La Commissione storica Figc ha terminato l’indagine sui campionati 1914/15, 1924/25 e 1926/27

La ricerca che ha un valore storico e culturale per il nostro calcio verrà ora valutata dal Consiglio Federale per l’eventuale assegnazione degli scudetti. Da fonte federale rimane confermato che solo alcune società hanno presentato l’istanza a supporto delle loro argomentazioni

Un'immagine della terza finale di lega Nord Genoa-Bologna del 7 giugno 1925 (archivio personale Giancarlo Rizzoglio)

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La Commissione storica della F.I.G.C., deputata allo studio e all’approfondimento delle controverse e mai sopite vicende legate ai campionati 1914/15, 1924/25 e 1926/27, sta finalmente terminando il suo lungo lavoro di ricerca per rimettere le sue conclusioni al tavolo del Consiglio federale.

E’ quanto si apprende proprio oggi da precise fonti federali, che aggiungono anche come, al momento, le conclusioni a cui è arrivata la Commissione sui discussi avvenimenti di quei campionati hanno un puro valore culturale e storico, sulle quali solo ora, a lavori ultimati, si deciderà in quale modo svilupparle, se cioè assegnare o meno, magari con la formula “ex aequo”, gli scudetti richiesti dalle squadre interessate.

I fatti sono ormai famosi e noti a tutti, poiché le protagoniste di questi tornei di un lontano passato, che a turno reclamano clamorose ingiustizie, sono Genoa, Lazio, Bologna e Torino.

Il campionato 1914/15, assegnato al Genoa nel 1919 con ratifica definitiva nel 1921, venne frettolosamente sospeso il 23 maggio 1915 a seguito dell’entrata dell’Italia nella Grande Guerra, a fianco di Francia, Regno Unito e, successivamente, Stati Uniti, contro l’Impero austro-ungarico e l’Impero tedesco di Guglielmo II.

Il 23 maggio 1915 era in programma l’ultima giornata di campionato, e ai rossoblù, saldamente in testa al girone finale settentrionale con due punti di vantaggio su Torino e Inter, sarebbe bastato un semplice pareggio interno proprio contro i granata a Marassi, dove aveva sempre vinto, per mettere fuori gioco anche l’Inter, impegnata nel derby contro il Milan, ed acquisire formalmente il titolo dell’Italia settentrionale ma in pratica anche quello di campione d’Italia, vista l’enorme, comprovata e storicamente dimostrata differenza tecnica esistente tra le squadre settentrionali e quelle centrali e meridionali.

Per dare formalità alla conquista del titolo italiano si dovevano infatti confrontare, in una partita dai connotati puramente dimostrativi, la vincente del girone settentrionale e quella scaturita dal confronto tra la vincente del girone meridionale, dov’era in vantaggio l’Internazionale Napoli sul Naples, e la vincente del girone centrale, titolo invece che fece appena in tempo ad acquisire la Lazio prima della sospensione.

Una sospensione, quella dettata dall’allora presidente F.I.G.C. on. Montù, molto frettolosa, in quanto diverse altre manifestazioni sportive, comprese alcune partite di calcio dei campionati minori, si disputarono regolarmente.

Oggi la Lazio, a distanza di più di un secolo, rivendica il fatto di non aver potuto disputare la finale per il titolo italiano, e quindi in base a ciò contesta l’assegnazione del titolo al Genoa che, secondo i biancazzurri, andrebbe invece conferito ad entrambe le squadre con la formula dell’ex aequo.

Come sappiamo, ben più spinosa è la vicenda legata al campionato 1924/25 che vede in una mai sopita polemica, lunga novantacinque anni, Genoa e Bologna, protagoniste delle celeberrime cinque finali per un titolo italiano descritto, dal noto quotidiano “The Guardian“, come la più grande ingiustizia della storia del calcio internazionale.

In realtà le finali tra Genoa e Bologna assegnavano formalmente solo il titolo di Lega Nord, ma, anche in questo caso, l’abissale differenza tecnica esistente con la vincente della Lega Sud faceva sì che questo traguardo equivalesse in sostanza alla conquista dello scudetto.

