Italia-Germania 4-3 compie cinquant’anni. Mezzo secolo, dunque: proprio «lei», che venne proclamata la partita del secolo. Lo sport si presta all’enfasi, all’epica, al racconto onirico che il Novecento ne agitò lo spirito, quando ancora la televisione ci sembrava un sacerdote e non il Dio. Ecco: quella sfida lì non usurpò niente, contagiò tutti, si meritò tutto.
Perché capitò al posto giusto (Mondiale, semifinale secca) nel momento sbagliato: il passaggio – cruciale, delicato, spericolato – fra le illusioni del Sessantotto e il piombo dei Settanta. Perché ribadì come e quanto, nel calcio, perfino l’errore aiuti a creare l’atmosfera. E un gol di un avversario, Karl-Heinz Schnellinger al 90’ o su di lì, possa diventare un cerino che accende e non un soffio che lo spegne. E perché, ma sì, la staffetta fra Sandro Mazzola e Gianni Rivera sapeva tanto di compromesso storico (proprio negli anni del compromesso storico).
La Germania Ovest era la Germania, sempre. Vice campione del Mondo. Aveva eliminato i campioni in carica dell’Inghilterra. L’Italia era l’Italia. Un gollonzo di Angelo Domenghini alla Svezia, due 0-0 con Urguay e Israele, l’improvviso 4-1 al Messico con la non meno improvvisa epifania di Gigi Riva, il guerriero stanco, turbato, che aveva condotto il Cagliari a uno scudetto storico.
C’era un tutore scomodo, Walter Mandelli, e un ct saggio, Ferruccio Valcareggi. C’era la scuola lombarda di Gianni Brera, fondata sulla squadra «femmina», tutta difesa e contropiede, e la scuola napoletana di Antonio Ghirelli e Gino Palumbo, la cui dottrina privilegiava l’abatino (Rivera) e il gioco d’attacco. C’erano fucili puntati, confusione, scetticismo. E c’erano fior di giocatori, in tutti i ruoli, che già si erano annessi l’Europa.
Segnò un secolo, l’ordalia dell’Azteca, non solo una generazione. Dal rotocalco al borotalco spesso il passo è viscido, grottesco. Non in quel caso. Avevo 19 e mezzo, scribacchiavo già, la vidi nel salotto di casa, a Bologna.
Voi dove eravate la notte del 17 giugno 1970? O, se nati dopo, che idea vi siete fatti?
ROBERTO BECCANTINI (clicca qui per la sua pagina Facebook)