Genoa, nuovo imprevisto: a Verona nel peggior orario possibile

I tifosi rossoblù messi alla prova di fede: trasferta in un orario feriale

Genoa
Oltre settecento genoani al Penzo (foto di Riccardo Grossi)

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Sono passati meno di tre giorni da una piccola iniezione di felicità che tardava ad arrivare addirittura da settembre prima che il Genoa, puntuale, pescasse una nuova carta dal mazzo degli imprevisti che in questa stagione deve essere particolarmente folto. La Lega di Serie A ha, infatti, calendarizzato la gara con l’Hellas Verona, di rientro dalla sosta, al lunedì sera in una fascia oraria di un giorno feriale (le ore 18:30) che allontana i tifosi dallo stadio e impoverisce il prodotto delle televisioni incapace di attrarre oltre i relativi appassionati. Il Grifone di Blessin ha riscoperto un grandioso seguito del proprio pubblico rossoblù anche in trasferta e la partita con il club veronese, peraltro già salvo e privo della curva squalificata dal giudice sportivo per i cori anti-napoletani, era un’occasione per traslocare la Gradinata Nord da Via Clavarezza al Bentegodi, di diritto tra gli stadi più fatiscenti del torneo.

Non sono le tanto vituperate tv a pagamento – che esistono anche in altri paesi europei nonostante maggiori indici di saturazione degli stadi – a scegliere le partite con le quali occupare gli otto spazi di giornata (tre di sabato, quattro di domenica e uno di venerdì o di lunedì): la competenza è della Lega che a giugno, non va sottaciuto, ritirò frettolosamente la propria proposta “spezzatino” che suddivideva le dieci partite del turno di campionato in altrettante fasce orarie. Fa sorridere che in estate abbiano brandito le armi dell’indignazione presunti pretoriani della sacralità della contemporaneità, ormai consegnata alla preistoria della disciplina, quando è da anni che il calcio italiano, suo malgrado, vive un solo giorno con più di due partite disputate nel medesimo momento. Sono battaglie intrise di populismo che non hanno niente a che vedere con un vero piano di riforma e di rilancio del prodotto della Serie A.

I tifosi italiani dovrebbero organizzare un fronte comune al pari degli omologhi della Bundesliga i quali hanno fatto dell’abrogazione del Montaggspiel, la partita del lunedì sera, una battaglia sindacale che ha unito la Baviera al Mare del Nord a protezione della tradizione dell’orario canonico del calcio per i tedeschi, ossia il sabato alle 15:30: «Fussball, Bratwürste und Bier» dicono da quelle parti, ossia calcio, salsicce e birra, dimenticandosi di pluralizzare anche l’ultimo termine. E in Germania le proteste roventi non sono mancate, come il lancio di migliaia di palline da tennis in Lipsia-Eintracht Francoforte posta tra le grinfie di un insignificante lunedì del febbraio 2018. Il calcio d’Italia, invece, prosegue placido senza che nessuna voce autorevole si faccia sentire nelle sedi opportune se non per vacui slogan del momento («Ospitiamo le partite del campionato ucraino», Gravina, Figc, 5 marzo): eppure il calendario è bucherellato di recuperi nelle parte alta e bassa della classifica che non avranno dimora almeno per un altro mese.

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