Il Genoa ha il suo Sinan (Capudan Pascià)

Il tedesco d'origine turca è del Grifone: il parallelo con il serraschiere reso famoso da Faber

Gumus Sinan
Sinan Gumus (dalla sua pagina Facebook)

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Non lo definiranno renegòu, rinnegato, come un famoso suo omonimo di cinque secoli fa. In Turchia, casa dei propri genitori, resterà sempre Sinan Gumus, un calciatore capace di vincere otto trofei in cinque anni al Galatasaray. La storia del turco nato nel Baden-Württemberg s’intreccia con Fabrizio De Andrè attraverso il filo storico e cantautorale che lega Genova a Istanbul. Alzi la mano chi non ha mai ascoltato “Sinan Capudan Pascià”, brano contenuto nel capolavoro “Creuza de ma”, e non abbia mai sorriso, capendone le parole, al ritornello del pesce palla che addocchia le belle donne dal pelo dell’acqua.

Scipione Cicala, o Çigâ, fu un marinano della Repubblica di Genova reso prigioniero, assieme al padre, dagli ottomani dopo aver perso una battaglia alle isole Gerbe nella seconda metà del 1500. Costretto a scegliere tra la galera e la conversione all’islam, non ebbe timore nell’abbeverarsi con la rivelazione di Maometto. Iniziò così l’ascesa di uno dei più grandi «arrampicatori sociali della storia e la canzone ne è un vademecum. Da allora i voltagabbana si sono moltiplicati in maniera esagerata» spiegò De André. Da prigioniero a serraschiere del sultano. Dopo i trionfi in Persia, nel 1591, Cicala fu incardinato a Kapudàn Pascià, comandante della flotta turca, con l’aggiunta di Sinan, il genovese, per non tradire le origini.

Il Sinan contemporaneo, che di cognome fa Gumus, con la esse finale schiacciata, non è un ammiraglio. Tantomeno un mozzo. Si tratta di un’ala d’attacco multiuso del ’94 deputata a rinforzare il reparto offensivo del Genoa. Calciatore di fascia ma anche d’area di rigore: Gumus attacca da tutte le direzioni. Un incrociatore moderno a disposizione di Andreazzoli già dal ritiro di Neustift. Lassù non c’è il mare ma i tirolesi parlano una lingua che l’ex Galatasaray conosce come un madrelingua. Si sentirà a casa, a Genova come in Val Stubai. E in nessun luogo sarà chiamato renegòu come il famoso suo omonimo di cinque secoli fa.

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