Genoa tatticamente rigido e ancora senza gol: sconfitta contro il Maiorca

Blessin punta sul 4-2-4 ma mancano le caratteristiche adeguate degli uomini sulle fasce

Blessin Coda Genoa
Blessin abbraccia Coda (foto di Genoa CFC Tanopress)

Accetta i marketing-cookies per visualizzare questo contenuto.

Le amichevoli estive gettano luce sul processo di completamento di una squadra, ben oltre al dato della tenuta atletica che in bassa stagione calcistica è il più claudicante. Il Genoa visto contro il Maiorca, che a Schwaz ha eroso la categoria di vantaggio sul Grifo mostrando una pervicace modestia tecnica, è il parente non così alla lontana della squadra noiosa, sterile e a larghi tratti inconcludente che molti genoani si erano augurati di dimenticare dopo Bologna, dopo il corteo gioioso. E se le partitelle d’estate aiutano veramente gli ingenui cronisti, allora il Genoa che sta lavorando con regimi differenziati dal 27 giugno e che vuole svoltare al 4-2-4, seppur privo di Ilsanker e Sturaro, uomini di sostanza più che di fosforo, e di Yalcin, è piuttosto lontano «dal 90% di lavoro completato» azzardato da Blazquez. A nessuno piace perdere, nemmeno a carte, soprattutto ai vincenti e a chi è geneticamente programmato alla vittoria.

Soltanto la formazione del primo tempo, per sette/otto undicesimi simil titolari a Venezia, ruba dell’inchiostro alla penna: baricentro alto, buona aggressione sulle seconde palle e volontà di verticalizzare immediatamente, in modo particolare con Vogliacco, tra i migliori, restato in campo per 83′ soltanto per assenza di alternative nel reparto. E poi Ekuban, accentrato e finalmente scagionato dai compiti d’ala, che svuota l’area di rigore a favore di Coda dimostrando una buona intesa in vitro con il centravanti salernitano; alchimia non altrettanto percepita con Yeboah, evanescente nella ripresa e intestarditosi nel ricercare la giocata più difficile. Probabilmente Seydou Fini e Luca Lipani, rispettivamente leve 2006 e 2005, non avrebbero degradato la situazione tra attacco e centrocampo. La squadra scesa in campo nella ripresa, più confusa e imprecisa e mai pericolosa, è invece un undici raffazzonato, pregnante di seconde linee in attesa di giudizio di mercato che senza una precisa identità di gioco non possono figurare come risolutive.

Appunto, l’identità: il 4-2-2-2 alla tedesca, il Magische Viereck, alla lavagna è un 4-4-2 a trazione anteriore, molto efficace se le ali (il secondo 2 del modulo) possiedono le giuste peculiarità tecnico-tattiche, ossia essere fatti per l’uno-contro-uno e vivere per saltare l’uomo. Rangnick allo United impiegava Rashford e Bruno Fernandes, Nagelsmann al Lipsia soleva con Sabitzer e Nkunku, il ‘Gladbach di Favre volava con Herrmann e Reus. Uomini giusti al posto giusto, è soltanto questione di caratteristiche. Come già provato sino allo scorso mese di maggio, sia Gudmundsson che Portanova – assieme a Pajac tra i meno appariscenti – sia Melegoni che l’esperimento Jagiello saranno sempre in difficoltà sulla fascia perché il loro ruolo naturale è un altro: Blessin badi all’armonia tattica e alla flessibilità, che talvolta fa rima con semplicità, e non cada oltremodo nell’intransigente necessità di incastrare i giocatori nel modulo dato che essa rischia di soffocare le migliori attitudini di taluni interpreti. Il calcio estivo non emana sentenze, ancora per due settimane prima dell’esordio del Genoa in Coppa Italia, ma è indicativo sul processo di completamento di una squadra.

Accetta i marketing-cookies per visualizzare questo contenuto.