FEDERSUPPORTER: non c'è bisogno di altre leggi per fermare la violenza negli stadi

Non volevo scrivere nulla : negli occhi le immagini trasmesse dalla televisione testimoniavano, attraverso i volti di coloro che gestiscono il sistema calcio, l’impotenza. Erano la brutta copia dell’angoscia dipinta da Munch. Quell’urlo che è imprigionato nella tela e che cerca di liberarsi ma non può. Urla l’inutilità e l’impotenza dell’uomo, così erano quei volti […]


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Non volevo scrivere nulla : negli occhi le immagini trasmesse dalla televisione testimoniavano, attraverso i volti di coloro che gestiscono il sistema calcio, l’impotenza. Erano la brutta copia dell’angoscia dipinta da Munch. Quell’urlo che è imprigionato nella tela e che cerca di liberarsi ma non può. Urla l’inutilità e l’impotenza dell’uomo, così erano quei volti seduti nella tribuna .

Il Commento di Arrigo Sacchi apparso su La Gazzetta dello Sport di ieri 5 maggio mi ha risvegliato da questo stato di torpore: “Calcio malato. In Italia nessuno vuole le regole”

Sembra il titolo di uno dei tanti articoli pubblicati da Federsupporter che, in successione di tempo, ha cercato di richiamare l’attenzione delle Istituzioni e dell’opinione pubblica sulla lenta agonia che si è impadronita del calcio.

Nella Nota allegata l’Avv. Rossetti ripercorre i tanti inviti al rispetto delle regole da parte di tutti e come enfatizzato nel ricordato articolo di Sacchi di ”  dirigenti calcistici, calciatori, politici… tutti  quelli che per menefreghismo o opportunismo hanno permesso che il loro ( dei delinquenti tifosi) potere crescesse”.

E’ quello stesso calcio che ha dedicato ore ed ore, articoli e fiumi di interviste, per lo più inutili se non per chi voleva o doveva dire comunque qualcosa,   al “fattaccio brutto di Roma” e non è riuscito, o meglio non ha voluto, ricordare i 65 anni del dramma di Superga. Neppure lo spostamento della gara con il Chievo, pur richiesto alla Federazione,   per permettere la tradizionale commemorazione del 4 maggio alle ore 17,05!

Ero un bambino, appiccicato alla radio che commentava quel dramma sportivo e piangevo come se avessi perso qualcuno di famiglia. E sì perché quegli uomini, quegli sportivi, quei visi che conoscevo solo dalle figurine, facevano parte della vita di ognuno. Erano il mio, il nostro, orgoglio.

Quell’orgoglio e quel senso di appartenenza che sono stati, per l’ennesima volta, stuprati dagli attori di un mondo che si muove solo per interessi economici e politici, per il potere per il potere e nel quale le Istituzioni sono al servizio di pochi, rovesciando il concetto abusato di civil servant.

Ed in tutta questa vicenda un episodio, anch’esso sconcertante, non tanto per i protagonisti beceri, quanto per rappresentanti di quelle Istituzioni : i fischi all’Inno di Mameli!

Sarebbe stato un gesto di grande dignità se il Presidente del Consiglio, al termine dell’Inno, anch’esso vilipeso, si fosse definitivamente allontanato dallo stadio.

E tutti a chiedere cosa fare?

Quanto poi all’invocazione unanime che i Club non debbano avere rapporti con gruppi ultras , si ignora, o si finge di ignorare, che tale divieto già esiste per legge ( art.8 legge n.41/2007).

Alfredo Parisi – Presidente Federsupporter

I fatti relativi alla finale di Coppa Italia Tim del 3 maggio 2014: a danno non si aggiunga danno.

(Avv. Massimo Rossetti, Responsabile dell’Area Giuridico-Legale)

Immediatamente dopo i fatti in oggetto ed in queste ore si è assistito e si assiste, purtroppo, ad un rituale rimpallo di responsabilità, a cori, spesso stonati e sgangherati, da parte di “indignati speciali” e di“ indignati normali”,  ad annunci di misure eccezionali e risolutive.

Si è assistito e si assiste – e si assisterà almeno fino a che tutto, come al solito, rientri nell’ordinaria routine- a declamazioni e proclami dei più svariati personaggi: declamazioni e proclami spesso caratterizzati da demagogia spicciola, da vuota retorica, dalla ricerca, in specie nell’imminenza di una prova elettorale, di consenso politico e di voti a buon mercato.

