Nel 1948 il Genoa supera la Juventus e nel 1991 batte l’Oviedo in Coppa Uefa

Nel 1948 il Genoa supera la Juventus per 2-1. Partita d’altri tempi contro una rivale antica: la Juve scese al Ferraris priva del fuoriclasse Parola, re della rovesciata e miglior centromediano italiano, ma aveva al centro dell’attacco l’asso emergente Boniperti, tutto classe, gol e antipatia. Il Genoa, del canto suo, si presentò alla terza di […]


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Nel 1948 il Genoa supera la Juventus per 2-1. Partita d’altri tempi contro una rivale antica: la Juve scese al Ferraris priva del fuoriclasse Parola, re della rovesciata e miglior centromediano italiano, ma aveva al centro dell’attacco l’asso emergente Boniperti, tutto classe, gol e antipatia. Il Genoa, del canto suo, si presentò alla terza di campionato dopo una vittoria squillante contro il Padova battuto per ben 7 reti a 1, ed un pareggio per 2 a 2 sul difficile campo del Livorno. Ma era il nome della Juve, che evocava le epiche sfide del passato, a occupare la mente e lo spirito della tifoseria genoana; la Juve era un’ avversaria storica, come lo erano state Pro Vercelli, Bologna e Ambrosiana-Inter, e ogni volta che la s’incontrava il desiderio di batterla si faceva sempre più forte. Lo stadio quel giorno era colmo di tifosi e la Nord straripava, tanto da sembrare un muro umano che incombeva sul terreno da gioco. La partita inizia e la Juve va subito in goal: Sentimenti III batte un corner scambiando corto con un compagno, riprende il pallone e lo crossa a centro area dove l’interno Jordan é pronto a tramutarlo in gol. Partenza in salita per il Genoa che rischia il raddoppio degli avversari poco minuti dopo, con Caprile che indirizza sull’esterno del palo. Per tutto il primo tempo il Grifone, incitato a gran voce dai tifosi, tiene un dominio territoriale fine a se stesso perchè non riesce a impensierire seriamente uan Juventus che sta facendo valere i diritti di una maggiore classe complessiva, ed è riuscita finora a tenere la partita sui binari che predilige, quelli della tecnica. Ma non è questo che il Genoa vuole e, quando le squadre tornano in campo dopo l’intervallo, si assiste ad un’altra partita: i rossoblu partono subito all’attacco, impostano il gioco sulla velocità e il ritmo e chiudono la Juve in area. Sono attacchi veementi, poco ordinati nonostante il lavoro di cucitura delle mezzali Verdeal e Formentin, portati con le armi che da sempre contraddistinguono il Genoa: grande carattere, grinta e generosità, velocità d’esecuzione. E’ il Genoa che piace ai tifosi, che subito scatenano un tifo da far tremare le strutture dello stadio. Passano solo 4′ e il pareggio è cosa fatta. Formentin va via sulla sinistra, cross al centro dove l’infallibile Verdeal è pronto a raccogliere e colpire: 1 a 1. Galvanizzato dal pareggio raggiunto, il Genoa porta avanti un’azione dopo l’altra, la Juve cerca di opporsi ma ormai la partita ha preso i binari che piacciono ai padroni di casa ed è battaglia a tutto campo, senza quartiere. I tifosi si esaltano e i giocatori rossoblu sembrano non sentire la stanchezza pur giocando a ritmi elevatissimi. Il quadrilatero della Juventus, forza portante della squadra, comincia a dare segni di cedimento sotto i tremendi colpi di Bergamo e compagni che assaltano con estrema determinazione. I bianconeri si difendono con capacità e tenacia, ma sono alle corde e puntuale arriva il raddoppio rossoblu: calcio di punizione, Cattani poco oltre la metà campo coglie Mazza in area, che gira di testa a Formentin, pronto a smistare sulla sinistra dove arriva Dalla Torre che, con una mezza girata su se stesso, calcia un pallone con una traiettoria malefica che inganna Sentimenti IV e finisce in rete, al 65′. La Juve va così sotto per 2 a 1, ed è proprio quello che sognavano i tifosi, ricordando le sfide al calor bianco con la Juve ai tempi del grande Genoa. Questo del 1948 non è più un grande Genoa, ma fa lo stesso sognare: ha buoni giocatori e poi c’è Verdeal, il fuoriclasse argentino che ha giocato in Brasile ed è venuto a Genova a mostrare le sue magie. I genoani lo amano, e lui ama i genoani e il Genoa, al punto che tornerà al Ferraris, ventisette anni dopo essere andato via, per riabbracciare i tifosi che gli riserveranno un’accoglienza da superstar.                                                    

