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Se c’è qualcosa che può combattere la sfortuna, questo di certo è il talento cristallino. Una condizione che, anche di fronte al destino più crudele e bizzarro, ti farà sempre ripartire. Perché quando sei nato per fare una cosa, e ti viene naturale farla come respirare, allora potrai sempre rialzarti.
Se il talento non bastasse, bisogna aggiungere il coraggio. Coraggio che spesso, parlando di giovani sportivi, fa il paio con una sana testardaggine. Talento e coraggio non mancano di sicuro a Mattia Perin. Sono anzi alla base del suo modo d’interpretare il ruolo di portiere. Istintivo, scanzonato, spettacolare, esplosivo ed efficace. Aggettivi che ne descrivono perfettamente la tecnica quanto la personalità.
Quando doti simili si sommano a un corpo elastico e iper-reattivo, non ci si può quasi stupire di quel che Mattia riesca a mettere in campo. A 24 anni è un caposaldo del Genoa, di cui ha anche vestito la fascia di Capitano, e della Nazionale, che lo vuole erede designato di Buffon insieme al prodigioso teenager Donnarumma.
Mattia Perin ha lavorato tanto per arrivare a questo livello, anche se la semplicità con la quale è cresciuto fa pensare sia stato tutto facile. Non aveva però torto chi in lui ha sempre visto un predestinato del ruolo. Fin dalle giovanili del Genoa, per passare alla sua prima stagione da titolare nei professionisti, con il Padova. Stagione che lo ha visto eleggere miglior portiere della Serie B nel 2012, a soli 20 anni.
L’unica annata realmente difficile, anche se formante, è stata la prima da titolare nella massima serie, in forza a un Pescara non attrezzato per affrontare la categoria. Tornato a Marassi nel 2013, Perin non ha più abbandonato i tre pali a difesa del Grifone. Fino a questi sfortunatissimi ultimi mesi.
Due rotture del legamento crociato anteriore del ginocchio prima destro, ora sinistro, nell’arco di 8 mesi. Due infortuni shock, vero e proprio incubo di ogni calciatore.
Il primo, causato da uno scontro di gioco con il compagno Munoz (che sfiga!) ha richiesto un recupero di 6 mesi. Quello di ieri, ancor più beffardo, è arrivato balzando come un felino sulla linea di porta contrastando da campione gli assalti ravvicinati dell’attacco romanista.
Coraggio Mattia! Con il talento e la testa dura ci si rialza sempre, soprattutto se sei un predestinato. E tu lo sei! Ti ricordi perché sei diventato portiere…
Giocavo in cortile ed ero il più piccolo. Avrò avuto 4-5 anni. Insomma, ogni volta che mi arrivava la palla, la fermavo con le mani e poi la calciavo. Mi dissero: tanto vale che stai in porta. E mi è piaciuto. Quando entrai nella scuola calcio del Latina chiarii subito che avrei voluto fare il portiere. Risposero: accomodati, tanto quel ruolo non lo vuole nessuno”.
Elia Lavelli per Chiamarsibomber.com – Clicca qui per visitare Chiamarsibomber.com