La risposta del campo: il Genoa è una vera “squadra”

L'emergenza non è finita ma Maran può fare affidamento su un gruppo unito

Czyborra Genoa
Il tedesco Czyborra in azione (foto di Genoa CFC Tanopress)

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Come sempre accade nel calcio, la migliore risposta è quella data sul campo e non davanti a un microfono. Il Genoa ha passato ventitré giorni come se fossero uno, dal ritorno da Napoli al pareggio di Verona. Quasi un mese in apnea, tra risultanze mediche e l’organizzazione dell’imminente ciclo di partite. L’ultimo responso, però, è il più dolce di tutti perché testimonia come i rossoblù siano una vera “squadra”, concetto talvolta abusato nel mondo del pallone. L’ha rimarcato con enfasi Perin, a fine partita, con gli occhi lucidi, la voce tremolante e quel tanto che basta di fiato per sfogare forse definitivamente un carico emozionale mai provato in carriera. «Non sono superficiale, non sono disattento» è il grido del capitano rossoblù, di recente bacchettato da un’opinione che non smettere di essere bacchettona.

Perin ha parato tutto, non solo il Covid-19: prima Colley, poi Favilli e infine Salcedo. Tre interventi affatto banali, diversi a modo loro. Rapidità nell’andare a terra, riflessi e reattività su occasioni nate da palle inattive. C’è tutto Perin, il vecchio Perin, nello 0-0 del Bentegodi. I novanta minuti del Genoa premiano, altresì, la prestazione di Cristian Zapata, probabilmente la migliore da quando veste rossoblù: concentrato, attento su ogni pallone alto, roccioso come un marcatore d’altri tempi. Ha tracciato una linea a terra, da vero caudillo, e nessuno l’ha varcata, nemmeno l’esperto Kalinic. Il colombiano resta, dunque, uno dei difensori più affidabili finché il Grifone gioca corto e con un baricentro basso, a totale protezione del castello dell’area di rigore. La fisicità di Zapata tornerà di grande utilità già dalla prossima partita quando dovrà contrastare un panzer come Lukaku.

Non ha girato Badelj, ridotto nelle sue geometrie dalla mediana di Juric che certamente non brilla per qualità: al suo posto, Rovella – dicembre 2001 – ha avuto il coraggio di prendere lo spartito e dirigere la squadra con semplicità. Il bimbo della cantera rossoblù, il titolare più giovane in campo, non sarà Von Karajan ma è un centrocampista da scoprire proponendolo con più coraggio, per il bene del Genoa e del movimento giovanile italiano. Infine, non pervenuto l’attacco, ancora poco incisivo ed eccessivamente dipendente dalle giocate di Pandev, ieri non risolutorie: la sterilità del reparto, che non ha sbocchi di gioco oltre al macedone, preoccupa nonostante i puntelli del mercato estivo, nei confronti dei quali va riconosciuto un equo periodo d’integrazione. Solo così potranno dare risposte univoche in campo. Come sempre accade nel calcio.

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