La loro favola è la favola di tutti

Il Genoa riscrive la storia del proprio settore giovanile: il 5-4 all'Inter apice dello sbravatismo

Genoa Under 18
Tutta la gioia dell'Under 18 che approda in finale scudetto dopo aver battuto l'Inter (foto di Genoa CFC)

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Chissà come sarebbe il calcio se, per utopia, le classifiche fossero edite ponderate; se, in altra maniera, si considerasse nel computo provvisorio e definitivo anche gli agi e le varie asperità. Al di fuori dal paradosso, nessuno può sapere come reagirebbe l’Inter al terzo giorno di allenamento al Lagaccio, ovvero se la Roma, o qualsiasi altra squadra dal sangue blu, accetterebbe di lavorare su campi forzatamente condivisi, sotto docce scozzesi o trasportando i materiali tecnici nel baule dell’auto. Al Genoa gli imprevisti sono quotidiani, come pescare da un mazzo di quaranta matte, ma le scomodità aguzzano forme di adattamento che i giovani assimilano fin dal vivaio. Così, è come combattere contro più di un avversario: è accettare una naturale inferiorità numerica fino ad interiorizzarla. Purtroppo, però, l’abilità a eccellere ad alti livelli rischia di calare perché la concorrenza assottiglia lo svantaggio competitivo partendo dalla costruzione di nuove strutture, al plurale.

La favola del settore giovanile del Genoa, ormai giunta a una dimensione nazionale, è la favola di tutti quei ragazzi che entrano nella scuola calcio, che partono dai campus, da quei bambini cui viene donata la prima sacca rossoblù come fosse l’abbrivio di un rito iniziatico. E dalla favola si giunge all’affresco tinto dall’Under 18 di Ruotolo che va in finale scudetto dopo aver liquidato con la bellezza di dodici gol il Milan in campionato, Lazio e Inter alla fase a eliminazione diretta. Bisognerebbe accantonare quello “shintoismo pedatorio” breriano, che è il tifo, per assumere la giusta distanza di sicurezza dagli eventi ma è impossibile liberarsi dalla tentazione di scrivere che il 5-4 ai favoritissimi nerazzurri (seconda volta in quattro anni che subiscono cinque gol) sia stata la partita più bella degli ultimi trent’anni di storia del vivaio genoano, se non di sempre per chi è dotato di maggiore profondità storica.

La finale regalata da Arata, al primo gol stagionale che lo smarca dall’accostamento a uno dei padri del costituzionalismo italiano, è la sovversione con partigiana classe dell’articolo quinto “chi ha il grano ha vinto” del manifesto calcistico di San Zenone al Po. Domani sera, il Genoa si giocherà lo scudetto con la Roma (ore 20, live match su Pianetagenoa1893.net, diretta su Dazn e Vivo Azzurro TV), come nel 2021. Il trionfo di Ancona accende l’estasi semi-divina, nuovo apice dello sbravatismo e del suo Codice. Qualcuno potrebbe lasciare il Genoa con due scudetti giovanili. Forse uno, magari nessuno. Poco importa perché la grandezza di un uomo e di un professionista non si misura allineando i trofei, eppure in questa circostanza pare che solo i trofei possano improvvisamente mutare qualcosa che sembra già scritto nero su bianco. O bianco su nero. Il canto della vecchia sirena è ammaliante, inutile nasconderlo. Il forte combattimento interiore non può essere risolto da nessuno, se non ascoltando il proprio cuore.

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