Gunter: “Orgoglioso di indossare la maglia del Genoa”

Il difensore: "Sono venuto qui per entrare a fare parte della sua storia, che mi mette i brividi, nell’anno del 125° anno dalla fondazione"

Gunter
Koray Gunter (foto di Genoa CFC Tanopress)

Accetta i marketing-cookies per visualizzare questo contenuto.

“Quella che mi ha offerto il Genoa è la mia più grande occasione”. Koraj Gunter, difensore tedesco di origini turche ex di Borussia Dortmund e Galatasaray, esterna al sito ufficiale rossoblù la sua gratitudine, ma soprattutto la sua voglia di voler mostrare tutto il suo potenziale. “Ho trovato un ambiente famigliare – prosegue – tanti giovani con la voglia di vincere come ho io. So che devo imparare, ma mi aspetto molto”.

Ma quali sono le sue caratteristiche? “Sono un difensore centrale, posso giocare a tre o a quattro, anche da laterale destro. Penso di cavarmela bene nell’uno contro uno e ho tecnica per uscire palla al piede. Sarà importante collaborare con i compagni: gli obiettivi personali scivolano in secondo piano”.

Gunter sa bene la responsabilità di giocare con la maglia del club più antico d’Italia: “Sono venuto al Genoa per entrare a fare parte della sua storia, che mi mette i brividi, nell’anno del 125° anno dalla fondazione. Sono orgoglioso di ciò”.

Il giocatore è rimasto molto impressionato dalla metodologia di lavoro del tecnico: “Mi ha colpito come mister Ballardini si stia prendendo cura di noi, dà indicazioni molto chiare”. E racconta i suoi esordi: “Spero di parlare presto la lingua. Ho iniziato a giocare a calcio a cinque anni, seguendo le orme del fratello. E’ stata dura andare via dalla famiglia a 12 anni, quando entrai nell’academy del Borussia Dortmund. Diventare un calciatore è stato un sogno che ho realizzato, ne è valsa la pena fare quei sacrifici”.

Gunter ha avuto come allenatori di gran livello come Jurgen Klopp, Roberto Mancini, Cesare Prandelli: “Ognuno con il suo stile, tutti mi hanno dato qualcosa di importante”. Ma ce n’è uno che ricorda in modo molto particolare: “Klopp ha speso tempo e parole per me, cambiando il mio modo di giocare. Credeva nelle mie qualità, ma ero troppo giovane. E’ stato lui ad aprirmi le porte dei professionisti”.

Accetta i marketing-cookies per visualizzare questo contenuto.