Dura da oltre sessant'anni la maledizione dell'Olimpico giallorosso per il Genoa

Domenica 17 maggio 1953 una partita della 5a Coppa Internazionale tra l’Italia e la formidabile Ungheria di quel tempo inaugurò lo Stadio “Olimpico” di Roma, che sette anni dopo sarebbe stato il teatro principale dell’unica edizione dei Giuochi Olimpici estivi finora ospitata dall’Italia. I magiari si imposero nettamente per 3-0. La domenica successiva la Lazio […]


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Domenica 17 maggio 1953 una partita della 5a Coppa Internazionale tra l’Italia e la formidabile Ungheria di quel tempo inaugurò lo Stadio “Olimpico” di Roma, che sette anni dopo sarebbe stato il teatro principale dell’unica edizione dei Giuochi Olimpici estivi finora ospitata dall’Italia. I magiari si imposero nettamente per 3-0. La domenica successiva la Lazio ospitò nell’ultima sua esibizione interna del Campionato 1952/1953 la Juventus, da cui venne sconfitta 0-1. Un po’ meglio andò sette giorni dopo alla Roma, che nel suo «battesimo» nel nuovo impianto, come le altre due formazioni ospitanti che l’avevano preceduta, non trovò la via del goal, ma almeno mantenne inviolata la propria porta, ottenendo la divisione della posta in palio con i ferraresi della Società Polisportiva Ars et Labor, universalmente nota con l’acronimo di S.P.A.L..

