Louis Lunari: «Lettera in ricordo di mia madre Elsa detta Ornella, che mi insegnò a essere Genoano nel cuore di Sampierdarena»

Il toccante ricordo del componente dei Sunset Boys di sua mamma, socia del Genoa Club Le Lanternine

Elsa con un giovanissimo Mimmo criscito

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E’ la natura delle cose. Così la chiamano. Ed è per questa natura delle cose che ogni giorno, purtroppo, se ne va anche qualche Genoano, lasciando nel dolore chi gli voleva bene. Ma io adesso non posso fare altro che ricordare mia madre.

Ciao mamma, ciao Elsa detta Ornella, hai voluto imitare il Prof. Franco Scoglio, che ti piaceva tanto: lui se ne è andato parlando di Genoa, tu te ne sei andata proprio il giorno del derby, il 3 marzo scorso. Sei stata Genoana fino all’ultimo, non ti sei mai separata dal tuo braccialetto Rossoblù. E il Genoa te lo eri scelto, quando, da giovane, sei venuta qui a Genova in cerca di lavoro, e, come mi raccontavi, ti eri innamorata della passione dei tifosi Rossoblù. Così, cresciutomi nel cuore di Sampierdarena, in mezzo ai miei amichetti tutti nipotini, cuginetti, fratellini degli ultras di quegli altri, da bambino mi hai insegnato a tifare Genoa, e che a questo mondo era giusto essere Genoani. Quando ti chiedevo, da babanetto, cosa ne pensavi delle contestazioni a Fossati, per prima cosa mi rispondevi: «Ricordati Luì, i tifosi del Genoa hanno sempre ragione». E poi, io e te insieme, abbiamo convinto a scegliere il Genoa anche mio fratello più giovane Massy. Come eri felice dopo che ti sei iscritta al Genoa Club Le Lanternine, ne andavi così fiera. Se ho avuto l’onore e la fortuna di scrivere le canzoni che ho scritto per il Grifone, lo devo prima di tutto a te. Quante partite abbiamo visto insieme al Campo, anche con Massy: siamo stati tristi, come a quel lontano Genoa-Juve del gol di Bosetti, e siamo stati felici, come al derby di Boselli.

Elsa Lunari con Silvana Carli, fondatrice Genoa Club Le Lanternine

Mi ricordo, come se fosse oggi, il primo derby che mi hai portato a vedere, da ragazzino, quello del pareggio di Fiorini sotto la sud. Pioveva forte, e Massy, che era piccolino, era rimasto a casa. Quando ha segnato Fiorini, hai chiuso l’ombrello per abbracciarmi forte. E, abbracciato a te, mi sembrava che il tempo si fosse fermato. Quanta acqua abbiamo preso. E quanto hai faticato per tirare su Massy e me, altro che gli anni ’80 degli stramaledetti yuppies. Eravamo poveri. Mi ricordo quella pasqua, che alla vigilia andasti a lavorare dalla signora che assistevi. Era una brava persona, ma ti disse, dispiacendosi molto, che quel giorno non poteva pagarti il mese. Hai fatto i salti mortali per fare passare a me e Massy quei due giorni di festa in modo dignitoso, che avevi soltanto 6000 lire in tasca. Voglio essere sincero, mamma: anche te pensavi che, quando una persona se ne va, non tutto diventa perfetto, non tutto diventa bello e luccicante come un quadretto dorato. Viviamo in una società ingiusta, e l’ingiustizia, attraverso mille rivoli, arriva alle persone anche nella forma di paure, problemi, angosce, incomprensioni, tensioni, precarietà, desolazione, e tante cose tristi. E quando capita, succede che non si va d’accordo. E allora magari le persone che si vogliono bene non riescono a dimostrarselo, il bene che si vogliono. Ecco mamma, io adesso mi porto dentro questo rimpianto, che per me è anche un rimorso: che ci sono state volte che non sono riuscito a dimostrarti il bene che ti volevo. Avrei voluto che io, te e Massy avessimo una vita più felice insieme, da parte mia non ci sono riuscito.

Quando ti ho visto l’ultima volta avevi ormai gli occhi chiusi: devi sapere, mamma, che ti ho parlato a lungo, sai? speravo di riuscire a svegliarti, per poterti dire che mi dispiace tanto di questo. Ma non ci sono riuscito, non ti sei svegliata, e adesso sei cenere, e sei al buio, tu che del buio hai avuto sempre tanta paura, fin da bambina, quando, nell’orfanatrofio per poveri dove eri, le suore ci godevano a chiuderti di notte da sola in cima al campanile, in mezzo ai pipistrelli che ti si appiccicavano ai capelli. E tu gridavi aiuto, ma nessuno ti poteva aiutare. Tu eri molto credente, io non lo sono, ma se davvero in qualche modo esiste un’altra vita, e forse hai ragione te, anche nella Nord c’è la freccia per il terzo anello, allora stai tranquilla mamma, non ti preoccupare, stanne certa che quando me ne andrò ti cerco, e ti trovo: e quel giorno ci potremo abbracciare forte di nuovo, come a quel derby sotto la pioggia, e ci vorremo di nuovo bene, per sempre, senza niente e nessuno che ci divida.

Elsa Lunari

Non essere triste, non sentirti sola, non avere paura mamma, Massy e io non ti dimenticheremo mai, lo sai bene anche te, lo hai letto mille volte, te lo ricordi? quello che c’è scritto all’ingresso della Nord: «Vivere nel ricordo di chi resta non è morire». Mentre mi aspetti, mamma, per tenerti compagnia canta la filastrocca che ti piaceva tanto che ti recitava Massy da bambino: «Ma il tuo sorriso mamma, è il più bello che ci sia, è più bello di una rosa, perché tu sei mamma mia».
Addio Elsa detta Ornella
Addio mamma
Luigi

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