Il Genoa è tornato squadra. Forse lo è sempre stato tranne nella mezz’ora sciagurata di Reggio Emilia. La figuraccia di Sassuolo è servita da monito ai ragazzi di Ballardini, che hanno incassato le critiche (quelle sane e non aprioristiche) e reagito nel modo migliore. Con una vittoria sudata assieme. Dicono che i punti portino entusiasmo e rinfranchino lo spirito: ben venga, allora, il successo sul Bologna. 1-0, l’ennesimo dell’era del tecnico di Ravenna; l’ennesimo gol di Piatek, l’ottavo in quattro gare ufficiali.
Come sempre la partita del Genoa è ricca di scorci tattici. A cominciare dal centrocampo, reparto composto e riletto da Ballardini almeno tre volte in una partita. C’è ancora un pò di confusione, è normale, perché senza un vero metodista l’allenatore deve provare tutti gli uomini. Mazzitelli ha convinto con la sua esuberanza fisica, tra l’altro pare che il ragazzone romano possa ancora migliorare; Romulo ha toccato settanta volte la palla ma ha giocato meglio sulla fascia. Bessa, invece, non si è visto nei primi venti minuti, impegnato a schermare Pulgar, poi è cresciuto con il tempo: la sensazione è che renda al meglio da mezz’ala. Hiljemark come al solito affidabile senza palla.
Il Genoa ha rischiato grosso dopo il 70′ quando Inzaghi ha ridisegnato il Bologna con un 4-4-2. Mattias Svanberg, figlio di un hockeista, ha sfiorato il pareggio calciando una seconda palla (di chi era?) sulla schiena di Dijcks, a otto metri da Marchetti. Successivamente il tiro di Orsolini, un’altra seconda palla, sparato fuori. Due brividi che non sono piaciuti a Ballardini, compresa la baruffa finale nata da una futile provocazione di Romulo. Nonostante questo i rossoblù hanno meritato la vittoria avendo giocato di più e meglio del Bologna. Si è rivisto un Grifone corto e pragmatico, concentrato e pronto al sacrificio. Il Genoa è tornato squadra. Forse lo è sempre stato tranne nella mezz’ora sciagurata di Reggio Emilia.