UN TACCO DI CLASSE: Jurić, ovvero quando la bellezza del gioco si raggiunge senza campioni e assegni cinesi

Il tecnico del Genoa ha saputo dare caratteristiche importanti alla squadra ed è riuscito ad ottenere subito risultati positivi


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Tutto è bene quel che finisce bene, ma davvero son venuti i brividi ai tifosi rossoblù per quei primi 45 minuti col Crotone. Invedibili, confusionari, tormentati. Perché? Jurić lo ha spiegato: “Non era il mio Genoa, forse avevo sbagliato qualcosa nella preparazione”. Sarà: comunque, come col Cagliari, è riscattato il vecchio Grifo ed è venuto fuori quel tal Pavoletti che Ventura ha voluto in Nazionale e che potrebbe tranquillamente prendere il posto di colui (Pellé) che guadagna 1800 euro all’ora. Per fortuna c’è lui, il bomber. Preziosi rifletta: certo i quindici o venti milioni che potrebbero arrivare sono soldi santi, ma attenzione perché senza di lui l’abisso della retrocessione potrebbe incombere per tutto il percorso del campionato.

FORTE. Davvero forte, per fortuna, è stato il Grifo per una cinquantina di minuti, combattivo, equilibrato, padrone del campo. Le classifiche danno solo un 6,5 a Lazović, credo il giocatore al momento più interessante per Jurić. Non ha giocato male, dopo Cagliari la “rosea” gli aveva dedicato una rubrica, come autore del miglior gesto tecnico della giornata interessante. Anche a Pescara Lazović ha finalmente dimostrato come i “traversoni” sono importanti avendo un colpitore di testa eccezionale come Pavoletti. I suoi “cross” sono stati eccellenti. Era da tempo che non si vedevano gesti simili, fuga sul fondo e cross: che belle cose quando il calcio del passato contemplava questo meccanismo tattico! Atteso adesso anche il completamento tattico di Ocampos, involuto abbastanza, ma potenzialmente dotato di grandi possibilità. Insomma ora Jurić ha da lavorare molto, perché alla ripresa arriva la Fiorentina, e allora bisogna che il Grifo torni a giocare da “squadra di Jurić”, tecnica, aggressività e bel gioco. Con un Rincón meno… intronato del solito e Laxalt più limpido e meno confusionario, e Veloso, un poco più rapidino negli assist e nei suggerimenti, oltreché nelle “coperture”.

PERIN. Abbiamo visto un Perin in panchina, sembrava tranquillo. Davvero un peccato che l’infortunio lo abbia “tagliato” fuori sia da un campionato e soprattutto dalla Nazionale. E qui bisogna stare attenti: si sta infatti santificando (forse giustamente) un ragazzino di 17 anni che è certamente bravo, ma nasce nel mondo dei “potenti del calcio”, in una società e con un dirigente (Galliani) che ha fatto della “geo-politica” il suo modo di lavorare. E Ventura c’è cascato, dicendo che Donnarumma sarà il degno erede di Buffon, quando è risaputo che, epoca Conte, il vero erede di Gigio Buffon era ( e per noi resta) Perin. Numero due, finché stava bene. Non si vorrebbe che appunto certe scelte “politiche” tagliassero fuori Perin, lui vero numero due della Nazionale. Difendiamolo, se possibile, da certi inquinamenti politici. E Ventura, astuto genovese, non si lasci influenzare dai “corridoi” che contano.

JURIĆ. La nostra città è in vetta alla classifica. Insieme a Juve e Sassuolo. Quattro allenatori che il collega Garlando definisce “tecnici-educatori” partiti dal basso e arrivati ai vertici grazie al meticoloso lavoro quotidiano. Jurić è l’unico dei quattro ad essere arrivato ultimo alla massima serie: segno che la bellezza del gioco si raggiunge anche senza campioni e assegni cinesi.

Vittorio Sirianni

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