Domingo si ritira: giocò una sola volta con il Genoa, nell’anno di grazia 2008-2009

Bielsa lo convocò in Nazionale maggiore da sparring partner: non convinse Gasperini

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Diego Milito abbraccia Nicolas Domingo dopo il gol al Ravenna in Coppa Italia 2008 (foto di Genoa CFC Tanopress)

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Apparve come una meteora nel cielo rossoblù, ma svanì rapidamente come una stella cadente. Nicolas Domingo, alzi la mano chi se lo ricorda. Il Genoa lo prelevò in prestito dal River Plate nell’estate del 2008, stagione di grazia, dopo aver ricevuto ottime relazioni sul suo conto: mediano grintoso, 30 presenze con tre apparizioni in Libertadores ad appena diciotto anni. Mister Gasperini ci mise poco a inquadrarlo: una presenza in Coppa Italia, nel turno d’ottobre con il Ravenna, poi non vide più il campo. Eppure, alla sua presentazione  affermò con certezza: «Ho già capito quello che vuole “Gasbarrini” perché è molto chiaro». Domingo giocò l’intera partita nel reparto di centrocampo assieme a Vanden Borre, Brivio e Mesto. Dovette scomodarsi Milito, autore di una doppietta, per rimontare e risolvere la partita.

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Fabrizio Preziosi e il benvenuto all’argentino Nicolas Domingo: il Grifone batté la concorrenza del mercato messicano (foto di Genoa CFC Tanopress)

Domingo tornò al River Plate e vinse il campionato di clausura e la segunda division nell’anno della storica retrocessione dei Millonarios (un’altra con il Banfield assieme al compagno di squadra Tagliafico). Con l’Independiente vinse una Copa Sudamericana battendo il Flamengo nella doppia finale. Successivamente girò altri sette club tra Paraguay, Ecuador e Uruguay.

Ora il suo ritiro dal calcio annunciato con un video emozionale che riepiloga le maglie della sua carriera, compresa quella del Genoa, e le seguenti parole: «Sono felice di aver vissuto tutto ciò. Ricordo come se fosse ieri quando avevo sette anni e sognavo solo di diventare un giocatore professionista ed ero arrabbiato con mia madre per il semplice fatto che mi aveva fatto nascere lontano da Buenos Aires (a Totoras, ndr). Povera mamma, ma io pensavo che non avrei potuto giocare a River, perché troppo lontano.

Ma quel giorno arrivò e quel sogno cominciò a trasformarsi in realtà. Febbraio 2000, avevo 14 anni quando lasciai i miei amati Totoras con una borsa piena di sogni da realizzare. Passarono gli anni, trascorsi condividendo la passione con innumerevoli amici; il liceo, il mio primo lavoro, gli allenamenti, le partite, i momenti belli e quelli meno belli.

Poi un giorno sono diventato sparring partner della nazionale maggiore d’Argentina e un certo “Loco” Bielsa mi ha portato in panchina per due amichevoli della nazionale maggiore, cosa inimmaginabile anche nei miei sogni. Con quello arrivò il mio primo contratto e finalmente, quel giorno tanto atteso, il 29 maggio 2005, al Monumental, contro il Gimnasia, mio ​​padre sugli spalti e, a 15 minuti dalla fine, Negro Astrada mi chiamò e mi fece debuttare nel mio amato River Plate.

Giocare bene e male, i ritiri, i viaggi infiniti, gli infortuni, le gioie, le frustrazioni, essere un titolare, essere escluso dalla lista, ascoltare infinite opinioni. Cambiare club, ricominciare, rialzarsi ancora e ancora, continuare a perseverare, non mollare mai e riprovare. Certo che sì, perché la vita è questa e ciò che è facile non dura a lungo. Oggi vorrei semplicemente ringraziare i miei compagni di squadra, da quelli delle serie inferiori a quelli dell’ultimo giorno. Siamo cresciuti insieme, abbiamo riso di gioia, abbiamo festeggiato qualche traguardo, vinto una partita o un titolo e abbiamo anche pianto con tanto dolore per quelle benedette sconfitte che fanno crescere così tanto. Agli allenatori delle serie inferiori, a ciascuno degli allenatori della prima divisione, al CT, ai magazzinieri, allo staff medico, a quelle persone silenziose che mi hanno aiutato in ogni club in cui sono passato, a ogni presidente, rappresentante, giornalista e a voi tifosi… vi porterò sempre con me».

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