Allegri, Montella e infine Sarri. Sono tre allenatori italiani impegnati nelle coppe europee. Fin qui non ci sarebbe niente di male senonché il trio è legato da un filo rosso: la follia. Ne hanno parlato nelle rispettive conferenze stampa pre partita, Allegri per sorprendere il Tottenham, Montella per gabbare lo United di Mourinho e Sarri per ribaltare il gegenpressing del Lipsia. Tutti e tre si sono dissetati alla coppa della follia, elogiata nel sedicesimo secolo in un saggio di Erasmo da Rotterdam. L’umanista olandese la tratteggiò come una dea, figlia della ricchezza e della giovinezza e amica di altri vizi come la vanità, l’ignoranza, l’accidia.
La follia illumina la strada dei timorosi diventando utile come il passamano lungo la scala al buio. Erasmo fece parlare in prima persona una dea che sbeffeggiò con tono satirico i re e il papato. Nessuno lo giudicò come eretico. Nemmeno i tre allenatori che si affidano alla tanto conclamata “sana follia” per passare il turno, dimenticando che la dea in questione strizza l’occhiolino a quanto di più effimero c’è sulla Terra.
E il Genoa che rapporto ha con la follia? Semplicemente bellissimo. L’ha citata Perin prima della trasferta di Roma, dove ha avuto inizio il nuovo felice corso rossoblù. Nessuno gli diede retta eppure il Grifone batté la Lazio. E tutti sul carro a fargli i complimenti. Da quando la dea amica del Genoa ha fatto capolino tra Villa Rostan e il Ferraris la squadra di Ballardini non ha più perso un punto per strada: chissà se conoscerà anche la strada per Bologna, nella speranza che non si perda tra i peccati di un’osteria dell’appennino emiliano. Questo Genoa folle comunque piace più di un Genoa anonimo al centro della classifica perché fa dannare e innamorare tenendo, quindi, sempre viva la fiammella del tifo. Un paradosso che solo il Grifo, aiutato da una dea speciale, può riuscire a constatare.