Genoa, la B è un mal di denti di nove mesi: mentalità ed esperienza faranno la differenza

Il torneo è una guerriglia tra bande di periferia che vogliono sovvertire la nobiltà. E spesso ci riescono

Genoa Gradinata Nord
La squadra a rapporto sotto la Gradinata Nord (foto di Genoa CFC Tanopress)

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La Serie B è un paludoso terreno di cui nessun genoano avrebbe mai voluto esserne esploratore, neppure nelle più disperate epiclesi di quel libera nos a malo che andava per la maggiore prima dell’intervento provvidenziale, è proprio il caso di dirlo, di 777 Partners. Che la retrocessione del Grifone sia stata la miglior forma di baratto per scongiurare anche il fallimento sportivo, dunque l’estinzione dal calcio che conta, è un dato fattuale; che, tuttavia, non fosse l’unica merce di scambio – esistendo fonti alternative, su tutte attingere dagli ortodossi canali di mercato – che il Genoa ha espressamente ignorato pur di restare fedele a un codice di purezza e probità che sarebbe stato opportuno derogare a gennaio, resta un’eccezione corroborata dal traguardo raggiunto dalla Salernitana. E i romanzi di potere su Sabatini o gli intrighi di corte che affilano le tastiere di coloro che non vogliono accettare l’inoppugnabile verdetto del campo contano zero.

Il Genoa non meritava la salvezza, infatti non l’ha conseguita. Non l’ha meritata perché la prima squadra, se così si può chiamare una desolante realtà che ha vinto a stento quattro partite su trentotto, è stata il precipitato di errori pregressi e attuali addensatosi su piedi d’argilla. La Serie B non è un piacevole giretto al purgatorio perché da quelle parti non ci si può fidare nemmeno del nocchiere: ogni anno, invece, diventa una guerriglia tra bande di periferia che vogliono sovvertire la nobiltà. E spesso ci riescono poiché nelle ultime tre stagioni di B nessuna retrocessa ha compiuto il cosiddetto rimbalzo in A. Il Genoa, assieme a Cagliari e Parma, sarà il centro del campionato per blasone e per capacità d’investimento. In sintesi, è la squadra da battere. Ciò non è sintomo di acuta sindrome d’accerchiamento, nemmeno il principio di un complesso d’inferiorità: tuttalpiù è prendere consapevolezza dell’accerchiamento e trarne vigore.

La Serie B è un mal di denti che dura nove mesi almeno. Seppur tecnicamente modesto, è pur sempre un torneo che il Genoa deve affrontare con doveroso rispetto su ogni campo e con la giusta mentalità poiché è facile cadere in una brutta figura: nell’estate del 2006 la Juventus, reduce da Calciopoli, debuttò pareggiando 1-1 a Rimini con tre campioni del Mondo in campo mentre dall’altra parte armeggiavano tali Pagano, Tasso, Porchia e altri onesti pedalatori che facevano da corollario agli allora giovanissimi e non così noti Handanovic e Matri. L’esperienza dei calciatori genoani più navigati che resteranno a disposizione di mister Blessin entro il principio del ritiro estivo, da Sturaro a Bani e Badelj, marcherà la differenza tra lo snobbare e il non sottovalutare la categoria, tra credere che la promozione sia un bersaglio facile da centrare al primo colpo e avere la fame di vittoria per battere qualsiasi avversario su questo paludoso terreno.

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