Genoa-Bologna 1925: la grande truffa

In occasione dei 90 anni della finale disputata a Torino tra Genoa e Bologna, finita con il vergognoso episodio dei numerosi colpi di pistola sparati alla stazione del capoluogo piemontese dai tifosi bolognesi ai genoani, riprendiamo questo brano del libro di Gianluigi Venturelli “Genoa, una leggenda in 110 partite” della Nuova Editrice Genovese. E’ il […]


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In occasione dei 90 anni della finale disputata a Torino tra Genoa e Bologna, finita con il vergognoso episodio dei numerosi colpi di pistola sparati alla stazione del capoluogo piemontese dai tifosi bolognesi ai genoani, riprendiamo questo brano del libro di Gianluigi Venturelli “Genoa, una leggenda in 110 partite” della Nuova Editrice Genovese. E’ il racconto del ciclo di sfide tra le due squadre conclusesi con la vittoria del Bologna, dopo una serie di gravissime ingiustizie perpetrate ai danni del Grifone.

Genoa-Bologna 2-2

Milano, 7 giugno 1925

Formazioni

Genoa: De Prà, Bellini, De Vecchi, Scapini, Burlando, Leale, Neri, Alberti, Catto, Moruzzi, Santamaria.

Bologna: Gianni, Borgato, Gasperi, Giordani, Baldi, Genovesi, Pozzi, Perin, Della Valle, Schiavio, Muzzioli.

Reti: Catto (G) 12’, Alberti (G) 43’, Muzzioli (B) 61’, Schiavio (B) 85’.

Arbitro: Mauro.

Dopo aver vinto a Bologna e perso in casa la doppia finale della Lega Nord con i rossoblù petroniani, il Genoa affronta lo spareggio ignaro di cosa lo aspetti. I giocatori rossoblù scendono sul campo neutro di Milano in viale Lombardia, decisi a portare la vittoria, il campionato e la prima stella sulla maglia. Sono quasi tutti genovesi e genoani, parlano il dialetto del “Balilla” e il Genoa è parte della loro vita. Per loro non è solo un incontro di calcio ma qualcosa di più. Lo stadio è gremito di tifosi arrivati da Genova e da Bologna in quantità superiore al previsto, ai quali si aggiungono gli appassionati di calcio milanesi, attratti da una partita che non a caso farà epoca.

Il Genoa è la squadra più celebre d’Italia, avvolta nel mito dei pionieri e forte di nove campionati vinti. Il Bologna è la squadra emergente che vuole conquistare una posizione di primato in Italia.

E’ uno scontro al calor bianco.

E’ anche lo scontro tra la scuola inglese rappresentata da Mr. Garbutt e quella danubiana di Felsner, l’allenatore del Bologna.

Gioco aggressivo, ad ampio respiro, votato all’attacco, tipicamente anglosassone, da parte dei rossoblù genoani. Classico, armonioso, espressione della grande cultura mitteleuropea, quello dei petroniani. E’ una sfida tra due culture calcistiche che esprimono due mondi profondamente diversi tra loro, più che una semplice partita di calcio. Ma il Bologna ha nel suo arco una freccia in più rispetto al Genoa: gli squadristi.

La folla supera abbondantemente il numero massimo di spettatori che lo stadio può contenere. E allora cosa accade? Che nel parterre gli squadristi al seguito del Bologna sfondano la rete di cinta ed entrano in campo, sistemandosi lungo la linea laterale e dietro le porte, armati di pistole e randelli. E qui viene a galla un fatto inspiegabile: manca il servizio d’ordine!

In queste condizioni l’arbitro Mauro non vorrebbe far giocare.

Poi, avute dagli organizzatori assicurazioni sull’arrivo di numerosi agenti di polizia, decide di iniziare. In realtà non arriverà nessuno, ma Mauro lascerà giocare lo stesso, con gli squadristi bolognesi a bordo campo.

