Ha appeso i guantoni al chiodo lunedì 27 luglio scorso, due giorni dopo la vittoria (2-1) sul Porto campione di Liga NOS che ha consentito al suo Sporting Braga di qualificarsi direttamente alla fase a gironi dell’Europa League 2020/21. Eduardo dos Reis Carvalho non ha però rimpianti e anzi s’è immediatamente confidato al sito ufficiale del club: «Sono orgoglioso di quel che ho raggiunto. Ovviamente mi sarebbe piaciuto giocare, ma la mia felicità non potrebbe esser più grande di adesso, finalmente abbiamo compiuto questo importante passo per il futuro».
I genitori lavoravano in una fattoria, lui – finita scuola – s’affrettava a rincasare per raccogliere le ciliegie. Figlio di una famiglia povera, Eduardo dovette crescere in fretta, data la prematura morte del padre in uno spaventoso incidente d’auto, proprio mentre si stavano recando a comprargli dei guanti. Fu così José Rocha a regalargliene un paio, sostenendo glieli inviasse il padre dal cielo. Eduardo crebbe ammirando Buffon, tanto da chiedere al preparatore rossoblù Spinelli di poter incontrarlo. Non arrivò il momento, ma il giorno della sua ultima partita in Serie A ricevette un regalo: una maglia con dedica del suo idolo, regalatagli da un ammiratore.
Il Genoa acquistò Eduardo nell’estate 2010, per 4,5 milioni di euro, dal Braga che aveva appena concluso al secondo posto il campionato portoghese. Era arrivato in Liguria al termine di un Mondiale sudafricano in cui il portoghese era stato tra i migliori della kermesse, subendo una sola rete in quattro partite, quella di David Villa il 29 giugno 2010 al 63′. Per il dodicesimo miglior portiere dell’anno 2010 secondo l’IFFHS, in rossoblù fu un fuoco di paglia e così, dopo una stagione di 37 presenze e 45 reti subite, Eduardo andò altrove: fece panchina al Benfica, l’annata 2012/13 al Başakşehir, l’anno dopo 29 presenze allo Sporting Braga e quello ancora successivo alla Dinamo Zagabria, con cui avrebbe giocato 98 volte in tre anni.
Nell’estate 2018, Antonio Conte lo volle al Chelsea come riserva di Courtois. Nel 2018/19, Eduardo giocò in Olanda al Vitesse. Il 1° luglio 2019, scaduto il suo contratto, firmò un biennale col Braga, per chiudere in Portogallo la sua carriera. Il ragazzo di Mirandela, campione d’Europa nel 2016 nella nazionale guidata da Fernando Santos, oggi ha 39 anni e resterà ancora nel club in cui crebbe: il ragazzo del distretto di Bragança lavorerà infatti come preparatore dei portieri, nello staff del nuovo allenatore, Carlos Carvalhal.
Al Genoa, Eduardo deluse. Perse un pallone viscido come una saponetta a Firenze, sbagliò un’uscita contro il Milan, fu ingannato da Dejan Stankovic poiché – probabilmente – non era ben posizionato sulla linea. Realizzò un’autorete contro la Juventus e concedette a Crespo una rete. Malgrado gli errori, Eduardo incassò la fiducia di Davide Ballardini e della gradinata Nord, la stessa che, appena arrivato a Genova, disse di proteggere. Fu a sua volta protetto, rincuorato, dall’ambiente e della fidanzata Jessica. Dopo una papera commessa contro l’Udinese, Eduardo fu addirittura visto piangere in disparte chiedendo scusa e pregando di mandarlo altrove. Carattere fragile, storia drammatica alle spalle, qualche indecisione nelle uscite: salutò Genova dopo una sola stagione e una miniera di ricordi collaterali, quali i due derby decisi da Rafinha e Boselli.
Di Eduardo, al Genoa resteranno ricordi agrodolci. Tutti, però, mascherati dall’animo gentile e dal carattere posato di un ragazzo alle prese con una storia familiare drammatica, privo – come forse avrebbe implicitamente ammesso – di un carattere estremamente forte: «A volte era difficile affrontare le critiche della stampa. Se un attaccante sbaglia un gol, non finisce sulle prime pagine dei giornali. Appena un portiere commette una papera, ci finisce invece. Penso che solo i portieri con una grande stabilità emotiva possano avere una grande carriera». Eppure, nonostante questo, Eduardo non ha rimpianti.