Allievi negli ottavi di finale. Mister Fasce: “Merito della forza del gruppo”

Trionfo a mani basse, mamma mia. La qualificazione degli Allievi alle finali tra le migliori otto d’Italia, è stata la ciliegina di una torta che, negli ultimi anni, ha sfamato la fame di successi nel settore giovanile. C’è tempo per l’abbuffata. Lo chef della squadra, Giovanni Fasce, elenca gli ingredienti di una stagione dolcissima. “Al […]


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Trionfo a mani basse, mamma mia. La qualificazione degli Allievi alle finali tra le migliori otto d’Italia, è stata la ciliegina di una torta che, negli ultimi anni, ha sfamato la fame di successi nel settore giovanile. C’è tempo per l’abbuffata. Lo chef della squadra, Giovanni Fasce, elenca gli ingredienti di una stagione dolcissima. “Al primo posto metto la forza del gruppo. Un gruppo coeso, omogeneo, costituito di 24 titolari. Non è stato semplice cambiare alcune cose all’inizio, come non è stato facile per i ragazzi adattarsi alle richieste, anche se fa parte del loro percorso misurarsi con vedute diverse. Di base abbiamo adottato un 4-3-3 variabile, il vestito che si confaceva. E’ lunga la lista dei ringraziamenti. A cominciare dal responsabile Sbravati e dal ds Bega, che mi hanno messo nelle condizioni di operare al meglio”.

In fondo, per uno nato genoano, è stato facile riaprire la porta di casa e tornare ad assaporare il calore di una famiglia. “Sapevo di avere un buon gruppo, siamo andati oltre le aspettative. Marcello Donatelli è stato il tecnico che ha tirato su, poi mi ha consegnato questo gruppo: ha fatto un gran lavoro. Ed è stato importante avvalermi della collaborazione di Corradi e Minetto, per inquadrare i ragazzi sotto il profilo caratteriale e psicologico. Un allenatore ha bisogno di entrare nel loro mondo, di conoscere le dinamiche familiari, per rapportarsi in base alle prerogative di ognuno”. Restano due partite prima della fine del girone. “E’ stato un campionato straordinario, la sosta pasquale permetterà di tirare il fiato. Alle finali troveremo squadre fortissime, l’obiettivo è dare il massimo”.

Impossibile per lui, genovese purosangue, dimenticare il vocione di Franco Scoglio. Il tecnico che dopo la trafila nelle giovanili, lo aveva chiamato in prima a cavallo degli anni Ottanta e Novanta. “Avevo 13 anni quando entrai nel Genoa, fu Ivo Parodi a segnalarmi, il grande Ugo Rosin il primo allenatore. A quei tempi effettuavamo gli allenamenti sulla terra del Pio. Ricordo le giornate da adolescente trascorse nel quartiere di San Teodoro dove sono cresciuto. Quando uscivamo da scuola andavamo a Villa Giuseppina o alla parrocchia di San Rocco, per giocare partite che duravano all’infinito. Stare per strada non comportava le preoccupazioni di adesso. Si respirava una bella aria intorno. Dopo le problematiche iniziali, l’insediamento di interi nuclei famigliari emigrati dal sud, integratisi nel tessuto portuale e industriale, avevano reso più ricco di valori e di umanità tutto il quartiere”.

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