Fanno a gara tra loro, nel contesto di questo non edificante spettacolo, “Alici nel Paese delle meraviglie”, “ scopritori dell’acqua calda”, “ cultori dell’ovvio e del banale”.

E’ quasi, quindi, una “missione impossibile” cercare di riflettere su quanto accaduto in maniera seria, approfondita, obbiettiva e senza prospettare, illudendo la gente, soluzioni salvifiche e miracolistiche.

Federsupporter è, forse, uno dei pochi soggetti ad avere tutte le carte in regola per potersi occupare, nel modo di cui sopra, dei fatti accaduti in occasione della finale di Coppa Italia del 3 maggio scorso.

L’Associazione, infatti, è nata e si è sempre battuta e continuerà a battersi per un sistema sportivo e, in particolare, calcistico, non da ora nell’occhio del ciclone, finalmente liberato e libero da violenti, teppisti, facinorosi o, peggio, inquinato da infiltrazioni da parte della criminalità, più o meno organizzata, ma, nello stesso tempo, dotato di istituzioni e di persone che le incarnano assolutamente rispettabili, credibili, tali da essere ed apparire come la “ moglie di Cesare”.

I buoni esempi e le buone pratiche non possono che venire, prima di tutto e di tutti, dall’alto, per poter essere recepite e fatte proprie dal basso.

Solo istituzioni, sportive e statali, a tutti i livelli,  onorabili, credibili, rispettose delle leggi e delle regole, non forti con i deboli e deboli con i forti, possono pretendere ed ottenere fiducia, rispetto ed obbedienza.

Gli unici commenti, finora, sensati e condivisibili su quanto accaduto sono stati quelli di un magistrato, il Dr. Raffaele Cantone, il quale, da anni, non a caso, si occupa dei fenomeni di violenza e criminalità nel calcio.

Egli ha sostenuto, così come da sempre sostiene Federsupporter, che ciò di cui v’è bisogno non sono altre leggi, essendo più che sufficienti, anzi, persino, sovrabbondanti, quelle già esistenti, bensì v’è bisogno di applicarle in maniera efficiente ed efficace e che i fenomeni di violenza e criminalità nello sport, segnatamente nel calcio, non si combattono, solo o prevalentemente, con l’impiego di strumenti e mezzi repressivi.

A tale proposito, va richiamato l’eccellente e prezioso lavoro, cui ha dato un proprio, non irrilevante, contributo Federsupporter, portato recentemente a termine, nell’ambito del Comitato di Analisi per la Sicurezza delle Manifestazioni Sportive ( CASMS) del Ministero dell’Interno, dal Gruppo tecnico presieduto dal Prefetto, Dr. Vincenzo Panico, per opera di  una speciale task force dedicata a studiare e valutare i pericoli derivanti da manifestazioni sportive.

In particolare, il citato lavoro si è focalizzato sull’importanza e sull’esigenza che, al di là delle normative e degli strumenti di prevenzione dei suddetti pericoli e di repressione di manifestazioni di violenza e di criminalità, è fondamentale istituire, in maniera strutturata, organica e sistematica, rapporti tra società sportive e sostenitori basati sul dialogo, sul confronto e sul costante coinvolgimento dei secondi nella vita e nelle scelte strategiche delle società stesse.

Solo, infatti, chi si sente coinvolto e partecipe è, almeno tendenzialmente e nella maggior parte dei casi, ad eccezione di frange, peraltro ineliminabili, originariamente e funzionalmente vocate alla violenza ed alla criminalità, alieno dall’assumere atteggiamenti e comportamenti scorretti o, addirittura, illeciti.

A questo scopo, altrettanto fondamentale è un’opera, continua, penetrante ed efficace, a tutti i livelli e fin dalle più tenere età, di educazione e formazione volte a realizzare un vero e proprio fair play sportivo, oltre che  finanziario.

E, da questo punto di vista, non va certamente trascurato il ruolo dei mass media e dei protagonisti dello sport ( atleti ed allenatori) che debbono – dovrebbero- essere il modello – e, spesso, non lo sono- del suddetto fair play sportivo, senza provocare o alimentare, magari in maniera strumentale per ragioni commerciali o competitive, polemiche, sospetti, contrapposizioni.

Finora, per lo più, in tema di rapporti tra società e sostenitori e di partecipazione di questi ultimi alla vita delle prime, alle quali, oltre a dare la loro passione, danno, direttamente o indirettamente, il principale sostegno economico, si è fatto poco o nulla.

