Federsupporter entra a gamba tesa nella questione dei diritti tv del calcio. La prima associazione di tutela dei diritti dei tifosi delle discipline sportive ha inviato una lettera a Luigi Di Maio, nelle sue qualità di ministro dello Sviluppo economico e presidente del Consiglio Nazionale dei Consumatori e degli Utenti (CNCU). Quest’ultimo è, ai sensi del Codice del Commercio, l’Organo costituito nell’ambito del Ministero dello Sviluppo Economico, che, fra i propri poteri-doveri istituzionali, contempla quello di tutela dei consumatori e degli utenti.
Nella missiva si chiede la tutela dei diritti e degli interessi collettivi dei sostenitori dei club calcistici. In particolare, si legge nel testo che le “condizioni, modalità e forme non prevedono, contrariamente all’invito formulato dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM), la suddetta commercializzazione secondo il principio della vendita per piattaforma, bensì per prodotto”. Federsupporter teme “che, in questo modo, venga a determinarsi un grave danno e pregiudizio per i consumatori, in violazione di quanto specificato dalla predetta AGCM con la Delibera del 14 marzo scorso, nonché di quanto recentemente sancito dal Tribunale di Milano”.
Di seguito, pubblichiamo integralmente la lettera di Federsupporter e le note formulate nel 2013 dal Consigliere, Responsabile dell’Area Giuridico-Legale dell’associazione, avvocato Massimo Rossetti, che riportano e commentano importanti decisioni della Giustizia comunitaria in materia di diritti audiovisivi concernenti il calcio.
Spett.le
Consiglio Nazionale dei Consumatori e Utenti
Alla c.a. del Presidente, Vice Presidente del Consiglio dei Ministri e Ministro dello Sviluppo Economico On.le Luigi Di Maio
Divisione XII- Consiglio Nazionale dei Consumatori e degli Utenti.
Oggetto: commercializzazione dei diritti audiovisivi calcistici per il periodo 2018-2021
La scrivente Federsupporter, Associazione Ente esponenziale dei diritti e degli interessi collettivi dei sostenitori sportivi, quali consumatori di spettacoli sportivi, espone e chiede quanto segue.
La Lega professionistica di Serie A, con decisione dell’8 giugno scorso, ha stabilito prezzi, condizioni, modalità e forme della commercializzazione dei diritti in oggetto.
Tali condizioni, modalità e forme non prevedono, contrariamente all’invito formulato dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM), la suddetta commercializzazione secondo il principio della vendita per piattaforma, bensì per prodotto.
Sono, pertanto, ragionevoli e fondati i timori che, in questo modo, venga a determinarsi un grave danno e pregiudizio per i consumatori, in violazione di quanto specificato dalla predetta AGCM con la Delibera del 14 marzo scorso, nonché di quanto recentemente sancito dal Tribunale di Milano.
Si fa presente, inoltre, che, per danno e pregiudizio nei confronti dei consumatori, si deve intendere non solamente quello economico, ma anche quello attinente alle condizioni e modalità di fruizione delle trasmissioni audiovisive delle partite di calcio.
Si sottolinea, infine, come i pur legittimi interessi economici delle società di calcio e degli operatori della comunicazione, debbono essere sempre coniugati con la “inalienabile dimensione popolare, sociale, educativa e culturale” (art.2, comma 5, dello Statuto del CONI) dello sport, in generale, e, in particolare, del calcio.
Per tutte le suesposte ragioni, dunque, la scrivente chiede a codesto Consiglio, nell’esercizio dei suoi poteri-doveri istituzionali, di voler assumere ogni necessaria, opportuna ed urgente iniziativa a salvaguardia e tutela dei diritti e degli interessi collettivi dei sostenitori calcistici, nella loro qualità di consumatori/ utenti di spettacoli di calcio.
Nel ringraziare per l’attenzione ed in attesa di un positivo riscontro, si coglie l’occasione per porgere distinti saluti.
Il Presidente
Dr. Alfredo Parisi
Roma, 9 gennaio 2013
Trasmissione audio-visiva delle gare di calcio: ulteriore passo in sede europea verso una crescente liberalizzazione.
Con mie note dell’11 ottobre 2011 (cfr www.federsupporter.it), riprodotte nelle Appendici, pagine 198-205, del libro “L’impresa sportiva come impresa di servizi: il supporter-consumatore”, Tempesta Editore 2012, di cui sono coautore insieme col il Presidente, Alfredo Parisi, avevo riportato e commentato i contenuti della sentenza 4 ottobre 2011 della Corte di Giustizia Europea. Tale ponderosa (oltre 30 pagine) e articolata sentenza, di notevole complessità sul piano tecnico-giuridico, stabiliva, in sintesi, i principi che seguono.
Sono legittimi e leciti la commercializzazione e l’uso nei Paesi membri della UE di dispositivi di decodificazione di trasmissioni televisive, fabbricati e/o commercializzati con l’autorizzazione di un Ente radio-televisivo di un Paese membro diverso da quello in cui tali dispositivi sono fabbricati e/o commercializzati.
Nella fattispecie, erano state considerate legittime e lecite la vendita e la diffusione in Inghilterra di decoder commercializzati con l’autorizzazione di un Ente radio-televisivi greco che consentiva, sempre in Inghilterra, la visione di partite di calcio della serie B inglese i cui diritti di trasmissione erano stati acquistati dall’Ente greco per la diffusione in Grecia di tali partite.
Violano le norme comunitarie sulla concorrenza le clausole di contratti di licenza per la trasmissione di partite di calcio che vietino a Enti radio-televisivi di fornire impianti di decodificazione che permettano l’accesso a tali trasmissioni anche al di fuori dell’area geografica oggetto dei suddetti contratti.
