Rivedendola il giorno dopo fa male un’altra volta. Forse di più perché il raffreddamento emozionale aiuta la razionalità d’analisi. Il Genoa poteva vincere ma ha perso. Questo è il calcio, l’essenza di uno sport che dai dilettanti ai professionisti differisce solo nella velocità d’esecuzione. Sono almeno tre i circoletti rossi, di tommasiana memoria, sul taccuino della partita. Tre episodi che potenzialmente potevano cambiare l’inerzia della partita, se non addirittura condizionarla. Semplicemente il Genoa ci ha provato ma non ha fatto gol, che alla fin fine è il succo del calcio.
La prima occasione da gol al 13′, una decina di minuti dopo il vantaggio dei friulani. Kouamé ha sul sinistro la palla del pareggio ma calcia con frenesia, come gli accade sempre quando staziona in area. L’ivoriano impatta il pallone con poca superficie del piede: lo schiaffeggia, dall’alto verso il basso, usando il collo. Bastava aprire il piatto e badare alla qualità del tiro, anziché speculare sulla forza. Kouamé pettina la palla graziando Musso. Il Genoa meritava l’1-1 avendo reagito positivamente all’iniziale gol di Okaka capitato per colpa grave dopo duecentodue secondi.
Al 18′ la seconda chance per pareggiare. Radovanovic torreggia sopra i difendenti bianconeri, mette sul secondo palo un pallone che Kouamé, ancora lui, deve spingere in rete. Se il tempismo fosse giusto. L’attaccante rossoblù si muove con un attimo di ritardo, quello che distingue la prima dalla seconda punta, e la palla rotola via. Ben più grave, però, l’errore di concetto di Lapadula che al 72′, con il Genoa sotto 2-0, poteva riaprire la partita se non avesse colpito direttamente di testa. L’ex Milan aveva spazio per il controllo e il tiro. Questo Genoa spuntato ha bisogno di un n.9 cattivo in area di rigore. La prestazione dei rossoblù non è stata completamente negativa: però rivedendola il giorno dopo fa male un’altra volta. Forse di più.