Presunte estorsioni, la difesa degli ultrà del Genoa: maglie e sciarpe ma nessuna risposta alla Procura

Nuova udienza celebrata stamane presso il tribunale di Genova

Tribunale Genova Traverso Genoa
Il Palazzo di Giustizia a Genova (foto di Ministero della giustizia)

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Il processo sulle presunte estorsioni al Genoa ha vissuto un’altra mattinata d’udienza. Presso il tribunale di Genova, e difesi dai rispettivi avvocati, erano presenti gli imputati Paolo Taccone, Artur Marashi e Fabrizio Fileni: come riferisce TGR Liguria, assente Massimo Leopizzi, storico leader della tifoseria rossoblù, che deporrà dichiarazioni il 13 marzo.

Taccone, conosciuto come “Bomba” nell’ambiente, ha esibito maglie e sciarpe del Genoa prodotte dal Gav (Gruppo Andrea Verrina, non merce ufficiale del club) per dimostrare ai magistrati genovesi l’assenza di simboli o riferimenti di estrema destra: secondo quanto riferito dallo stesso, l’incasso delle vendite di quel materiale sarebbe stato devoluto ad aiuti umanitari al popolo palestinese o da mandare in Yemen «perché noi siamo di sinistra e non mi piace essere accostato all’altra sponda politica».

Marashi, altra figura considerata centrale dall’accusa nel presunto sistema estorsivo, ha sottolineato il suo ruolo di mediazione tra società, Questura e tifosi. Come aggiunge Ansa, Marashi ha accusato di razzismo Rosy Bindi, all’epoca dei fatti presidentessa della commissione Antimafia, che ai tempi degli scontri di Italia-Serbia al Ferraris si disse meravigliata che l’ordine pubblico nello stadio di Marassi “fosse gestito da un albanese”: «Vivo qui da 30 anni, ho messo su famiglia. Ma alla Procura e alla Questura questa cosa non è andata giù. Così come quando Rosy Bindi chiese come mai un albanese gestisse lo stadio di Genova, pensai: “Ma i razzisti non sono di destra?”».

Fileni, detto “Tombolone”, ha depositato una memoria scritta nella quale afferma la sua estraneità all’utilizzo di minacce: invece, avrebbe contestato Enrico Preziosi esclusivamente per il suo operato sportivo e le sue promesse non mantenute, senza secondi fini.

Gli ultrà del Genoa si professano innocenti, anche se nessuno accetta di rispondere alle domande della Procura. A sua volta, i pm Francesca Rombolà e Giancarlo Vona hanno depositato una nuova memoria da cui emerge che, negli anni oggetto delle indagini, il Genoa avrebbe ricevuto e pagato alla società di steward dello stadio Ferraris (la “4 Any job”, riconducibile per l’accusa a Leopizzi e Marashi) centinaia di migliaia di euro in più rispetto alla Sampdoria, per le medesime prestazioni. Per la Guardia di Finanza si tratta in buona parte di fatture per operazioni inesistenti.

A fine udienza, l’avvocato Mauro Casu che, insieme al collega Andrea Vernazza, difende Artur Marashi, ha spiegato, così come ripreso da Primocanale: «Finalmente è stata data parola anche alle persone che sino ad oggi non hanno potuto parlare ed è stato evidente come tutti, con sincerità ed empatia, hanno fatto le loro ragioni. Fare paralleli fra società diverse, con storie diverse e affluenza di pubblico differenti, a mio modo di vedere risulta non calzante in un procedimento penale come questo».

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