La partia del Ferraris rappresenterà un doppio esame per Ballardini e Di Francesco. Entrambi gli allenatori muovono dalla medesima pretesa: confermare i risultati. Con obiettivi e necessità opposti Genoa e Roma non possono fermarsi. I giallorossi hanno quasi azzerato il distacco dall’Olimpo del campionato, dall’altra parte il Grifone ha ripreso a volacchiare dopo tre sconfitte consecutive e un cambio di guida tecnica. I due mister, uno sacchiano e l’altro zemaniano, cercheranno risposte certe a due interrogativi: la Roma è da scudetto? Il Genoa è da retrocessione?
Alla luce delle ultime rispettive gare verrebbe da rispondere negativamente a entrambi i quesiti. La Roma è uscita male dal turno di Champions – a fine gara Di Francesco ha detto che la «presunzione non fa bene» – andando fuori giri per l’euforia del derby, il Genoa ha vinto senza troppi affanni in trasferta contro una diretta concorrente all’obiettivo stagionale. Ma il calcio è materia liquida, in costante divenire ed è riduttivo spiegare ex ante una partita aggrappandosi al recente passato. Contano i tempi e la tecnica e la forza mentale. Il Grifone sta lentamente recuperando tutto, a cominciare dall’entusiasmo, dissipato dal febbraio scorso.
Non sarà facile “incartare” la Roma. Di Francesco è riuscito a entrare nelle teste dei giocatori, inizialmente ricalcitranti, e convincerli della bontà della sua proprosta di calcio: Nainggolan è tornato a fare la mezz’ala, Florenzi il terzino alla luce dell’infortunio di Karsdorp. Se Ballardini confermerà il 5-3-2, in fase di non possesso il Genoa avrà due situazioni potenzialmente favorevoli. La prima è la superiorità numerica a centrocampo: se De Rossi si abbasserà da playmaker per ricevere palla, i terzini giallorossi andranno in avanzamento a supporto delle ali formando così un cinque contro cinque con la difesa rossoblù (seconda situazione positiva). Questa scalata in avanti può essere assorbita dalle diagonali delle mezz’ali del Genoa, Rigoni e Bertolacci.