ESCLUSIVA PG, Stefano Borghi: “Vi racconto il Genoa europeo. Scoglio, uomo di pensiero”

"Il Superclasico è una partita ormai sporcata. Il calcio è uno degli specchi più fedeli della società" spiega il giornalista

Borghi Genoa
Stefano Borghi

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Braglia, Collovati, Signorini, Torrente, Branco, Bortolazzi, Eranio, Fiorin, Ruotolo, Aguilera, Skuhravy. Ogni genoano conosce a memoria questa formazione, compresa l’unica variante Fiorin/Onorati. Era l’undici del Genoa di Bagnoli che in centottanta minuti eliminò il Liverpool nella Coppa Uefa 1992. Le due mitologiche partite tornano a vivere grazie al lavoro in podcast per storielibere.fm di Stefano Borghi, giornalista di DAZN, intervistato in esclusiva da Pianetagenoa1893.net.

E’ la prima volta che racconta qualcosa sul Genoa? «Sì, è il mio debutto. Lo volevo fare per Genova, città cui sono affezionato perché ci lavorarono mio nonno e mio papà, e sul Grifone. Sono contento di averlo fatto attraverso l’espressione del podcast».

Chiuda gli occhi e ritorni alla doppia sfida con il Liverpool: qual è la prima immagine che le sovviene? «Ero un bambino di nove anni, ricordo il mio stupore di fronte alla tv per il Ferraris e per il mega striscione “We are Genoa”. Sono partito proprio da questo flash per riproporre quella squadra e gli Anni ’90, secondo me è un decennio fondamentale sia per la società che per il calcio poiché siamo entrati nella ipermodernità. A quel tempo anche la cosiddetta borghesia del pallone poteva fare l’impresa con giocatori normali. Il Genoa di Bagnoli era costituito da grandi individualità e grandi uomini innamorati del calcio».

Borghi, in passato tributò un brillante articolo su quello “sciamano” venuto da Lipari che fu Franco Scoglio. Che cosa la colpì dell’ex allenatore del Grifo? «Un personaggio che meritava di essere raccontato. L’ho visto all’opera molte volte al Pio XII nonostante non sia un tifoso rossoblù. Quella del Professore è un’immagine un pò dimenticata a livello nazionale e ancora oggi, per quel poco che se ne parla, viene declinato come una macchietta: invece era un grande uomo di pensiero. Non sono un nostalgico ma il calcio dei suoi tempi un pò mi manca».

Ha seguito l’ultimo Derby della Lanterna? «Certo, conservo la bellissima immagine della città dopo la tragedia di Ponte Morandi. Ho vissuto parecchie volte il clima del derby con dei miei amici di entrambi gli schieramenti, si tratta di uno degli spettacoli ambientali più belli. La partita è stata buona: sono emerse le difficoltà delle squadre che comunque hanno onorato l’impegno».

Il podcast su Boca-River si ferma al 2-2 dell’andata. Come avrebbe continuato a raccontare questa finale in tre atti (Bombonera, aggressione e ritorno)? «Mi sarebbe piaciuto raccontare solo il secondo atto, cioè il ritorno al Monumental. Purtroppo non sarà possibile e l’affresco che ne uscirà sarà un pò sporco: non che la cosa mi stupisca, siamo in Sud America, un paese con enormi difficoltà a livello organizzativo e d’ordine pubblico (basta guardare a cosa accade in Venezuela). Le istituzioni sono il problema, non il calcio che resta uno degli specchi più fedeli della realtà sociale».

Alessandro Legnazzi

RIPRODUZIONE DELL’ARTICOLO CONSENTITA SOLO PER ESTRATTO PREVIA CITAZIONE DELLA FONTE: WWW.PIANETAGENOA1893.NET

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