Inesperienza e superficialità, Genoa in B: errori da correggere ma il tempo è poco

L'esordio in Serie B dista circa ottanta giorni

Klos Spors Blessin Wander Genoa
Da sinistra Klos, Spors, Blessin e Wander (foto di Genoa CFC Tanopress)

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Ora che i giochi sono chiusi per tutti retrocedono in Serie B dieci scudetti e tre capoluoghi di regione. Venezia, Genoa e Cagliari. Dal basso, all’alto. Dove l’eufemistico “alto” è il diciottesimo posto la cui distanza dall’oasi della salvezza è la misura del rammarico, uno o quattro punti che siano, delle società rossoblù, retrocedende di difficile pronostico meno di dieci mesi fa. Precipitano in cadetteria due proprietà americane e una, quella di matrice sarda, a conduzione tradizionale, con patron e direttore sportivo italiano – Tommaso Giulini alla seconda retrocessione in sette anni e Capozucca – che evidentemente non hanno operato alla perfezione durante il mercato di gennaio nonostante l’organico di base più qualitativo di Genoa e Venezia. La Salernitana giunge al traguardo senza più energie ma festeggia con Nicola – complimenti a Didi, la Serie A merita un Uomo così – una salvezza a 31 punti, in fotocopia all’impresa di Crotone. Meno non si può.

A ciascuno il suo fardello di responsabilità ma da oggi serve accettare la Serie B ed iniziare a lavorare per entrare nel suo particolare meccanismo accantonando presunzione e superbia, pericolose tentazioni che possono trarre origine dalla consapevolezza di avere un portafoglio quasi illimitato riposto nel taschino sinistro della giacca. Servono voglia di cambiare, pragmatismo, equilibrio di spesa, conoscenze calcistiche e tanta umiltà per rispettare una competizione complicata ma indiscutibilmente regredita sotto l’aspetto qualitativo rispetto ai tempi della lira forte comandata da presidenti pittoreschi che popolavano i salotti delle tv indossando calze rosse, onde propiziare la vittoria, oppure da proprietari vulcanici che costruivano inaudite squadre «di postelegrafonici». Il Genoa piomba in B per inesperienza e superficialità di un allenatore debuttante e di una dirigenza pencolante prevalentemente costituita da manager d’azienda cresciuti nella fluttuosa alta economia mondiale senza però conoscere il salasso di una retrocessione e, per converso, con pochi professionisti del calcio da affiancare a Spors.

Il nuovo gruppo dirigente deve capire che la Genova rossoblù è un terreno particolare dove una parola risparmiata vale più di cento abusate, un cenno più di un bacio allo stemma del Grifone o di grotteschi “olé” alienamente mimati dopo la diciottesima sconfitta stagionale, l’ultima contro un terzo di Primavera del Bologna. In secondo luogo, il rilievo del club di calcio più antico d’Italia non ha bisogno di un traduttore che arringa smodato la folla genoana riversata a Piazzale Kennedy credendo di essere una rockstar quando, invece, sembrava un kamikaze elettrizzato dall’hachimaki. Occorre prestare attenta lettura al contenuto dei messaggi provenienti dalla Gradinata Nord, capire il luogo entro il quale si è chiamati a operare e l’adempimento del relativo dovere che l’anno prossimo sarà soltanto l’immediata promozione; occorre che sia fatto in fretta perché ottanta giorni, quanto dista l’esordio in Serie B, non bastano per ricostruire prima squadra e settore giovanile.

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