Federsupporter, nota Inail: non si comprende “l’euforia” manifestata dalla Figc e dai medici sportivi

La recente circolare dell’istituto prevede semplicemente le infezioni da coronavirus «come infortunio sul lavoro» e l’accertamento delle responsabilità da parte della magistratura, ma non parla della responsabilità dei sanitari


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Su tutte le pagine di quotidiani e sui media radiotelevisivi si sta diffondendo una notizia non corretta: l’INAIL avrebbe emesso una nota (www.inail.it), copia allegata in calce) che tranquillizza i medici:

  1. Da “Il Corriere dello Sport”, pag. 6, “.. un punto a favore del calcio potrebbe averlo segnato l’ultima circolare dell’Inail, che equipara i giocatori a collaboratori(?). E nella stessa circolare, come ha precisato Gravina “viene chiarito che c’è responsabilità solo in caso di dolo o colpa grave. Adesso, da questo punto di vista siamo più sereni”;

  2. Da “La Gazzetta dello Sport”, pag.7: “L’altro problema posto dai club riguardava la responsabilità penale dei medici che le società volevano venisse sollevata. Stavolta è il Presidente Gravina a spiegare “L’Inail ha già chiarito con una sua circolare, peraltro valida non solo per i medici ma anche per altri settori che c’è responsabilità solo in caso di dolo o colpa grave” .

Mentre mi accingevo a scrivere la presente Nota, il Parma Calcio emetteva il seguente Comunicato: Collecchio, 16 maggio 2020 – Il Parma Calcio 1913 comunica che nei giorni scorsi tutti i membri della rosa, dello staff tecnico e i componenti del cosiddetto “gruppo squadra” – per un totale di circa una sessantina di persone – sono stati sottoposti a tamponi e test sierologici, nell’ambito delle indicazioni previste per la ripresa degli allenamenti delle squadre di calcio professionistiche.
All’esito degli esami, tutti i membri del Gruppo squadra sono risultati negativi ai due tamponi per il Covid 19 effettuati nell’arco di 24 ore, tranne due calciatori che sono risultati positivi al primo tampone e negativi al secondo…..”.

Al riguardo è bene rammentare che il tampone rinofaringeo è” l’unico in grado di determinare la presenza di una infezione attiva” mentre i test sierologicinon possono sostituire il test diagnostico molecolare su tampone“ (cfr. pag. 5, Linee Guida ministeriali).

Riprendendo l’analisi della Nota INAIL e con riferimento alle dichiarazioni riportate nei quotidiani citati, ritengo sia opportuna una attenta rilettura della Nota stessa, peraltro non firmata da nessuno, come invece la precedente illustrativa della Circolare INAIL del 3 aprile 2020, relativa alla “Tutela infortunistica Inail nei casi accertati di infezione da coronavirus (SARS-CoV-2), firmata dal Direttore Generale, Giuseppe Lucibello.

La Nota evidenzia due aspetti ben differenziati: uno di competenza dell’Inail quale il riconoscimento delle infezioni da coronavirus “come infortunio sul lavoro”, l’altro l’accertamento delle responsabilità da parte della Magistratura.

Infatti, come espressamente riportato sono del tutto diversi gli stessi presupposti: l’accertamento dell’INAIL per il riconoscimento dell’indennizzo sulla base di una documentazione medica dettagliatamente richiesta (cfr. Circolare 3 aprile 2020 richiamata); il riconoscimento della responsabilità, penale, civile (e mi permetto di aggiungere amministrativa) del datore di lavoro sulla base di elementi probatori, ricavati sia dalla documentazione dell’INAIL, sia da una autonoma valutazione del magistrato in merito alla validità delle misure adottate dal datore di lavoro a tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori (in pratica sulla validità del relativo Protocollo).

Sulla base di quanto sopra espresso si comprende ancor di meno “l’euforia” manifestata dalla FIGC e dai medici sportivi.

Comunque, al fine di chiarire gli aspetti tecnico-giuridici in tema di responsabilità nell’ambito del rapporto di lavoro, si rinvia allo Studio dell’Avv. Massimo Rossetti, pubblicato su www.federsupporter.it.

Alfredo Parisi

Presidente Federsupporter

ALLEGATO: la nota Inail del 15 maggio 2020

https://www.inail.it/cs/internet/comunicazione/news-ed-eventi/news/news-responsabilita-datore-lavoro-infortunio-covid-19.html&tipo=news

15/05/2020

Covid-19, nessuna connessione tra il riconoscimento dell’origine professionale del contagio e la responsabilità del datore di lavoro

I criteri applicati dall’Inail per l’erogazione delle prestazioni assicurative ai lavoratori che hanno contratto il virus sono totalmente diversi da quelli previsti in sede penale e civile, dove è sempre necessario dimostrare il dolo o la colpa per il mancato rispetto delle norme a tutela della salute e della sicurezza

ROMA – Dal riconoscimento del contagio come infortunio sul lavoro non deriva automaticamente una responsabilità del datore di lavoro. Lo precisa l’Inail, in riferimento al dibattito in corso sui profili di responsabilità civile e penale per le infezioni da Covid-19 di cui l’Istituto abbia accertato l’origine professionale. Non si possono confondere, infatti, i criteri applicati dall’Inail per il riconoscimento di un indennizzo a un lavoratore infortunato con quelli totalmente diversi che valgono in sede penale e civile, dove l’eventuale responsabilità del datore di lavoro deve essere rigorosamente accertata attraverso la prova del dolo o della colpa.
L’ammissione alla tutela dell’Istituto non ha alcun rilievo in sede penale e civile. L’ammissione del lavoratore contagiato alle prestazioni assicurative Inail non assume, quindi, alcun rilievo né per sostenere l’accusa in sede penale, dove vale il principio della presunzione di innocenza e dell’onere della prova a carico del pubblico ministero, né in sede civile, perché ai fini del riconoscimento della responsabilità del datore di lavoro è sempre necessario l’accertamento della colpa nella determinazione dell’infortunio, come il mancato rispetto della normativa a tutela della salute e della sicurezza.
Per le tante modalità di contagio e la mutevolezza delle prescrizioni difficile configurare violazioni. La molteplicità delle modalità del contagio e la mutevolezza delle prescrizioni da adottare nei luoghi di lavoro, che sono oggetto di continui aggiornamenti da parte delle autorità sulla base dell’andamento epidemiologico, rendono peraltro estremamente difficile configurare la responsabilità civile e penale dei datori di lavoro.

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