Quarantatrè anni dopo il Genoa batte l’Oviedo in Coppa Uefa. Il Ferraris era al completo e il Genoa doveva vincere con due gol di scarto per passare il turno, tuttavia mancava di due pedine importanti come Eranio e Onorati, sostituiti da Ferrori e Fiorin. L’inizio è molto equilibrato e il gioco è duro in quanto nessuna delle due squadre è disposta a fare complimenti; l’arbitro Schmidhuber  deve fare gli straordinari e il Genoa si trova subito con Caricola e Torrente ammoniti. L’Oviedo mette in mostra buone geometrie a sostegno della pericolosa coppia d’attacco Lacatus e Carlos. Il Genoa tiene l’iniziativa ma fatica a pungere, con un Aguilera insolitamente molto nervoso. Sembra difficile per i rossoblu trovare spazi. Al 20′ ennesimo fallo dell’Oviedo: batte magistralmente Branco pescando a centro area Thomas Skuhravy che riesce a colpire di testa e indirizzare verso Aguilera, il quale al volo taglia la sfera sul secondo palo dove arriva lo stesso Skuhravy a chiudere la triangolazione, riuscendo a insaccare di testa in tuffo. Uno a zero per il Genoa e un enorme boato scuote lo stadio. Triangolo perfetto e geniale, a dimostrazione che il calcio è anche intelligenza e non solo corsa e sudore. L’Oviedo riesce però a reagire e si apre alle incursioni del Genoa. Branco, padrone della fascia, avanza fino ai limiti dell’area avversaria, salta in un fazzoletto due avversari, poi cesella un pallone perfetto sul secondo palo per la testa di Aguilera: gol mancato per un soffio. Poco dopo è Skuhravy a salire in cielo, non lontano dal palo lato tribune e schiacciare un pallone pericolosissimo a centro area per Aguilera, anticipato da un niente. Poi l’Oviedo, approfittando anche di un Bortolazzi a rendimento ridotto per una contusione rimediata in un duro scontro, prende possesso della metà campo e insidia la porta rossoblu, senza tuttavia rendersi pericoloso. Ma la frittata putroppo la fanno Braglia e Signorini: su un lungo spiovente Braglia esce, si scontra con Signorini e perde la preziosa sfera di cuoio, Carlos non perde l’occasione e insacca, al 38′. 1 a 1 e tutto da rifare. L’Oviedo arriva senza danni alla fine del primo tempo e, a inizio ripresa, sembrerebbe controllare la situazione. Ma a metà tempo rimane in dieci per l’espulsione dell’irrequieto Lacatus, estro e sregolatezza, sorpreso in un fallo di reazione. Il Genoa approfitta dell’occasione, intensifica gli attacchi e, dieci minuti dopo, sigla il 2 a 1 con un tiro fuori area di Caricola che s’insacca nel setto lato distinti, facendo esplodere il Ferraris. Ma il 2 a 1 non basta, il tifo diventa incandescente e mette le ali ai piedi ai giocatori. Il Genoa preme più col cuore che con la testa, l’Oviedo ha buon gioco a difendersi e a contrattaccare appena possibile, disponendo di alcuni giocatori abili a tenere palla. I minuti scorrono impietosi, agli spagnoli basta ormai perdere tempo; hanno fatto uscire anche Carlos, l’unico attaccante che era rimasto in campo, e giocano aspettando il 90′. Ma, a solo un minuto dalla fine, Gennarino Ruotolo, generoso e instancabile come sempre, riceve un pallone lavorato dall’asse portante Skuhravy (colpo di testa)-Aguilera (pronta apertura sulla destra) e, con grande abilità, finge di  calciare col destro portandosi invece il pallone sul sinistro, per effettuare un cross teso e arcuato sul quale si avventa Skuhravy ostacolato da un avversario. Colpire di testa forse non basterebbe, indirizzare a rete non è garanzia di gol, ma il Genoa in quel preciso momento ha bisogno solo del gol, e forse questa è l’ultima occasione. Ci vuole allora un pezzo di bravura, di quelli che restano negli occhi e nella memoria dei tifosi. Il colpo di testa che s’inventa Skuhravy sarà proprio di quelli che non si dimenticano: sale in cielo spalle alla porta e, avvitandosi su se stesso colpisce la palla con la fronte indirizzandola di precisione là dove i portieri non possono arrivare, in quella magica zona della porta chiamata ‘sette’. Gol capolavoro e tifosi in delirio, vittoria presa per i capelli allo scadere del tempo, ma per questo ancora più bella. Il Genoa va avanti in Coppa Uefa e al Ferraris è festa grande. Era dal lontano ’38 che il Grifo non giocava più a Marassi una partita nel grande calcio europeo: in palio allora c’era il passaggio alla semifinale della Coppa dell’Europa Centrale, e il Genoa se lo dovette vedere contro un avversario come lo Slavia del mitico Bicam, che sarà battuto per 4 a 2.

 

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