FEDERSUPPORTER/Spunti di riflessione sulle decisioni della Corte di Giustizia Federale

Le decisioni della Corte di Giustizia Federale in tema di Calcioscommesse, ultima delle quali la n.43 del 5/09/2012, forniscono ulteriori elementi di riflessione sui comportanmenti tenuti dagli incolpati e sul sistema di governo processuale sul calcio. Mentre si rinvia, per alcuni approfondimenti giuridici alla nota allegata predisposta dall’avv. Rossetti, si ritiene opportuno richiamare all’attezione su […]


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Le decisioni della Corte di Giustizia Federale in tema di Calcioscommesse, ultima delle quali la n.43 del 5/09/2012, forniscono ulteriori elementi di riflessione sui comportanmenti tenuti dagli incolpati e sul sistema di governo processuale sul calcio.

Mentre si rinvia, per alcuni approfondimenti giuridici alla nota allegata predisposta dall’avv. Rossetti, si ritiene opportuno richiamare all’attezione su alcune delle considerazioni formulate dalla Corte in occasione delle singole decisioni.

Il primo e più importante richiamo è di portata generale (cfr Com.Uff. n.034 del 20 agosto) in occasione dell’esame del ricorso del Presidente del Grosseto, Camilli e riguarda “il fenomeno degli illeciti sportivi…lungi dal poter essere ricondotto a protocolli rigidi, contraddistinti da metetologie predefinite ed attuate per il perseguimento delle medisime finalità, ha infatti evidenziato una precoccupante pervasività proprio in ragione delle sue notevoli formule di attuazione capaci di saldare interessi tra loro eteorogenei. Ed invero l’alterazione dei risultati degli incontri è stata talvolta frutto di intese sviluppatesi in parallelo su più tavoli, e tra soggetti, tesserati e non, che agivano per motivazioni tra loro anche profondamente diverse…”.

Fronteggiare questa prassi dovrebbe essere il primo obiettivo di un calcio serio e credibile e che rispetti, prima di quei valori tanto decantati, gli unici veri soggetti defraudati: i tifosi.

In questi sensi è sgnificativo il comportamento del Novara calcio, così come rilevato dalla stessa Corte (cfr Com.Uff. n.033 del 27 agosto 2012) che ha dato atto “della complessiva condotta…e di tutta l’attività…posta in essere…finalizzata a combattere il fenomeno degli illeciti sportivi ovvero ad eliminarne le conseguenze.”.

Infatti il Novara calcio ha:

approvato il modfello organizzativo ex decr lgs n.231/2001 (reso obbligaotorio solo dall’1/07/2012 dalla FIGC) ;

approvato il Codice Etico ;

approvato un nuovo modello di organizzazione e gestione ;

ottenuto la cetificazione di qualità ISO 9001-2008, come prima società calcistica italiana ;

affidato nel febbraio 2012, all’esterno il controllo dell’andamento delle quote delle scommesse relative alle partite della squadra ;

adottato, sin dall’aprile 2012 un Codice Antifrode ;

tutto quanto sopra ha avuto un effetto riduttivo della penalizzazione dei punti in classifica.

Infine, ma non per questo meno rilevante, è l’evidenziazione, nell’ambito dell’ordinamento sportivo, della  libertà dello stesso di “…perseguire la propria pretesa punitiva nei confronti degli appartenenti che si sottraggono all’effetto dei precetti con autonomi mezzi di ricerca e valutazione della prova che non necessariamente debbono identificarsi con quelli propri dell’ordinamento statale…” (cfr Com.Uff. n.029 del 20/08/2012)

Il Presidente  Alfredo Parisi

                                                                    

Decisioni della Corte di Giustizia Federale: integrazioni all’analisi ed al commento della decisione del 20 agosto 2012

(Avv. Massimo Rossetti, Responsabile dell’Area Giuridico-Legale )

All’analisi ed al commento in oggetto ritengo opportuno ed utile aggiungere alcune integrazioni, alla luce delle ulteriori decisioni succedutesi a quella citata.

