Genoa, la carica dei mille al Pio che finalmente ha riaperto i cancelli

Dopo trentaquattro mesi il "Signorini" riabbraccia il Popolo rossoblù

Genoa
Il Genoa e i suoi tifosi (foto di Genoa CFC Tanopress)

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Era dal giugno del 2019 che il mitologico Pio restava zona interdetta ai tifosi. Prima i lavori di profonda ristrutturazione, poi la pandemia. In mezzo trentaquattro mesi che hanno trasformato il Genoa, la sua dimora abituale e il mondo. Nelle ultime volte al vecchio Pio c’erano i gradoni irregolari, morsi dal sole ed erosi dal vento, dai quali spuntava a chiazze l’armatura del cemento arrugginita dalla pioggia e dalla salsedine. C’erano le statue a osservare ciascun allenamento, pericolanti sul ciglio della balaustra alta della gradinata: se esse avessero avuto la sfortuna di parlare si sarebbero fatte pagare a peso d’oro ciascuna intervista. C’era la palestra sotto al tendone e adiacente c’era il campo in sabbia; un’entrata più spartana, più illuminata. E prima della chiusura c’era anche Ugo Cairo, l’angelo custode del Pio, che dalla guardiola spesso chiedeva in genovese il riassunto della conferenza stampa a un giovane cronista all’uscita da Villa Rostan.

Aprire i cancelli è un sintomo di autentica ripartenza che trova opportuna coniugazione con la totale riapertura della capienza nominale degli stadi. Riaprire i cancelli del Pio significa soprattutto spalancare il Genoa alla sua gente nel momento di maggiore bisogno: riavvicinare il Popolo genoano a quell’entità che ciascun suo componente ama come (se non più di) sé stesso. Ieri, con l’allenamento fissato in una mattinata di un sabato d’aprile, era presente circa un migliaio di tifosi, un terzo di quanti domani riempirà il Bentegodi, provenienti da levante e da ponente. Gente di mare. Come il coro di tendenza intonato alla squadra che saltellava a ritmo mentre tra le nubi cariche d’acqua spuntava persino una carezza del sole. Che fortuna hanno i giocatori ad allenarsi e giocare a calcio in simili condizioni che non trovano termine di comparazione nel contesto italiano: che atmosfera si vivrebbe quotidianamente se il Genoa fosse in zona Uefa?

I genoani hanno dato dimostrazione di forte unità con la squadra: non a caso, una volta terminata la seduta tecnica, i commenti dei giocatori spaziavano tra l’«uniti», scritto da Sturaro, e il «tutti insieme» rilanciato da Criscito. L’Ufficio Facce parlava chiaro attraverso gli occhi convinti di chi vuole fare la sorpresa al termine di uno dei campionati più strani di sempre. L’impresa salvezza resta complicatissima, oltretutto condizionata anche dai risultati delle concorrenti, ma non per questo impossibile. Crederci non è più mera prammatica o falso sentimento di facciata verso chi è spacciato: gran parte del merito della metamorfosi va tributato a Blessin, l’allenatore di pura personalità che scivola tra i genoani come un giocatore di baseball atterra sulla base, che sinora ha reso maggioritaria l’illusione che prima nutrivano in pochi. Assieme si può. E il grido è uscito dal Pio, non più zona interdetta ai tifosi.

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