Genoa, l’attacco è il traino salvezza. Pjaca deve “ribalcanizzarsi”

Il croato deve riscoprire l'amore per la giocata istintiva

Pandev Pjaca Genoa
Esce Pjaca, entra Pandev (foto di Genoa CFC Tanopress)

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Una vecchia consuetudine del calcio suole ripetere che l’attacco faccia vendere i biglietti mentre la difesa sia il segreto, non così occulto, per vincere le partite. Il Genoa di Ballardini è riuscito a ribaltare latamente tale prassi, costruendo le basi per la salvezza attraverso una migliore fase difensiva rispetto alla precedente gestione tecnica – fare peggio sarebbe stato qualcosa di eroico – ma incrementando a dismisura il valore delle reti degli attaccanti. Il Grifo si è salvato prevalentemente in virtù dei gol delle punte che hanno portato in dote addirittura il 67% dei punti complessivi, ossia ventotto dei quarantadue finali: pertanto il bottino dei marcatori rossoblù vale due terzi dell’undecima posizione in classifica. I restanti quattordici punti sono nati da tre pareggi a reti inviolate contro Hellas Verona, Atalanta e Torino, dal rigore di Criscito al Picco (unico difensore a punti) e dall’apporto dei centrocampisti, con Zappacosta pseudo-attaccante.

Ciò che in estate era considerato un’incognita, rectius un problema irrisolto, con l’enigma Shomurodov – decisivo per la classifica solo a Cagliari – da decrittare e in molti a chiedere l’innesto di un mestierante stante l’inesperienza di Scamacca e l’incompletezza di Pjaca, è diventato l’elemento trainante del Grifone. L’emblema di questo ribaltone è senz’altro Destro che con Maran ha regalato un punto in tre mesi mentre con Ballardini ha marcato sei punti (nove a maggio) in sette partite. Dovrebbe sorprendere ma nell’ultimo biennio Goran Pandev ha abituato i genoani a rendimenti unici qualità-tempo, forse impropri per un sontuoso interprete che tuttavia non è mai stato un goleador: otto punti a trentotto anni sono qualcosa di cui andare fieri. Ha sorpreso, invece, Scamacca, classe ’99 come Pinamonti ma di tutt’altra pasta e môro, decisivo a Parma e contro lo Spezia dopo un mese di gennaio a dir poco tribolato: racconterà le perle nel derby d’andata e di Coppa Italia.

Chi ha deluso le aspettative a fronte del suo enorme bagaglio di talento è Marko Pjaca, autore di tre gol (comunque il suo personale dal 2016) e un punto a Firenze. Il croato non ha segnato con Ballardini come nelle ultime ventisette partite del Genoa, poteva farlo nel finale a Bologna, ma ha solo propiziato di tacco il 2-1 di Scamacca al Tardini. Dopo i troppi periodi di prestito, tra Bundesliga e Jupiler League, Pjaca deve trovare una collocazione stabile dove esprimersi per almeno due stagioni – può farlo al Genoa – ma soprattutto deve “ribalcanizzarsi”, cioé riscoprire l’amore per la giocata istintiva verso il compagno, quella non troppo lavorata con il ragionamento, tipica dei calciatori provenienti da quella zona d’Europa e dal Sud America. Alla dirigenza rossoblù anche il compito di reperire sul mercato i dodici gol e i relativi punti persi con la partenza di Scamacca per ribadire che non è solo la difesa a far vincere le partite.

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