Niente social, tanto amore per la famiglia, la musica classica e la filosofia contemporanea. Milan Badelj ha raccontato le sue passioni e i suoi interessi extra calcistici in un’intervista alla Gazzetta dello Sport. Il regista del Genoa non ha profili social: però ha conosciuto suo moglie Martina, pianista, con Msn Messenger nel 2008. Per usare un’immagine musicale e calcistica, come sua moglie, usa il metronomo per dettare al meglio i tempi del gioco ai compagni. Ecco i punti salienti.
NO SOCIAL: PERCHÈ? – «Perché sto molto bene senza: se si esce e ci si conosce di persona è meglio·Io non vivo sul telefono, preferisco trovarmi con le persone con cui sto bene e con loro voglio stare senza telefono. Un’altra cosa: alcune persone sui social riescono a vendersi diverse da come sono, Non mi piace».
COSA GLI INTERESSA SU INTERNET – «Calcio e filosofi contemporanei». In particolare «Vedo video di Zizek, di Jordan Peterson e so che il telefono me ne proporrebbe di nuovi, all’infinito».
PRIME ESPERIENZE CALCISTICHE – «Ricordo la prima maglia, una rossonera di Weah al Milan. In Croazia, tra i ragazzi, lo sport era l’unica cosa che contava: se facevi altro, venivi un po’ bullizzata».
LA FAMIGLIA – «Io lo dedico tutto ai miei figli. Giochiamo a Memory, a Monopoli, a calcio, oppure guardiamo le cose di scuola. Ora stiamo leggendo il primo Henry Potter».
IL RAPPORTO CON SUO PADRE – «Aveva fatto la guerra civile, era stato ferito». E parlava della guerra? «No mai. Gli avevano sparato e insomma, non è semplice parlare di queste cose».
QUANTI GIOCATORI VANNO ALLA SCALA? – «Nessuno, ma nessuno ha Martina. Mia moglie è pianista e grazie a lei ora mi interessa guardare, leggere, sentire, ascoltare, capire perché Mozart o Brahms hanno vissuto così. Poi è chiaro, la Boheme e la Traviata mi piacciono meno perché le capisco meno».
PARLARE DI MUSICA E DI VITA CON UN ALLENATORE – «Stefano Pioli. Con lui i pensieri arrivavano da soli».
SE GLI OFFRISSERO IL 30% IN PIÚ DI STIPENDIO MA CON L’USO OBBLIGATORIO DEI SOCIAL? – «No no, rifiuto. Ma a vent’anni, forse, avrei accettato».