ESCLUSIVA PIANETAGENOA – A lezione di calcio con Franco Ferrari: “Genoa, attento ai primi 25 minuti della Juve”

Tutti dietro il banco, la lezione sta per iniziare: il calcio sale in cattedra. Grazie a Franco Ferrari, tecnico Uefa e Fifa, ex docente di “Tecnica e tattica calcistica” alla Scuola di allenatori F.I.G.C. di Coverciano. Rossoblù fin dalla nascita e terzino legato al club più antico d’Italia dal 1960 al 1974, “Prof.” Ferrari è […]


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Tutti dietro il banco, la lezione sta per iniziare: il calcio sale in cattedra. Grazie a Franco Ferrari, tecnico Uefa e Fifa, ex docente di “Tecnica e tattica calcistica” alla Scuola di allenatori F.I.G.C. di Coverciano. Rossoblù fin dalla nascita e terzino legato al club più antico d’Italia dal 1960 al 1974, “Prof.” Ferrari è tornato a parlare di Genoa in vista del big match, più per motivi storici che per l’attuale classifica, con la Juventus di Antonio Conte. Domenica sera al Ferraris si fronteggeranno due degli allenatori più affermati della scena calcistica italiana e non: Pianetagenoa1893.net ha voluto approfondire il classico italiano tra Grifone e Vecchia Signora con uno dei massimi esperti, in Italia e non solo, di materia pallonara.

Posso chiamarla Prof.?

«È uguale. Prof, mister, dottore: ai corsi di Coverciano gli allievi mi hanno chiamato in tutti i modi. Ma sempre con il massimo rispetto».

Dunque, professore: domenica assisteremo a Genoa – Juventus. Ma prima ancora a Gasperini contro Conte: due mentalità calcistiche diverse ma entrambe proiettate al cambiamento.

«Tutt’e due puntano sulla difesa a tre, innanzitutto. La differenza sta nel centrocampo: il Genoa teoricamente ha una linea a quattro, la Juve a cinque, anche se detesto usare i numeri per descrivere un sistema tattico».

Anche Gasperini.

«I numeri non contano, dico sempre. Sono la palla e i movimenti a decidere il gioco e il suo equilibrio. Per esempio, il Genoa si mette in campo con un 3-4-3, tanto per dare i numeri, e quando si alza Antonini dai tre di difesa si trasforma in 2-3-5, con gli esterni che si affiancano agli attaccanti. Per intenderci il modulo, o il numero, è una fotografia. Statica. Il calcio è dinamismo: a comandare è il pallone e in base a quello servono i movimenti giusti».

Gli esperimenti messi in atto dal tecnico rossoblù sembrano andare oltre la rigidità di un modulo. Ad esempio, l’esterno, spesso quello di sinistra, scala dietro in fase difensiva e, nel caso di Kucka ad inizio stagione, il centrocampista si inserisce in avanti a formare un tridente con Gilardino e l’altra punta di turno.

«Possiamo paragonare questa scelta al “falso nove” del Barcellona: per necessità, Gasperini ha dovuto creare un “falso 11” perché la precaria situazione di classifica glielo imponeva. Occorreva coprirsi, e fare punti. Adesso con una situazione più tranquilla e con un giocatore come Sculli a disposizione può tornare ad un 3-4-3 più classico».

Negli anni scorsi Gasperini fu tra i primi a riportare in auge la difesa a tre. Conte, pur con qualche difficoltà, sta cercando di imporla anche in Europa.

«Poche squadre si difendono a tre fuori dai nostri confini. In questo senso, siamo noi ad essere all’avanguardia. In Europa è complicato dire la propria perché il calcio italiano è sempre più livellato verso il basso: il crollo in Champions ne è la dimostrazione».

La crisi economica è una delle principali cause di questa vistosa involuzione, ma non l’unica responsabile.

«In Italia si è smesso di partire dalla basi. È questo l’errore: l’obiettivo è quello di arrivare ai risultati, ma non di creare i giocatori. La stessa Udinese tende più a raccogliere in giro per il mondo che a formare. Nel calcio italiano anche gli allenatori delle giovanili sono costretti a vincere: le società chiedono risultati, non giocatori per il futuro».

