In uno Stato che muore di fame, dilaniato da una guerra civile, dove l’incubatrice dei neonati è una scatola di cartone, percepire quaranta pesos al mese è una fortuna. Una fortuna è l’equivalente di ottanta centesimi di euro. Jan Hurtado è arrivato a percepire un salario simile nei sei mesi di squalifica irrogati dal Consiglio d’Onore della Federcalcio venezuelana nel marzo 2018. Un pasticcio giuridico imputabile a suo padre Nelson che gli fa da procuratore.
Complice l’aggravarsi della crisi del Venezuela, al termine del Mondiale U20 in Corea del Sud (argento) non fece più tornare suo figlio minorenne a casa, al Deportivo Tachira. Eccesso di protezione. Nelson ruppe unilateralmente il contratto di un anno con il Deportivo che denunciò il caso alla FIFA (che deve ancora pronunciarsi) intimando un indennizzo dal Gimnasia e dal padre procuratore. Scontata la squalifica, la Federcalcio del Venezuela concesse una carta di libertà a Hurtado per firmare un triennale con il Gimnasia.
Nuova vita in riva al Rio della Plata, nuova sistemazione economica e le prime soddisfazioni della carriera, come la finale di Coppa d’Argentina persa contro il Rosario. Ma fu contro gli acerrimi rivali delle cannallas, i lebbrosi del Newell’s Old Boys, che Hurtado si fece notare. Avanti 3-1 al Coloso del Parque, oggi Estadio Bielsa, e nei minuti finali di recupero, il venezuelano smistò la palla con quella che prenderà il nome di Taconeta. Rimbalzo sul tacco perno e altro tacco per liberarsi del pallone che sibila sopra la testa: un numero che esaltò persino Ronaldinho.
Lo voleva la Sampdoria ma non ci andrà, si è presentato tardi al recente ritiro del Gimnasia perché Parigi è bella ma vissuta con la propria fidanzata val più di una messa. Ha già fatto le visite mediche con il Boca Juniors ma, a quanto pare, il Genoa ha presentato l’offerta migliore. C’è sufficiente materiale per dire che la parola fine è ben lontana dall’essere posta.