1)Responsabilità oggettiva e criteri di graduazione della conseguente sanzione.

La Corte di Giustizia Federale, in merito alla penalizzazione inflitta in primo grado al NOVARA Calcio per responsabilità oggettiva a seguito di violazioni commesse da propri tesserati, afferma : “ Come queste Sezioni Unite hanno già avuto modo di osservare ( cfr.da ultimo Com. Uff. n.061/CGF del 18 agosto 2011 e richiami ivi portati ) , con riguardo alla responsabilità oggettiva delle società di appartenenza dei tesserati và osservato che nell’ambito dell’ordinamento sportivo l’utilizzazione, in particolare nel calcio, dei moduli della responsabilità oggettiva è correlata in primo luogo a necessità operative ed organizzative, trattandosi di strumento di semplificazione utile a venire a capo, in tempi celeri e compatibili con il prosieguo dell’attività sportiva e quindi con la regolarità delle competizioni e dei campionati, di situazioni di fatto che altrimenti richiederebbero, anche al fine di definire le varie posizioni giuridicamente rilevanti in capo, lunghe procedure e complessi, o

ltre che costosi accertamenti. L’ordinamento sportivo del resto, non può permettersi di lasciare determinati eventi impuniti o comunque privi di conseguenze sanzionatorie. Come è noto, nell’ordinamento calcistico le società possono essere chiamate a rispondere a titolo di responsabilità diretta, presunta ed oggettiva. Le società rispondono direttamente di chi le rappresenta ai sensi dei regolamenti federali ; sono presunte responsabili sino a prova contraria degli illeciti sportivi a loro vantaggio che risultino commessi da persone ad esse estranee; sono infine oggettivamente responsabili ( è il caso che qui interessa) dell’operato dei propri dirigenti, soci e tesserati agli effetti disciplinari.

Se nessun problema si è storicamente posto circa la responsabilità diretta e quella presunta, operando, nel primo caso, i normali principi in tema di rappresentanza e di organi rappresentativi, e trovando spazio, nel secondo caso, la possibilità di una prova liberatoria da parte della società sportivamente avvantaggiata dall’illecito, non altrettanto può dirsi della responsabilità oggettiva, relativamente alla quale si sono manifestate diverse prese di posizione, volte a contestarne non solo l’opportunità, ma la stessa compatibilità con i principi di civiltà giuridica e con gli stessi fondamenti dell’ordinamento comune.

Al contrario, si è osservato, dalla parte dei più, la responsabilità oggettiva, che riguarda le società e non anche i singoli atleti, trova, nell’ottica della particolare autonomia dell’ordinamento sportivo e delle sue finalità, una valida giustificazione, rispondendo all’esigenza di assicurare il pacifico e regolare svolgimento dell’attività sportiva.

Ma ciò non vuol dire che l’Organo giudicante perde ogni potere di graduazione della pena, dovendo automaticamente trasporre nei confronti della società oggettivamente responsabile il giudizio di disvalore effettuato nei confronti del tesserato, ed eleggendo le società stesse a ruolo di meri garanti e responsabili indiretti dell’operato dei propri tesserati. E questo soprattutto in fattispecie dove và escluso ogni coinvolgimento nella materiale causalità dell’accaduto, non essendo in alcun modo materialmente riferibile alla stessa società il fatto imputato, ed in cui la società di appartenenza, oltre a non conseguire alcun vantaggio, è risultata in definitiva danneggiata, sotto molteplici profili, dalla condotta perpetrata dal proprio tesserato”. ( pagg. 6 e 7 della decisione su ricorso Novara Calcio di cui al Comunicato Ufficiale n.033/CGF, pubblicato il 27 agosto scorso).

Dalle importanti affermazioni sopra trascritte si evince che la Corte,pur ribadita la ritenuta necessità pratica della responsabilità oggettiva, tuttavia, ne deve ammettere la problematicità sotto il profilo giuridico e, in specie, sotto quello della sua compatibilità con l’ordinamento generale.