Dopo le gare di finale di andata e ritorno, in cui le due squadre espugnarono i campi della rivale con l’identico punteggio di 2 a 1, si dovette disputare la terza finale a Milano il 7 giugno 1925 dove, col Genoa in vantaggio per 2 a 0, al 16° del secondo tempo l’avv. Mauro accordò un corner per il Bologna a seguito di un tiro in porta dell’attaccante Muzzioli.

Il pubblico, che già prima dell’inizio della gara aveva sfondato le recinzioni e si era sistemato appena dietro le linee laterali, invase il campo e costrinse Mauro, con la forza e le intimidazioni, a concedere un gol da lui assolutamente non visto.

Da lì in poi il gioco diventò un’autentica corrida col pareggio del Bologna e il ritiro del Genoa, che da allora rivendica instancabilmente la mancata applicazione dell’art. 18 che gli avrebbe in pratica assegnato lo scudetto.

Una polemica ancor più acuita nel corso della quarta finale di Torino del 5 luglio, terminata anch’essa in pareggio per 1 a 1 ma macchiata da gravi episodi di cronaca nera.

Infatti, alla stazione Porta Nuova alcuni malviventi presenti sul treno dei tifosi bolognesi spararono una ventina di colpi di rivoltella ferendo due genoani ma scatenando anche severi provvedimenti federali, secondo una delibera che avrebbe squalificato il Bologna se non avesse consegnato i colpevoli di tale atto alla giustizia.

Intervennero però le istituzioni fasciste a fare pressioni sulla Federcalcio, col risultato che la delibera fu ritirata, nonostante la mancata cattura dei colpevoli, e il Genoa costretto a giocare la quinta finale il 9 agosto a Milano Vigentino a porte chiuse al pubblico, per la quale non era atleticamente preparato avendo sospeso gli allenamenti su autorizzazione del Consiglio di Lega Nord.

Una quinta finale anch’essa contestata da parte genoana per il famoso scambio di palloni attuato dall’allenatore felsineo Felsner, il quale, venendo a conoscenza prima del Genoa della sede dell’incontro, pagò con venti lire il custode del campo della Forza e Coraggio per disputare la gara coi suoi palloni anziché quelli ufficiali in dotazione dell’impianto sportivo.

Non meno intricata è la vicenda del campionato 1926/27, vinto sul campo dal Torino ma che si vide, dopo qualche mese, revocato il titolo, per un presunto illecito sportivo perpetrato da un famoso giocatore della Juventus in un derby vinto dai granata e risultato poi decisivo per la conquista del titolo.

In quel campionato al secondo posto terminò proprio il Bologna, il quale, non solo reclamò per varie e presunte irregolarità nei confronti diretti coi granata, ma da sempre rivendica anche l’assegnazione del titolo, in quanto sostiene che l’illecito del Torino fu ampiamente dimostrato sia in sede di giustizia sportiva e sia in sede di giustizia ordinaria.

Tutti fatti che quindi riconducono ad un reclamo della Lazio per il titolo 1914/15, del Genoa per il titolo 1924/25 e di Bologna e Torino per l’assegnazione del titolo 1926/27, rimasto invece vacante nell’albo d’oro.

La fonte federale, però, precisa anche che solo alcune delle squadre menzionate avrebbero presentato, insieme alla documentazione storica, una precisa istanza di richiesta per un’eventuale assegnazione del titolo.

Ciò farebbe quindi pensare che altre, non avendo ancora provveduto all’invio di una propria documentazione ufficiale, correrebbero il rischio di trovarsi in difficoltà qualora il Consiglio federale decidesse di risolvere i casi dei campionati contestati con una salomonica assegnazione ex aequo.

Fiumi di inchiostro scritti sui vari libri e giornali specializzati hanno quindi proiettato queste vicende nella leggenda del calcio italiano, e bene ha dunque fatto la Federazione Italiana Giuoco Calcio a condurre un’inchiesta autonoma sulla propria storia, al fine di dimostrare che il calcio è un vero veicolo culturale e sociale del nostro Paese.

Giancarlo Rizzoglio

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