E’, pertanto, del tutto legittimo e lecito che un Ente radio-televisivo di un Paese membro commercializzi decoder in grado di trasmettere partite di calcio che si svolgono al di fuori di quel Paese e di cui l’Ente abbia acquistato i diritti di trasmissione nel proprio Paese.
Le partite di calcio non sono tutelabili sulla base del diritto di autore, non potendo essere considerate quali creazioni intellettuali, qualificabili come opere ai sensi delle norme comunitarie su tale diritto.
Quanto sopra vale, in particolare, per le suddette partite che, essendo disciplinate dalle regole del giuoco, non lasciano spazio per la libertà creativa.
Da questa affermazione deriva che le uniche cose sulle quali le Leghe calcistiche possono far valere diritti di autore sono, non la mera riproduzione nella memoria satellitare e sullo schermo televisivo delle partite, bensì solo sulle opere contenute nelle emissioni diffuse, vale a dire: le sequenze video di partenza, l’inno della Lega, filmati preregistrati che riproducano i momenti più significativi di incontri della Lega stessa, una serie di soluzioni grafiche.
Ne consegue che la trasmissione di partite di calcio priva delle suddette opere non può dar luogo ad alcuna rivendicazione di diritti di autore.
In precedenza, con mie note del 6 giugno 2011 (cfr www.federsupporter.it), avevo riportato e commentato una sentenza del 12 aprile, depositata il 30 maggio 2011, del Consiglio di Stato, Sezione VI, la quale, in merito alla cessione dei diritti audio-visivi per i campionati di calcio relativi alle stagioni 2010-2011 e 2011-2012 di Serie A e B, aveva sancito il principio per cui la ricerca di sempre maggiori profitti da tale cessione ottenuti con il minor grado di concorrenza tra gli operatori delle pay-tv, risultava “idoneo a produrre effetti negativi sui consumatori, conducendo a prezzi di fruizione dei contenuti televisivi potenzialmente più elevati e ad una inferiore varietà e qualità dell’offerta”.
Oggi, da Comunicato Stampa n.164, in data 12 dicembre 2012, dell’Unione Europea, si apprende che l’Avvocato Generale presso la Corte di Giustizia ha proposto a quest’ultima di respingere il ricorso presentato alla Corte da parte della FIFA e dell’UEFA contro la decisione della Commissione Europea, secondo la quale gli Stati membri, quando considerino le competizioni sportive come eventi di particolare rilevanza sociale, possono esigere che esse siano trasmesse su canali televisivi liberamente accessibili a tutto il pubblico.
L’unico vincolo che gli Stati membri incontrano nella loro discrezionalità di stabilire quali eventi sportivi siano di particolare rilevanza sociale e, quindi, liberamente accessibili sui canali televisivi, è quello che la decisione sia improntata a criteri di trasparenza e chiarezza, in ossequio al principio generale di buona e imparziale amministrazione.
Più specificatamente, l’Avvocato Generale sostiene che il legislatore dell’Unione, riservando agli Stati membri la possibilità di determinare quali siano gli eventi sportivi di particolare rilevanza sociale, ha inteso conciliare la libertà di prestazioni di servizi nel settore della radio-televisione con la tutela del diritto all’informazione nel rispetto delle differenze culturali di ciascun Stato membro.
Più in dettaglio, poi, per quanto riguarda eventi sportivi organizzati dalla FIFA e dall’UEFA, il richiamato parere afferma che, essendo già tali eventi espressamente menzionati nella Direttiva 89/552/CEE del Consiglio Europeo, concernente l’esercizio delle attività televisive, a titolo di esempio di eventi dotati di particolare rilevanza sociale, gli Stati membri non hanno neppure l’obbligo di attribuire a tali eventi, di volta in volta, una specifica rilevanza sociale, motivandola, in quanto essi sono già riconosciuti dalla Direttiva come aventi detta rilevanza.
Pur in attesa della decisione finale della Corte (ma, in genere, i pareri dell’Avvocatura Generale sono fatti propri dalla Corte stessa), è fuor di dubbio come la tutela dei diritti di esclusiva delle pay-tv per la trasmissione di eventi sportivi si vada, soprattutto in ambito comunitario, progressivamente restringendo.
Non solo, infatti, ciascun Stato membro potrà stabilire che le gare organizzate dalla FIFA e dall’UEFA possono essere liberamente trasmesse su canali televisivi accessibili a tutto il pubblico, ma, altresì, potrà stabilire che anche gare organizzate dalle Federazioni nazionali possano essere liberamente accessibili, in considerazione di una loro particolare, motivata rilevanza sociale in quello Stato.
A questo proposito, si pensi, a titolo esemplificativo, a gare decisive per l’assegnazione di titoli nazionali o per l’accesso a campionati maggiori o per la qualificazione a tornei internazionali o a gare che possano comportare problemi di ordine pubblico.
E’, dunque, anche alla luce di una progressiva evoluzione del diritto e della giurisprudenza comunitari, che le Istituzioni e le società sportive nazionali debbano adottare e sviluppare politiche che facciano diminuire la dipendenza economica, oggi pressochè totale, di dette società dalle pay-tv, le quali, in presenza e nella prospettiva di una crescente restrizione dei loro diritti di esclusiva a favore del diritto all’ informazione, nonché a favore della più ampia libertà di concorrenza, non potranno che rivedere al ribasso le loro disponibilità a pagare i suddetti diritti.
Avv. Massimo Rossetti