Onofri: «Italia, dobbiamo cambiare l’approccio culturale sportivo»

L'ex capitano: «Oggi gli allenatori delle giovani parlano di tattica, diagonali, raddoppi di marcatura ai bambini»

Onofri Genoa
Claudio Onofri (Foto da Genoa Channel)

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«Possibile che in ogni contesto non mettiamo mai in discussione noi stessi ed è sempre e solo colpa degli “altri” ? Provassimo ogni tanto a fare un esamino di coscienza avremmo allora diritto a criticare aspramente le malefatte dei “piani alti”! Nelson Mandela diceva “Non perdo mai, o vinco o imparo”, da noi l’aforisma risulta ormai da anni questo: “Perdo quasi sempre e non imparo un c…”!». Sono le parole scritte su Facebook da Claudio Onofri, ex capitano del Genoa, in relazione allo stato di salute del calcio italiano italiano dopo la seconda eliminazione dai turni di qualificazione Mondiale: «La sintesi: in Spagna (viste dal vivo almeno 50/60 partite) se vinci 1-0 e fai schifo, o rinunci a giocare per mantenere il risultato, ti fischiano di brutto: uguale in Inghilterra. Da noi se vinci 1-0, come in fondo meritavi con la Macedonia, tutto passa in soffitta aspettando la prossima!».

Sui giovani: «Vero, siamo indietro a livello esordienti di una certa età (in Spagna, Norvegia Danimarca, Svezia e non solo è pieno di 2002, 2003 o 2004 spesso titolari) ma da noi se rischi un ragazzino e perdi la partita te ne dicono di tutti colori! O no!? Altro aspetto da valutare sono i Settori Giovanili. Da bambino rientravo a casa dopo scuola e, appena mangiato, uscivo alle due e mezza rientrando alle sette per la cena. Dove andavo? A tirar calci a un pallone in uno dei tanti campetti allestiti a campi da football con le porte formate da sassi e il primo input era quello di dribblare più avversari possibile per ricevere la palma di migliore in campo – aggiunge Onofri – Oggi l’allenatore parla di tattica, diagonali, raddoppi di marcatura e urla ai bambini “il 3 la deve passare al 5 che la passa all’8 e poi subito al 9” carpendogli ogni minima voglia di fantasia, divertimento, tecnica, coordinazione. Poi quando la domenica giocavo nel Vanchiglia, a Torino, mio padre e mia madre manco si sognavano di chiedermi se potevano venirmi a vedere: sapevano già la risposta. Oggi i genitori vanno alle partite per insultare l’arbitro o per dire “mio figlio deve giocare di più”».

«E pure la selezione giovanile avviene con questi parametri: “questo è troppo basso, non lo voglio” oppure “faccio giocare questo che non sa controllare il pallone ma è alto e robusto e vince tutti i duelli”. Tanti anni fa andavo a imparare il mestiere dal più grande Responsabile di Settore Giovanile mai esistito, tal Mino Favini, il quale come primo diktat mi informava che per lui nella scelta dei ragazzi fino ai 14 anni predominava esclusivamente la tecnica e il talento, solo successivamente arrivavano la crescita fisica e atletica. L’epilogo è ormai scontato ma lo declamo: la colpa della doppia fuoriuscita dai Mondiali non è solo, RIPETO SOLO, di Gravina, Corsini, Ventura, Mancini, Jorginho, Belotti, Immobile, Chiellini, Bonucci and C. ma di un NOSTRO approccio culturale sportivo al CALCIO (FOOTBALL) assolutamente da rifare!» chiosa Onofri.

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