Vado Ligure ha festeggiato il centenario del trionfo nella prima Coppa Italia grazie a una rete di Levratto II

Nei giardini di Villa Groppallo è stato presentato il libro “Da piccolo ho giocato con i grandi” di Alberta Greco, che ripercorre i primi nove anni del Vado Football Club

Riproduzione della Coppa Italia 1922

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Domenica 16 luglio 1922 si concludeva con la Finalissima al “Campo Di Leo” di Vado Ligure la prima Coppa Italia (una competizione che nel nostro Paese non ha mai suscitato grande interesse, di cui, dopo l’edizione interrotta del 1926/1927, si sarebbe riparlato nel 1935/1936 e dopo quella del 1942/1943 solamente a partire dal 1958), a cui, in quella stagione agonistica segnata dalla «secessione» delle squadre più competitive, che avevano costituito la Confederazione Calcistica Italiana (una sorta di SuperLega nostrana «ante litteram»), avevano partecipato solamente le società (e non tutte!) fedeli alla Federazione Italiana Giuoco del Calcio. Dopo i tempi supplementari prevalsero i rossoblù del Vado, squadra di Promozione (un campionato «cadetto» su base regionale), grazie a una rete del suo «astro nascente», la non ancora diciottenne ala sinistra Virgilio Felice «Levre» Levratto II, futuro «fromboliere» del Genoa e della Nazionale Italiana (unico calciatore del Vado da essa schierato, che rappresentò alle Olimpiadi di Parigi in tre incontri, disputò con gli Azzurri quattro partite, andando a segno due volte, come giocatore degli scaligeri dell’Hellas e le ultime ventuno con nove reti realizzate quando militava in quella che all’epoca era la squadra più titolata d’Italia) .
Nei giardini di Villa Groppallo, alla presenza di dirigenti del passato e del presente del glorioso sodalizio rossoblù, è stato presentato il libro “Da piccolo ho giocato con i grandi” di Alberta Greco, che ripercorre i primi nove anni del Vado Football Club, quelli dalla fondazione alla conquista della Coppa Italia. Se nel calcio nazionale Genoa e Vado si fregiano dell’onore di aver conquistato rispettivamente il primo Campionato (nel 1898) e la prima Coppa Italia (1922), i trofei che ne «certificarono» gli storici successi hanno avuto vicende molto travagliate: l’argentea Challenge Cup è tornata dopo più di un secolo a Genova che la ospita nel Museo della Storia del Genoa, quando nessuno pensava e sperava che si sarebbe potuta ritrovare (era finita in Florida, negli Stati Uniti d’America!), l’altrettanto argentea Coppa Italia è stata fusa ai tempi delle «inique sanzioni» della Società delle Nazioni (come furono bollate dalla propaganda fascista ai tempi dell’invasione dell’Impero Etiopico da parte del Regno d’Italia), cessando di esistere finché non ne è stata fatta fare una copia dalla F.I.G.C, donata al Vado mercoledì 8 aprile 1992 in occasione di una partita amichevole «rievocativa» contro l’Udinese. In aggiunta, per decenni non è stata riconosciuta validità al trofeo conquistato nel giorno centrale del luglio 1922, mentre tale atteggiamento non è stato tenuto nei confronti della Pro Vercelli, che quell’anno aveva conquistato un campionato organizzato da un ente esterno alla Federazione Italiana Giuoco del Calcio!
L’autrice del libro, che è nata a Noli e vive a Savona, dove si occupa di teatro con varie mansioni (regista, sceneggiatrice e attrice), ha detto di aver vinto una sfida con sé stessa, perché quando le era stato proposto di occuparsi di quel momento così importante per Vado Ligure (cittadina che nel censimento del 1921 risultava essere abitata da seimila persone), aveva inizialmente pensato che l’impresa fosse impossibile, non essendo un’appassionata di calcio, ma poi grazie all’aiuto dei suo due amici Roberto e Fabrizio di essere riuscita a dare forma a un testo in cui si raccontano in forma narrativa vicende di una comunità socialmente lontanissima da quella attuale, ma, in fondo, simile, con il calcio come elemento aggregante in una realtà in cui gli «idoli» domenicali erano persone che vivevano come e con gli altri.
Ha preso poi la parola il prof. Fabio Caffarena dell’Università di Genova, curatore della prefazione del libro, che ha evidenziato come Vado Ligure rientrasse a pieno titolo nel periodo precedente la Grande Guerra nei processi di sviluppo industriale – particolarmente rilevanti nella Riviera di Ponente – del «decennio felice» giolittiano e come, quindi, la nascita del sodalizio protovincitore della Coppa Italia nove anni dopo fosse la logica conseguenza di nuovi processi di socialità all’insegna della modernità, che avevano il loro riferimento in quella Gran Bretagna all’epoca massima potenza industriale nonché «culla» del football.
Al termine degli interventi dei relatori, ce n’è stato, una volta che era stata concessa la parola agli astanti, uno articolato da parte del redattore di questo articolo, che ha sottolineato la difficoltà a ricostruire le vicende del «cammino verso la gloria» dei vadesi per la scarsità di dati a disposizione sulle sei partite (tutte casalinghe, eccezion fatta per quella vinta 1-0 contro la Pro Livorno domenica 30 aprile 1922, a proposito della quale dal libro, scritto da Mario di Luca e pubblicato nel dicembre 2000 da Mariposa Editrice, “Il calcio a Livorno 1905-1922: il pionierismo”, si viene a sapere che giocò come mediano sinistro Dante, il fratello maggiore di Levratto II – autire dell’unica rete dell’incontro – e che Achille Babboni I negò la rete del pareggio ai padroni di casa, parando un calcio di rigore a Plinio Paolini): per quanto riguarda la Finalissima, collazionando le varie fonti, si viene a sapere che l’allenatore del Vado era il cav. Nicolò Gambetta, già presidente dei rossoblù dal 1915 al 1919 e nuovamente dal 1924 al 1925, e capace quel giorno di dare una «lezione tattica» al collega ing. Righetti, il quale su un campo molto stretto aveva insistito con i «fraseggi» orizzontali, cambiando per ottenere i risultati sperati anche le posizioni in campo di parecchi giocatori friulani, e che la rete della vittoria (per la maggior parte segnata al 13’ del secondo tempo supplementare, ma per i giornali torinesi “Paese Sportivo” e “La Stampa” al 6’ di quella frazione) venne ottenuta, coerentemente con la tattica studiata dal «Mister» dei padroni di casa, con un lancio lungo sul fronte sinistro di Antonio Cabiati per Levratto II, che, dopo aver «addomesticato» il pallone e superato in velocità un paio di avversari, fece partire da una ventina di metri una «cannonata» (che forò la rete!) di esterno sinistro diretta all’angolino basso destro della porta difesa da Libero Lodolo, facendosi perdonare il calcio di rigore tirato fuori a metà del primo tempo regolamentare.

Stefano Massa

Stefano Massa vicino alla riproduzione della Coppa Italia 1922
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