Le cronache riferiscono di decine e decine di tifosi e squadristi bolognesi dietro le porte, persino appoggiati ai pali. E l’arbitro Mauro dirà in un’intervista al giornalista Mario Zappa che in quelle condizioni non riusciva a vedere le bandierine del corner, e i segnalinee non riuscivano a seguire le azioni in fase, perché ostacolati nella corsa dai tifosi del Bologna a bordo campo.

Quando finalmente l’incontro ha inizio, al Genoa bastano poco più di dieci minuti per essere già in vantaggio.

Azione da manuale: da Scappini a Santamaria a Neri, tutto di prima come vuole Mr. Garbutt, massima velocità d’esecuzione per sorprendere la difesa avversaria. E infatti il Bologna è preso scoperto. Cross immediato di Neri, entra Catto e palla nel sacco. Entusiasmo a mille dei tifosi rossoblù che debordano verso il campo da gioco, momenti di euforia incontrollata, poi si ristabilisce l’ordine. Il Genoa non molla la presa, il Bologna è alle corde e non riesce a uscire dall’angolo. Eppure si tratta di una grande squadra! Ma questo è un Genoa stellare, non a caso diventato leggenda, che è ad un soffio dal cucire prima squadra in Italia, la stella dei dieci campionati sulla maglia.

Stella che ai tifosi sembra già mezza cucita quando, alla fine del primo tempo, il Genoa va al raddoppio con Alberti pronto a girare in porta una combinazione Moruzzi-Catto. Con due reti di vantaggio e soli 45’ minuti da giocare, il più è fatto pensano tutti.

Ma il diavolo ci mette la coda, sotto forma di un arbitro che non ha il coraggio di applicare il regolamento, spaventato dall’esuberanza minacciosa dei tifosi bolognesi. A mezz’ora dalla fine, infatti, col punteggio sempre nettamente a favore del Genoa, Muzzioli detto “Teresina” scatta nella posizione d’ala e col pallone incollato al piede si presenta solo in area di rigore del Genoa. Momento di panico per i tifosi genoani, ma quando parte il tiro, la palla finisce fuori. Direttamente o deviata da un balzo di De Prà?

Mauro non ha dubbi e assegna il corner. E qui c’è il colpo di scena: la palla appare improvvisamente dentro la porta di De Prà e i giocatori del Bologna si abbracciano! Chi ha messo la palla in fondo la rete?

Sono stati gli squadristi bolognesi che stazionavano dietro la porta di De Prà, sostengono i giocatori del Genoa, e quindi non è gol!

Anche per l’arbitro Mauro, che al giornalista Mauro Zappa dichiarerà di non avere assolutamente visto la palla entrare in rete, non è gol.

Ma i tifosi del Bologna sono padroni del campo e non vogliono sentire ragioni e Mauro forse ha paura. Prima minaccia di andarsene. Successivamente, forse convinto da Arpinati che è una potenza, dirigente della Federazione calcio e del Regime, oltre che tifoso del Bologna, si arrende e concede il gol.

Sono passati 14’ dall’interruzione della partita.

Prima di far riprendere il gioco Mauro parla con De Vecchi e lo rassicura sul fatto che per lui la partita è finita e il Genoa avrà riconosciuta la vittoria con l’applicazione dell’articolo 50. Per i giocatori del Bologna invece la partita continua, e alla ripresa del gioco attaccano alla ricerca del pareggio, ottenendolo con Schiavio grazie alla compiacenza dell’arbitro, ormai in balia dei tifosi bolognesi, che non punisce una trattenuta di Pozzi a De Prà che stava per apprestarsi alla parata. La partita finirà sul 2-2, ma non verranno giocati i tempi supplementari perché il Genoa, forte della dichiarazione fatta da Mauro a De Vecchi, rifiuta di giocarli.

Poi Mauro cambierà versione e dirà che la partita è da ripetere perché giocata in condizioni non regolamentari, anche se era stato proprio lui a permettere di giocare in quelle condizioni!