Gli SLO ( Supporter Liaison Officer), vale a dire i Dipartimenti dei rapporti con i tifosi, voluti dalla UEFA sin dal 2011 e previsti  obbligatoriamente dalla FIGC per le società di calcio dal 2012, sono rimasti , in pratica, sulla carta, essendo le suddette società, almeno nella stragrande maggioranza dei casi, di proprietà o controllate, non da imprenditori, bensì da “padroni”.

Da soggetti, cioè, che concepiscono le società stesse come esclusiva “ cosa loro”, da gestire e gestite con principi e metodi assolutistici ed autoritari, ispirati ai primi del ‘900 e contrari ad ogni moderna, efficiente ed efficace best practice in materia di management.

Principi e metodi refrattari ad ogni forma di ingerenza nella gestione societaria, ad ogni criterio di customer satisfaction, privi di qualsiasi orientamento al marketing e, perciò, con assoluta chiusura verso l’esterno e con assoluta autoreferenzialità.

Principi e metodi che vedono nel tifoso, non un pregiato e prezioso cliente, oltreché un appassionato sostenitore, bensì un minus habens o, al massimo, un “ utile idiota” da padroneggiare e sfruttare a proprio piacimento, se, e quando, ritenuto conveniente ai propri egoistici interessi personali.

Padroni che, al contrario degli imprenditori, non mirano a creare sviluppo e ricchezza per la propria impresa e per gli stakeholder di essa, bensì solo a ricercare più poteri, più vantaggi e più soldi per sé stessi.

Ecco, dunque, i continui litigi per accaparrarsi , nell’immediato e senza alcuna lungimiranza, fette le più ampie possibili, di ricavi da diritti televisivi: una rendita di posizione destinata sempre di più ad inaridirsi, senza alcuna o con scarse iniziative, a parte alcune rare eccezioni, per incrementare i ricavi dalla vendita di biglietti, da sponsor, dal merchandising.

Ecco, altresì, la querelle relativa alla legge sugli stadi, bloccata per anni in Parlamento, perché, in realtà, con il pretesto della realizzazione di nuovi, moderni impianti polifunzionali, alcuni volevano surrettiziamente realizzare enormi speculazioni edilizie, in barba ed in spregio di strumenti urbanistici e di vincoli ambientali, nonché usufruendo di notevoli finanziamenti pubblici.

Che dire, poi, di esponenti apicali delle istituzioni sportive coinvolti in processi per frode sportiva e per altri gravi reati che l’hanno fatta franca e la fanno franca grazie alla “santa prescrizione” o che, nonostante definitivamente condannati per un tipo di reati previsti dall’ordinamento sportivo quali cause di ineleggibilità e decadenza da cariche, continuano, come se nulla fosse, a ricoprire tali cariche, grazie ad interpretazioni delle norme del predetto ordinamento che richiamano alla mente le parole dello statista Giovanni Giolitti , il quale soleva dire che “ le leggi per gli amici si interpretano ai nemici si applicano”.

L’onorabilità, la credibilità, l’autorevolezza ed il rispetto, lo tengano presente gli esponenti delle istituzioni, statali e sportive, non sono date ed acquisite per il solo fatto di occupare determinate cariche o di svolgere determinati incarichi, viceversa, si acquisiscono e si ottengono con i comportamenti e con i fatti.

E, a proposito di comportamenti e di fatti, suscita, invero, perplessità che l’attuale Ministro dell’Interno, peraltro un giurista, possa avere affermato che ciò che serve è il “ Daspo a vita”.

Laddove, a parte i più che evidenti dubbi di legittimità costituzionale di una misura del genere, ciò che non serve è proprio quanto preannunciato.

I fatti della finale di Coppa Italia del 3 maggio scorso stanno, in maniera solare, a dimostrarlo.

Il presunto sparatore che ha ferito gravemente il tifoso del Napoli era ed è, infatti, un soggetto già sottoposto a Daspo: cosa che, evidentemente, non gli ha affatto impedito di compiere il gesto che ha o avrebbe  compiuto.

Il Daspo, pur a vita, impedisce solamente l’accesso agli stadi, ma non impedisce né può impedire che il soggetto “daspato” possa compiere gesti violenti o criminali al di fuori di tali impianti.

