Prima di affrontare la disamina delle misure urgenti prese dal DPCM del 26 aprile scorso in tema di sport credo sia opportuno fornire un quadro più generale delle principali decisioni assunte.
In tale contesto di anomala produzione normativa in Italia, non possono non essere richiamate le recenti dichiarazioni dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani , Michelle Bachelet, così come riportate dall’ANSA ( 27 aprile):
“Danneggiare i diritti come la libertà di espressione può causare danni incalcolabili.
Data la natura eccezionale della crisi è chiaro che gli Stati hanno bisogno di ulteriori poteri per rispondervi. Tuttavia, se lo stato di diritto non è rispettato, l’emergenza sanitaria può diventare una catastrofe per i diritti umani, i cui effetti dannosi supereranno a lungo la pandemia stessa. I governi non dovrebbero usare i poteri di emergenza come arma per mettere a tacere l’opposizione, controllare la popolazione o rimanere al potere”.
Parole che ci permettono di guardare con occhi diversi l’enorme proliferazione normativa che dal 23 febbraio scorso ci viene presentata.
In sostanza, nel testo del Decreto che avvia la Fase 2 si è deciso di “non decidere”, non solo lasciando ad una pericolosa interpretazione soggettiva alcune delle prescrizioni ma, soprattutto, delegando, in modo “irresponsabile”, la responsabilità di alcune decisioni relative all’assembramento ed all’accesso del pubblico a parchi, ville etc, ed alla possibilità dei sindaci di provvedere alla chiusura di quelle aree che non rispettano le disposizioni del Decreto così come previste nell’art. 1, lettera d) e lettera e).
Così come non si comprende come dovrebbero essere fatti rispettare gli ingressi controllati nelle aree e, soprattutto, il dopo: chi dovrebbe controllare ?
Tutte le incertezze riguardano, essenzialmente, il mancato coordinamento tra i DPCM susseguitisi nel breve periodo (n. 11 Decreti del Presidente del Consiglio di Ministri, dal 23 febbraio 2020 al 26 aprile).
A titolo esemplificativo, si richiama l’attenzione sulla eliminazione nel decreto in commento del divieto di spostamento dalla casa principale alla seconda casa.
Essendo, inoltre, ancora vietati gli spostamenti tra Regioni è di difficile interpretazione quanto riportato sub lett. a) “è in ogni caso consentito il rientro presso il proprio domicilio, abitazione o residenza”.Per quanto riguarda, poi, gli spostamenti all’interno del Comune nulla si dice sulla necessità o meno di autocertificazione, ferma rimanendo la validità giuridica di tale modulo.
Per gli stessi spostamenti all’interno del Comune neppure si precisa se possono essere effettuati in auto privata e, nell’affermativa, quanti occupanti della stessa sono previsti, fermo rimanendo, ovviamente, l’uso di mascherine e guanti .
Ma ancora più eclatante è la totale assenza di decisioni governative per quanto attiene alla scuola tranne la vaga affermazione del Presidente del Consiglio in risposta ad una espressa domanda che “ragionevolmente si riprenderà a settembre”.
Insomma, in sostanza una resa senza condizioni alla guerra virologica e senza alcuna programmazione definita nei tempi e nelle modalità., programmazione che comporta, ovviamente, una doverosa responsabilità.
Ed arriviamo a ciò che maggiormente sta seguendo Federsupporter: lo sport.
L’attività sportiva è regolamentata nell’art. 1 del Decreto dalle lettere f), g), u).
In particolare, per quanto riguarda l’attività sportiva e motoria ( lettera f) la stessa è consentita individualmente e nel rispetto della distanza “interpersonale di almeno due metri per l’attività sportiva e di almeno un metro per ogni altra attività “.
Una disposizione la cui realizzazione, specie per il rispetto delle distanze è lasciata al buonsenso dei cittadini (!), tenendo presente la concreta impossibilità di verifiche. Più stringente è la disposizione di cui alla lettera g) che prevede la sospensione di eventi e competizioni “di ogni ordine e disciplina, in luoghi pubblici e privati”.
L’esclusione della ipotizzata ripresa dei campionati di calcio e di altre discipline di squadra, è categorico e non ammette alcuna alternativa, anche in assenza di qualunque limite temporale a tale sospensione.
Di converso, per l’attività sportiva, professionistica e non, è prevista una graduale ripresa.
Infatti, sono consentite “sessioni di allenamento degli atleti professionisti e non professionisti riconosciuti di interesse nazionale dal CONI e dal CIP (Comitato Italiano Paralimpico) e dalle rispettive Federazioni”.
Questo consenso è, comunque, finalizzato “alla loro partecipazione ai giochi olimpici o manifestazioni nazionali ed internazionali”.
Il consenso, peraltro, è sottoposto alle seguenti condizioni :
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Rispetto delle norme di distaccamento (il termine utilizzato nel testo “ sociale” è fuori luogo e comunque inappropriato);
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L’attività sportiva deve svolgersi a porte chiuse ;
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Devono essere rispettate le Linee Guida che saranno emanate dall’Ufficio per lo Sport della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Linee Guida che verranno proposte dal CONI e dal CIP, dopo aver consultato la Federazione Medico Sportiva Italiana, le Federazioni Sportive Nazionali, le Discipline Sportive Associate e gli Enti di Promozione sportiva.