Mentre a Milano stanno accadendo questi fatti eccezionali, a Genova, in Piazza De Ferrari mano a mano che il pomeriggio si inoltra verso la sera, aumenta il numero dei genoani in attesa di notizie, gli occhi fissi verso il Carlo Felice nell’angolo dove solitamente vengono esposti i risultati delle partite di campionato.

A un certo punto la folla è così numerosa da impedire la circolazione delle auto ed è necessario l’intervento di numerosi vigili urbani per aprire qualche varco ai veicoli. La stessa scena si ripeterà quarantatrè anni dopo, nel 1968, ma col Genoa in lotta per non retrocedere in C, a dimostrazione che i tempi erano cambiati profondamente, ma i genoani no.

Visto che il risultato continuava a non arrivare, i più pensano che siano stati necessari i tempi supplementari…Poi improvvisamente ecco un susseguirsi di notizie che aggiornano sulla situazione, ma lungi dall’esaudire l’interesse dei tifosi, ne aumentano la curiosità.

C’è anche chi telefona nella Sede della Società. Nessuno vuole andare a casa senza sapere esattamente cosa sia accaduto. Si accavallano le ipotesi e i più tenaci restano a discutere fino a dopo mezzanotte quando finalmente arrivano i primi testimoni oculari e racconteranno i fatti. Il Genoa alla fine dovrà accettare di rifare la partita in campo neutro questa volta a Torino. La partita finirà in pareggio 1 a 1 ma alla stazione dal treno dei tifosi bolognesi partiranno molti colpi di pistola contro il treno dei genoani, e solo per sorte non ci scappa il morto.

Scatta un’inchiesta al termine della quale la polizia ferroviaria di Torino dichiarerà che a sparare sono stati solo i tifosi bolognesi. A questo punto i dirigenti genoani capiscono che la situazione non è più sotto controllo, e di fronte al rischio dell’incolumità personale, dichiarano di rifiutarsi di giocare ancora, salvo che non vengano puniti i responsabili della sparatoria.

Invece di punire i responsabili, Roma provvede ad emanare un ordine di quelli che non si discutono: o il Genoa gioca, oppure verrà radiato. Genoa e Bologna vengono convocate in tutta segretezza a Milano sabato 8 agosto, in pieno sol leone. Il mattino dopo per De Vecchi e compagni sveglia alle quattro, poi a tavola per uno spuntino e subito dopo partenza verso un campo da gioco della periferia.

“Il morale degli uomini di De Vecchi costretti a disputare una partita troppo polemica – scrive Renzo Bidone testimone oculare – era quello di un condannato che si reca al patibolo, quello dei rossoblù bolognesi naturalmente allo zenit”.

Tutto sapeva di messa in scena e i giocatori del Genoa avevano capito in che modo doveva finire quel campionato.

Nella luce dell’alba la partita ha un sapore irreale. Il Bologna, cabalisticamente in maglia verde, va a segno verso la mezz’ora e raddoppia a cinque minuti dalla fine. La lunga sequenza di spareggi finisce così col sacrificio della vittima predestinata.

Tutto questo però non deve sminuire i meriti del Bologna che era una grande squadra. Solo che in quel momento il Genoa era più forte e ha dovuto cedere a una truffa politico-sportiva costata il sogno della stella. Una truffa che lascerà un segno indelebile non solo nella tifoseria genoana, ma in tutto il mondo dello sport, come testimonierà a ottantatrè anni di distanza – il 25 settembre del 2008 – l’inglese “The Guardian” collocando al primo posto nell’elenco delle più grande truffe di tutti i tempi perpetrate nella storia del calcio mondiale, proprio quello scudetto sottratto al Genoa nel lontano 1925.

Gianluigi Venturelli

“Genoa, una leggenda in 110 partite” – Nuova Editrice Genovese

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