Visto che fino al 1958 non si sarebbe disputata la Coppa Italia, la cui ultima edizione si era giocata nel 1942/1943, per attendere un quarto incontro ufficiale all’“Olimpico” si dovette attendere l’inizio del Campionato 1953/1954. Il calendario aveva stabilito che ad affrontare la Roma fosse il Genoa, che nel Campionato 1950/1951 aveva condiviso con la formazione capitolina la retrocessione in Serie B ed aveva impiegato due anni, anziché uno come il sodalizio giallorosso, a ritornare nella massima categoria. Fino a quel momento il Genoa aveva una lusinghiera tradizione negli incontri con i giallorossi all’ombra del «Cupolone», avendo ottenuto una vittoria, due pareggi e sei sconfitte nell’impianto di Testaccio e cinque vittorie e quattro sconfitte nello stadio che domenica 10 giugno 1934 aveva visto trionfare per la prima volta nella Coppa Rimet la Nazionale Italiana (quello stadio che nel corso del tempo è stato intitolato al Partito Nazionale Fascista, al Comitato Olimpico Nazionale Italiano e, dopo la Tragedia di Superga, al Torino per poi chiamarsi “Flaminio” ha ospitato dopo l’edificazione dell’“Olimpico” altre tre sfide tra Roma e Genoa, due di Coppa Italia, con una vittoria per parte, per 5-2 dei rossoblù mercoledì 5 dicembre 1962 e per 2-1 dei giallorossi mercoledì 2 settembre 1987, e una di Campionato, con successo degli ospiti per 1-0, firmato dall’uruguayano Carlos Alberto «Pato» Aguilera Nova mercoledì 17 gennaio 1990). Fin dai primi minuti di quella prima partita (in assoluto e contro la Roma) del Genoa all’“Olimpico” si capì che la «maledizione» che aveva accompagnato fino ad allora le squadre che avevano il ruolo di padrone di casa stava svanendo. Nessuno, però, avrebbe potuto pensare che tale destino sfavorevole sarebbe ricaduto così pesantemente sulle spalle del Vecchio Grifone, che nei ventinove incontri ufficiali successivi a quello di domenica 13 settembre 1953, perso per 0-4, ha messo insieme la miseria di quattro pareggi a fronte di venticinque sconfitte (il bilancio delle reti segnate dalla prima alla trentesima partita segna uno schiacciante 61-10 a favore della Roma). Agli ordini del signor Guido Agnolin sr. di Bassano del Grappa e di fronte a circa sessantamila spettatori, la Roma, per dovere di ospitalità in maglia gialla bordata di rosso con calzoncini neri, si lanciò subito all’attacco contro la blasonata avversaria, di cui cercò – riuscendovi – di sfruttare l’emozione derivante dall’esordio, dopo due anni di assenza, nella massima serie e per di più in uno scenario così imponente. Al 18’ del 1° tempo il danese Helge Christian «lo zingaro del gioco» Bronée fece partire un cross rasoterra al centro dell’area di rigore su cui il mancato intervento del compagno di squadra Lorenzo Bettini determinò una sfortunata deviazione con il piede destro di Bruno Gremese II (vedi foto), a cui l’estremo difensore genoano Enrico Gualazzi, che si stava spostando verso destra cercò, senza riuscirvi, di porre rimedio con l’unico risultato di riportare una distorsione al ginocchio sinistro (sarebbe stata quella l’unica apparizione in quella stagione, in cui il ruolo di estremo difensore rossoblù venne validamente ricoperto da Angelo «Nani» Franzosi, per lo sfortunatissimo portiere cremonese, bersagliato dagli infortuni e costretto da un ulteriore all’abbandono dopo quattro presenze in quella successiva). Dopo soli tre minuti un gran tiro di destro da una ventina di metri dell’ex rossoblù Celestino Celio I si stampò contro la traversa e Giancarlo «Testina d’oro» Galli fu più lesto dei difensori genoani a scattare verso il pallone, che, colpito di testa in tuffo, finì per la seconda volta in fondo alla rete degli ospiti. Al 25’ di quella prima frazione di gioco un’incertezza di Gualazzi, forse determinata dalla menomazione fisica subita (all’epoca i giocatori non potevano essere sostituiti), pose definitivamente fine alle speranze rossoblù di fare risultato: su un cross dalla destra di Egisto Pandolfini per Galli il portiere rimase disorientato dal mancato intervento del centrattacco romanista e non riuscì nell’estremo tentativo di respingere il pallone con il piede destro. Al 15’ della ripresa il Genoa confezionò l’unica azione pericolosa dell’incontro con una forte conclusione ravvicinata del norvegese Ragnar Nikolay Larsen (l’unico con l’altro scandinavo, il danese Niels Bennike, stoicamente sceso in campo dopo una notte insonne per il mal di denti, a giocare a un livello dignitoso), indirizzata all’angolo sinistro alto della porta della Roma, che venne bloccata con un plastico intervento da Giuseppe «Bepi» Moro. A tre minuti dalla fine, approfittando di un’incertezza in disimpegno di Fusco «Palla di gomma» Becattini I sr., Galli effettuò dalla linea di fondo campo del versante sinistro dell’attacco romanista un traversone che venne girato in porta di testa da pochi metri da Alcides Edgardo Ghiggia, l’uruguayano che aveva segnato al Brasile la rete della vittoria nel decisivo incontro della Coppa Rimet 1950 al “Marcanà” di Rio de Janeiro domenica 16 luglio e che quel giorno esordiva nel Campionato Italiano.

Domenica 19 novembre 1967 la Roma, non impegnata nel massimo campionato, perché il giorno precedente la Nazionale Italiana aveva affrontato in una partita del Girone Eliminatorio 6 del Campionato Europeo (che poi avrebbe vinto) la Svizzera a Berna (l’incontro era terminato 2-2), e il Genoa, militante in Serie B, che osservava il turno di riposo del girone d’andata (fu quella la terza ed ultima volta su settantotto – compreso il campionato attuale – che ai nastri di partenza di un campionato cadetto a girone unico si presentò un numero dispari di squadre, ventuno come nel 1950/1951, mentre nel 1937/1938 erano state diciassette), si affrontarono all’“Olimpico”, alla presenza di circa diecimila spettatori, in una partita amichevole, che fu vinta grazie a una rete di Antonio Colombo a un quarto d’ora dalla fine dalla formazione rossoblù. Quell’unico successo genoano per 1-0 non ha, però, rilevanza statistica, non avendo valore ufficiale l’incontro. 

Stefano Massa

(membro del Comitato Ricerche e Storia del Museo della Storia del Genoa)

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