La forza del Genoa è il vivaio che realizza i sogni

I debuttanti in prima squadra abbracciano due generazioni: da Sturaro a Lipani

Salcedo Lipani Genoa
Salcedo e Lipani sotto la Nord (foto di Genoa CFC Tanopress)

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Per i francesi d’inizio Ottocento la famiglia era la pépinière de l’État, il piccolo giardino di coltura dello Stato di Napoleone entro il quale crescevano gli adulti e le adulte del futuro. La stessa funzione, per natura e per vocazione, dovrebbe ricoprirla il vivaio di ciascun club di calcio ma i venti (e i veti) contrari hanno la forza di allontanare anche la più granitica delle idee. Il Genoa persegue un modello giovanile il cui indiscusso prestigio ha raggiunto la misura della seconda stella sul petto, una per generazione, se mai i ragazzi lanciati nel firmamento del calcio si potessero contare al pari dei trofei in bacheca: da Sturaro a Perin, passando per Criscito, El Shaarawy, Bani, Lamanna, Ghiglione, Cofie, Zanimacchia, Pellegri, Salcedo, Zaniolo, Bianchi, Cambiaso, Mandragora, Russo, Kallon, Rovella fino agli ultimi Brayan Boci e Luca Lipani. Tutti ragazzi che sono transitati da “La Cantera Barabino e Partners”.

I calciatori del settore giovanile rossoblù giunti in prima squadra sono trentuno nelle ultime quindici stagioni, un paio all’anno. Una media incredibile, una semplicità di lancio da pull del tiro a volo che ha del disarmante tenuto conto della nota precarietà delle strutture che complica il lavoro quotidiano dei tecnici, criticità che relega il Genoa dietro la concorrenza di altri piccoli club che negli ultimi anni hanno costruito dei centri sportivi avveniristici. É vero, in simili condizioni il miracolo è quotidiano ma ciò che più impressiona del costante, florido vivaio rossoblù è renderlo un evento quasi scontato, se non del tutto normale. Serve amore e passione, competenze e pazienza, quel tanto che basta di lungimiranza unita a un pizzico di sana follia che da intricato ossimoro filosofico si trasforma in ginnastica dell’incredibile. Un debutto vale più di una coppa. C’è qualcosa di napoleonico in Michele Sbravati che di tutto questo è il principale responsabile.

Trentuno ragazzi hanno esaudito il proprio sogno e ce ne sono altri in rampa di lancio. Uno, se non due, in ciascuna leva del settore giovanile rossoblù racchiusa tra il primo e il terzo posto del rispettivo campionato. Basta aspettare, solo il tempo svelerà i cognomi. Dietro il lancio di un calciatore c’è una programmazione che parte da molto lontano e culmina nel momento in cui il team manager della squadra più antica d’Italia solleva la lavagnetta luminosa indicando in verde un numero anomalo, di quelli alti, che corrisponde all’anno di nascita di un genitore o, più semplicemente, è il primo numero rimasto libero. Il Genoa ha concluso la partita con la Spal con cinque calciatori di movimento cresciuti nel vivaio, e uno di questi è il capitano che rappresenta al meglio il significato di appartenenza al Grifone: un autentico orgoglio costruito in famiglia, nella pépinière genoana.

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