Chi non conosce Genova presume che la sua forza derivi dal sole. Niente di più sbagliato. La città, che nell’antichità era Superba, è invero avvolta, per non dire costretta, dal vento che l’assedia da qualsiasi direzione. Risalendo dal mare o discendendo dalle valli montane. Una città così asserragliata dentro il perimetro grigio delle proprie mura riflette talune particolarità su chi la popola trasformandole in ineluttabili condizioni dell’essere. É vento, siamo vento: un binomio inscindibile. Come la corrente zeffirina che da qualche mese spira sul Genoa confondendo e ridisegnando le rotte: è il vento del cambiamento necessario a sferzare contro il fallimento, spingendolo il più a largo possibile, come se l’epica figura di Janua fosse intervenuta a protezione del Grifone consentendogli un disperato colpo d’ala. Purtroppo oltre i bastioni c’è finito Criscito: per l’ultimo anno, quello della rinascita, non sono bastate 274 battaglie e la sua seconda migliore stagione, seppur dimezzata, in termini realizzativi.
Per il nuovo gruppo di comando conta, e soprattutto pesa maggiormente nelle valutazioni, il passato: non il rigore parato da Audero, decisivo per la salvezza. «Le nostre strade devono dividersi ancora una volta purtroppo (“non per mia scelta“) … spero solo sia per il bene di questa squadra, di questi colori e di questo nuovo progetto» ha scritto Criscito prima di procedere a una modifica del messaggio ai tifosi apparso sui propri canali pubblici, forse per evitare ricami giornalistici sui quali c’è poco da soffermarsi perché talune parole confermano sensazioni registrate già in inverno, immediatamente dopo Natale. Al Genoa non c’era più spazio per Criscito. Il trattamento da terra bruciata riservato al capitano, peraltro tra i più longevi della storia rossoblù, è ciò che ha più ferito Mimmo: e il laconico comunicato di congedo del club, corredato da una mesta foto e da poche righe aride di trasporto, è solo l’ultimo salto della cascata.
Almeno gli ex compagni genoani gli tributano doveroso rispetto: da Perin («Non conta solo l’ultimo atto. Conta la storia che hai scritto per questa maglia!») a Strootman, da Amiri a Bocchetti e Rovella, per dirne alcuni. Generazioni diverse che Criscito ha attraversato con la maglia a quarti: era in campo contro il Cosenza quando Lavezzini e Torrente decisero di dare spazio ai più giovani come segnale per il futuro, e c’era pure contro l’Odense, in terra di Danimarca, nella notte che segnò il ritorno dell’Euro Grifo di Gasperini. Lo scovò appena quindicenne Claudio Onofri, partì con la 24 ma negli anni ha tolto il decimale chiudendo con l’iconica 4 marcando l’iperbole di carriera che l’ha consacrato partendo dal settore giovanile rossoblù, dove iniziò con mister Corradi. Che debutto, che impatto sul palcoscenico del grande calcio italiano. Il sogno di Criscito di chiudere la carriera al Genoa, però, sfuma senza decorazioni particolari o pittoresche piroette social, in un qualsiasi giorno di giugno con il mare in burrasca. Sospinto dal vento, spazzato dal vento.