Ciò che serve è, invece, l’applicazione delle norme che ci sono con una organizzazione e con risorse, quantitative e qualitative, adeguate.

Al riguardo, occorre essere consapevoli del fatto che, nel nostro Paese, gli unici soggetti costituzionalmente deputati ed abilitati all’uso legittimo della forza, onde prevenire e reprimere fatti criminosi, sono le Forze dell’Ordine e nessun altro.

Conseguentemente è inutile che si continui ad invocare il cosiddetto “modello inglese”, in cui, in conformità alle norme di quel Paese, gli steward possono allontanare, anche, ove occorra, con la forza, dagli stadi chi si comporta non correttamente ed in cui i predetti steward sono addestrati, selezionati, reclutati e pagati alla bisogna.

In Italia gli steward hanno solo il nome dei loro colleghi inglesi, ma, nella realtà, sono spesso dei soggetti, mal o poco pagati, ai quali le società fanno indossare una “pettorina” privi di qualsiasi potere di fermare o allontanare chicchessia ed esposti agli insulti ed anche alle violenze dei facinorosi di turno.

Bisognerebbe, altresì, mettersi finalmente d’accordo su quale deve essere la presenza ed il ruolo delle Forze dell’Ordine in occasione di eventi sportivi.

Presenza che non può considerarsi, come si è visto, alternativa a quella degli steward, posti i ben diversi poteri, preventivi e repressivi, delle une e degli altri.

Se la questione è solo o prevalentemente economica, non volendosi o non potendosi addossare a tutti i cittadini le spese relative, allora si istituisca un contributo speciale obbligatorio sui ricavi delle società da diritti televisivi, da destinarsi al finanziamento dei suddetti oneri.

Quanto al ruolo, non si può pretendere di coniugare, almeno efficacemente, l’impiego delle Forze dell’Ordine  volto esclusivamente o principalmente al contenimento di disordini con l’impiego volto all’arresto immediato di violenti e facinorosi.

D’altro canto, l’inefficacia di tale difficile coniugazione è dimostrata dallo scarso numero di arresti effettuati a seguito di disordini in occasione di manifestazioni sportive, e non solo;  il che finisce per fortemente limitare, in chiave repressiva, sanzionatoria e dissuasiva, l’efficacia del, pur già previsto, strumento dell’arresto differito e dello stesso Daspo.

Questi sono gli argomenti su cui riflettere ed in ordine ai quali prendere decisioni, abbandonando sterili proclami e declamazioni e annunci di nuove norme “straordinarie ed eccezionali”, in aggiunta a quelle che già, e ad abundantiam, ci sono, di dubbia o nessuna legittimità costituzionale, ma, soprattutto, del tutto inutili ed inefficaci. 

Facciano le istituzioni sportive, se vogliono risultare autorevoli e credibili, prima di tutto, pulizia in casa propria, prima di pretenderla dai tifosi.

Ai rei ed ai criminali venga pure interdetto l’accesso agli stadi, ma venga, soprattutto, interdetta la possibilità di continuare a delinquere nella vita e nella comunità civile.

Venga permesso alle Forze dell’Ordine di fare il loro mestiere, con risorse e mezzi adeguati, senza se e senza ma, non pretendendo tutto ed il contrario di tutto, senza accusarle, di volta in volta, a seconda dei casi e, in specie, delle opportunità e delle utilità politiche, di eccessi o di carenza di interventi, dovendosi, comunque, sempre esigere lo scrupoloso rispetto dei diritti inalienabili di ogni cittadino.

Non vengano genericamente criminalizzati i tifosi, in maniera indiscriminata, presunta ed in quanto tali, anche i più appassionati e calorosi, ma che si comportano entro i limiti del legittimo e del lecito.

Non si prendano a pretesto i dolorosi fatti in oggetto per tacciare di soggetti violenti e pericolosi quei sostenitori che, del tutto legittimamente, lecitamente e pacificamente, vogliono disertare gli stadi, perché non condividono le politiche e le gestioni societarie.

Né si additino, come modelli di lotta alla violenza negli stadi e di contrasto al potere di gruppi criminali, soggetti definitivamente condannati per reati previsti dall’ordinamento sportivo quali cause di ineleggibilità e decadenza da cariche sportive, i quali, evidentemente, modelli non sono, non possono e non devono essere, sotto nessun profilo e per nessuno.

Avv. Massimo Rossetti 

Responsabile area legale Federsupporter

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