In questo senso, in Spagna hanno seminato e ora raccolgono. Anzi, hanno raccolto già da tempo.

«Gli spagnoli prediligono il lato tecnico, più che tattico. Un esempio lampante è Borja Valero: in patria considerato alla stregua di un corridore, nemmeno convocato per la Nazionale, in Serie A dà spettacolo. Questo aspetto la dice lunga sulla differenza dei due sistemi».

E allora qual è il paese maestro nella tattica?

«Sempre noi. Ma l’errore che commettiamo è dedicarci principalmente sulla tattica individuale, tralasciando quella collettiva. E così vediamo giocatori dare la palla e stare fermi, senza dettare il movimento e il passaggio. Succede perché siamo schiavi del risultato: la paura di sbagliare ha preso il sopravvento sulla gioia quando si ha il pallone tra i piedi».

Parlando di giovani, il Genoa in questi anni ha puntato con decisione su molte nuove promesse, alcune mantenute, altre no. Attualmente, su chi punterebbe?

«È troppo facile dire Mattia Perin. Il fatto che sia stato convocato sia dall’Under 21 sia dalla Nazionale maggiore è la dimostrazione del suo valore. Ha prospettive infinite davanti a sé».

In molti, ogni qualvolta un giovane portiere italiano mette piede sul palcoscenico della Serie A, sono soliti accostare frettolosamente queste nuove promesse a leggende del calibro di Zoff o Buffon. Che, non a caso, nascono dopo ogni venti, trenta, quarant’anni. È azzardato accostare Perin al mostro sacro della Juventus e della Nazionale?

«Forse, ma ho il sospetto che possa davvero seguire le sue orme. Lo dico per la forza mentale che ha dimostrato di possedere dopo l’erroraccio commesso nella gara d’andata con la Fiorentina. È una dote molto importante quella di rimanere concentrati sull’obiettivo, senza farsi travolgere da sbandamenti psicologici. I nostri portieri sono preparati tecnicamente, ma non hanno la tenuta mentale dei colleghi stranieri: il motivo è sempre riconducibile all’ansia, alla paura da risultato. Qui se sbagli, sei fuori. Sta al giocatore avere la forza per non sbandare e rimanere in carreggiata».

Da docente di tattica calcistica, quale aspetto dei modi di allenare di Gasperini e Conte porterebbe ad esempio dei suoi allievi?

«Sono due esempi di difesa a tre da seguire con attenzione. Tenendo anche conto dell’evoluzione di Antonio dal 4-2-4 al 3-5-2. Ma la difesa non dipende solo dal modulo: quando il Genoa giocava con il “falso 11” era per il bisogno urgente di fare punti. Primo non prenderle. Così è stato e ora può godere di una situazione più rosea. E, facendo un paragone con le sue esperienze passate, non credo che prima le squadre di Gasperini difendessero così bene come quella attuale. L’allenatore è come un pilota d’auto: sa cosa ha a disposizione e di agisce di conseguenza. Gasperini e Conte sono due ottimi piloti, ma le macchine sono diverse».

Domenica sera, al Gran Premio del Ferraris, la macchina rossoblù avrà bisogno dell’impresa per scucire almeno un punto alla corazzata bianconera, occupata però anche dal versante europeo con la doppia sfida contro la Fiorentina.

«Non sarà facile per la Juventus recuperare la concentrazione giusta per domenica sera. Quattro giorni per recuperare sono davvero pochi. Più per l’aspetto psicologico che fisico. Inoltre Conte non dispone di troppe soluzioni di cambio per via degli infortuni. Il Genoa è inferiore, senza dubbio, ma tutte le partite iniziano sempre da 0-0. Nessuno parte sconfitto. E poi potrà contare sull’entusiasmo, sulla freschezza psico-fisica e sul fatto di non aver niente da perdere. Lo scoglio sta nel superare i primi 20-25 minuti: la Juventus parte sempre forte. Sarebbe importante tenere botta all’avvio per poi cercare di giocarsela nei minuti rimanenti».

Daniele Zanardi

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