E’ ben vero che, ammesso ciò, la Corte, peraltro, ne ritiene la legittimità, almeno come tesi prevalente, richiamandosi all’autonomia e specificità dell’ordinamento sportivo. Resta, però, il fatto, come rilevato e come la stessa Corte non può disconoscere, che l’istituto della responsabilità oggettiva suscita, in ogni caso, legittimi dubbi.

A maggior ragione, poi, se risulta, come nella fattispecie, che la società (Novara Calcio) era stata la prima ad aver adottato, in epoca non sospetta, il modello organizzativo ex decreto legislativo n. 231/2001, reso obbligatorio dalla FIGC per tutte le società di calcio dal 1 ° luglio scorso. Modello che, come noto, nell’ordinamento generale è finalizzato a prevenire la commissione di alcuni reati da parte di amministratori, dirigenti, dipendenti,

collaboratori di società ed enti associativi e che, qualora adottato ed effettivamente ed efficacemente attuato, vale per le società e gli enti associativi stessi come esimente da responsabilità.

Laddove risulta evidente che, avendo l’ordinamento calcistico recepito, in maniera obbligatoria dal 1 luglio scorso, il modello organizzativo ex decr. Legs. n. 231/2011, ne deve anche trarre la logica ed inevitabile conseguenza, a chiusura del sistema.

Più precisamente deve prevedere nel proprio Codice di Giustizia Sportiva che, una volta verificato l’adempimento dell’obbligo di cui sopra e che il modello organizzativo, concernente anche la prevenzione di illeciti sportivi e dell’omessa denuncia di questi ultimi, preventivamente validato dalla FIGC, sia stato effettivamente ed efficacemente attuato, esso costituisce esimente da responsabilità oggettiva di società per i suddetti illeciti o per l’omessa denuncia degli stessi da parte di propri tesserati.

Attualmente così non è, tanto è vero che la Corte, pur prendendo atto delle circostanze addotte dal Novara Calcio,non può, comunque, non sanzionare la società per responsabilità oggettiva, sebbene applicando, ai fini della graduazione

della pena, ogni, possibile attenuante, al punto che, la pur mite sanzione di 4 punti di penalizzazione inflitta in primo grado, viene ulteriormente ridotta ad appena 3 punti.

2) Attività difensive nel processo sportivo.

Nella mia analisi e nel mio commento del 27 agosto scorso, con riferimento alla decisione sul caso Conte, ho particolarmente citato quei brani della decisione stessa che enunciano e spiegano i principi informatori del processo sportivo. Processo che, pur ispirandosi, in linea di principio, ai criteri del processo penale, tuttavia, sulla base dell’autonomia e specificità dell’ordinamento sportivo, se ne discosta, soprattutto in nome della indispensabile celerità del procedimento disciplinare sportivo, per quanto riguarda la formazione della prova.

Formazione che non avviene nel dibattimento, su di un piede di sostanziale parità tra accusa e difesa, bensì nella fase delle indagini svolte dalla Procura Federale ( procedimento inquisitorio) e che, nel caso di dichiarazioni accusatorie, non consente ai difensori di controinterrogare i dichiaranti, così come, invece, avviene nel processo penale ( procedimento accusatorio). Non v’è dubbio, quindi, che nel processo sportivo sussiste una significativa asimmetria tra accusa e difesa. Asimmetria che sussiste anche in ordine alla valutazione degli elementi probatori, posto che, mentre nel processo penale si può dichiarare la colpevolezza solo ove le prove superino ogni ragionevole dubbio, viceversa, nel processo sportivo, per aversi colpevolezza, è sufficiente che, pur residuando qualche ragionevole dubbio, si raggiunga, alla luce di indizi gravi, precisi e concordanti, il convincimento di tale colpevolezza non come meramente probabilistica.

