’allontanamento è una sanzione inefficace e ineffettiva perché non fa presa sui destinatari e li non distoglie dal compiere il comportamento incriminato. Un residuo di un calcio superato, quello precedente alla diffusione delle comodità tecnologiche. Negli Anni ’70-’80 un mister aveva grosse difficoltà a comunicare con la panchina dalla tribuna; oggi è tutto immediato, basta uno smartphone e una micro-auricolare. Pensate, infine, al Ferraris: l’allontanato potrebbe sedersi nella prima fila di seggiolini antistanti la panchina e veicolare i messaggi piuttosto liberamente. Lo fece Gasperini in un pirotecnico Genoa-Udinese 3-3.

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