ESCLUSIVA PG, TORRENTE: «Domani tiferò Genoa. Quanti ricordi al Viareggio»

«In Italia a livello giovanile c'è troppa fretta, ci sono troppe aspettative, ci sono troppi agenti» spiega l'ex rossoblù

Torrente
Vincenzo Torrente (dalla pagina Facebook del club a lui intitolato a Savona)

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Pianetagenoa1893.net ha intervistato in esclusiva Vincenzo Torrente, l’ultimo allenatore della Primavera ad aver vinto il Torneo di Viaregggio. Il trofeo manca nella bacheca rossoblù da dodici anni.

Che cosa rappresenta per lei la Coppa Carnevale? «Sono molto legato al Viareggio. L’ho giocato da calciatore e da allenatore rossoblù vincendo, tra l’altro, il primo trofeo dell’era Preziosi. Nel 2005, invece, perdemmo immeritatamente la finale contro la Juventus di Criscito. Posso dire che la vittoria al Viareggio, per me, valse più di uno scudetto giovanile: è una gioia che mi rimarrà per sempre».

La Primavera di Sabatini ha effettuato una cavalcata bellissima. «Spero che possano vincere, a questo punto, perché perfezionerebbero il lavoro svolto da Michele Sbravati, Carlo Taldo, Carlo Sabatini e a chi insegna il senso di appartenenza genoana. Quando allenavo la Primavera il deus ex machina era Claudio Onofri: scoprì giocatori del calibro di Pisacane, Mimmo Criscito, Renzetti e molti altri. Le competenze sono rimaste intatte, mancano le strutture adeguate per migliorare ancora».

Torrente, ci sono delle buone individualità nel Genoa? «Ci sono degli elementi interessanti. Mi hanno parlato molto bene di Alessandro Russo, il portere che in questo momento è in Nazionale. Pure Flavio Bianchi e Nicolò Rovella hanno delle qualità. Domani tiferò per tutti loro».

Qual è l’errore principale che si commette in Italia con i giovani? «Non è un solo errore ma un concorso d’errori: c’è troppa fretta, ci sono troppe aspettative, ci sono troppi agenti. Penso che a diciotto anni il talento emerga da solo: ad esempio, oltre a Perin e Criscito ho allenato Fernando Forestieri. Per me era un talento unico ma non ha fatto la carriera che meritava. Pisacane, invece, aveva una grande voglia di arrivare che è stata la chiave della sua carriera».

Alessandro Legnazzi

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