Un quadro di riferimento regolamentare specifico tutto da delineare e definire nei particolari.
Anche questa disposizione è avvolta nella consueta “nebbia” che non permette di identificare modalità e tempi di attuazione, oltre alle relative responsabilità.
Ma attenzione: il consenso di cui innanzi è consentito solo “agli atleti di discipline sportive individuali”.
Quest’ultima limitazione soggettiva è stata accolta con scetticismo e grandi perplessità specie da coloro che praticano attività sportiva di squadra, primo tra tutti il calcio.
Quanto sopra, specie dopo le parole del Ministro per lo Sport, Vincenzo Spadafora che ha tenuto a precisare che la disposizione ex art. 1 lettera g è riferita unicamente “agli allenamenti per gli sport individuali “e comunque “non ad allenamenti individuali” (cfr. intervento in Rai 2 “ Che tempo che fa”) e che “per gli sport di squadra dovremo ancora attendere”.
Una distinzione che spiazza tutti coloro che ritenevano di poter far riprendere un attività di recupero di forze sportive, sempre nel rispetto delle distanze, ai componenti i rispettivi team.
La stessa Associazione Italiana Calciatori (AIC) ha espresso, formalmente ( 28 aprile scorso) il proprio aperto dissenso su tale limitazione. “Si ritiene, infatti, discriminatoria, prima ancora che illogica, l’idea di far riprendere l’attività negli impianti sportivi ai tesserati di discipline sportive individuali e non consentire ai calciatori professionisti – così come ad altri atleti tesserati per discipline di squadra – lo svolgimento di allenamenti in forma individuale nei centri sportivi, come peraltro già consentito nel mese di marzo 2020. La norma, inoltre, rischia di produrre un aggravamento e non il contenimento del rischio! Per il lavoratore sportivo la fase di riatletizzazione dopo questo stop obbligato è un passaggio necessario e utile anche ad evitare infortuni e per essere pronti per iniziare il 18 maggio gli allenamenti di gruppo; non v’è chi non veda come sia sicuramente più pericoloso fare attività individuale nelle zone cittadine e su superficie inidonee”.
A questo proposto si deve rilevare che l’ipotizzata data del 18 maggio per gli allenamenti di gruppo, evidenziata dal Comunicato AIC, non risulta in alcun documento ufficiale del Governo.
Ed inoltre deve essere chiaro a tutti che “ripresa degli allenamenti” non è una fase propedeutica che vincola la “ripresa del Campionato” .
Peraltro, tutto quanto evidenziato nelle lettere f) e g) sopra richiamate non trova coerenza con quanto precisato alla successiva lettera u) dell’articolo in esame che prevede la sospensione “di attività di palestre, centri sportivi, piscine, centri natatori, centri benessere, centri termali) di tutti quei luoghi, cioè, dove, pur nel rispetto delle condizioni di base richieste, gli atleti potrebbero allenarsi.
Una situazione di confusione totale e di chiara discriminazione soggettiva che non permette alle Società che gestiscono gli atleti di pianificare responsabilmente una ripresa di attività, non solo sportiva.
Sempre con riferimento alla conflittualità, aperta e quotidiana, tra Lega Serie A ed il restante mondo dello sport, è significativo lo stop ai rispettivi campionati nazionali formalizzato dal Belgio, dall’Olanda e da ultimo dalla Francia (che come noto fa parte delle Five Top League), Francia che, come evidenziato nella mia ultima analisi del 27 aprile, pubblicata su www.federsupporter.it, “costerà” alla League 1 circa € 400 milioni di mancati introiti.
In tal modo, infine, si è comportata l’Argentina la cui Associazione calcistica (AFA) con bollettino n. 5768 ha deciso di chiudere definitivamente la stagione 2019/2020 con annullamento di tutte le retrocessioni.
Per completezza di informazione si richiama l’attenzione sulla ripresa del Campionato della Bundesliga.
Questa è prevista, sempre a porte chiuse e sulla base di un rigidissimo protocollo che prevede una presenza massima di 300 persone all’interno degli impianti sportivi ( compresi atleti ed arbitri) ripartite in tre settori separati, oltre a test e questionari per i giornalisti e che prevede anche come comportarsi in caso di positività di un atleta nel corso della gara.
Peraltro, contro tale decisione della Bundesliga si sono schierate numerose fasce di ultras, contrarie alle gare a porte chiuse, che hanno minacciato la loro presenza massiccia al di fuori degli impianti sportivi. Le conseguenze dannose di tali iniziative sono facilmente intuibili.
Infine, per quello che riguarda il microcosmo calcistico, i tifosi, chiamati sempre più spesso in causa ed “in favore e nell’interesse dei quali“ il campionato di calcio deve continuare, è importante che essi prendano atto che, in caso di ripresa della stagione calcistica 2019/2020, ciò che ripartirà non sarà sport. Sarà l’ennesimo inganno perpetrato a loro danno e l’occasione di guadagno per i padroni del calcio di Serie A .
Alfredo Parisi
Presidente Federsupporter