Questo, però, non significa, che, anche nel processo sportivo, alla difesa sia preclusa una rilevante attività, come è avvenuto nel caso Conte. Attività che è efficacemente tratteggiata dalla Corte nella decisione relativa al ricorso SEMERARO ( Comunicato Ufficiale n. 035/CGF, pubblicato il 27 agosto scorso).

A pag. 9 della suddetta decisione si può leggere : “Queste Sezioni Unite esprimono l’avviso che la previsione dell’art. 37, comma3, CGS, secondo cui è consentita la produzione di nuovi documenti davanti alla Corte di Giustizia Federale, implichi, nella sua formulazione letterale, una doppia esigenza. Da un canto, la nozione di documento và intesa nel senso del carattere scritto, e non necessariamente ufficiale, della produzione stessa: ad imprimere l’inderogabile carattere dell’ufficialità avrebbe potuto soccorrere l’uso del termine atto, quale espressione inglobante la necessità di una provenienza qualificata della produzione e non indifferenziata. In secondo luogo, è da rilevare che l’ammissibilità della produzione in parola non è subordinata dalla norma alla circostanza della sua precostituzione rispetto al giudizio di primo grado. In particolare, è da ritenere che non solo sia consentita in appello la produzione di altri documenti, ulteriori a quelli presenti agli atti del giudizio di primo grado. Deve riconoscersi l’ammissibilità anche di documenti formati successivamente a tale fase processuale, non potendosi desumere dalla prescrizione normativa in esame alcuna forma di preclusione, solo concepibile nei limiti della sua esplicita indicazione testuale. Naturalmente, l’ammissibilità dal punto di vista materiale della nuova produzione documentale non garantisce alla stessa automaticamente la qualificazione in termini di rilevanza ai fini della decisione, che può solo conseguire ad una analisi critica riservata al dominio della Corte. Sempre in via preliminare è stata dai terzi controinteressati sollevata la questione della legittima utilizzazione in questa sede del verbale di informazioni rese ai sensi della’art. 391 bis c.p.p. Giova ripetere che anche in questo caso non vi sono ostacoli normativi all’acquisizione di tale materiale probatorio, alla condizione che esso sia stato legittimamente formato,secondo il criterio che occorre la presenza all’interrogatorio anche del difensore della persona chiamata a rendere le informazioni se questa è sottoposta a indagini o a procedimento penale in concorso con quella il cui il difensore abbia sollecitato l’atto istruttorio.”

Dunque, secondo la Corte, la difesa, in primo e secondo gardo può produrre documenti che non devono avere necessariamente il crisma dell’ufficialità, nel senso specificato dalla Corte stessa, nonché può produrre, in secondo grado, documenti nuovi non prodotti in primo grado, non necessariamente formati prima di quest’ultimo.

Non solo, ma, sempre secondo la Corte, ben possono essere prodotti, anche in secondo grado, documenti contenenti dichiarazioni ed informazioni raccolte dalla difesa, così come prevede l’art. 391 bis c.p.p, purchè con le garanzie disposte da tale articolo.

In questo modo, il processo sportivo che, pure, come si è già osservato, si differenzia sostanzialmente da quello penale, tuttavia, si apre all’ingresso in esso di un importante strumento a disposizione ed a favore della difesa.

Strumento previsto, per l’appunto, dall’art. 391 bis c.p.p. e che consiste nella possibilità di indagini difensive.

Non è un caso che, proprio nel processo di secondo grado relativo a Conte, come da me già sottolineato nel mio studio ( punto n. 5 ) del 27 agosto scorso, il collegio difensivo del sunnominato si sia ampiamente avvalso delle suddette indagini difensive, riversando in atti documenti che raccoglievano dichiarazioni a discolpa dell’accusato, con le garanzie previste dal citato art. 391 bis c.p.p; dichiarazioni che sono risultate decisive ai fini del proscioglimento di Conte dall’accusa di omessa denuncia relativamente alla gara Novara-Siena.

Avv. Massimo Rossetti

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